Quando le mani si sfiorano: la storia vera che ha ispirato il film di Amma Asante

Quando le mani si sfiorano è basato su una storia vera? Ecco tutto ciò che ha ispirato il film di Amma Asante.

Quando le mani si sfiorano, dal titolo originale Where Hands Touch, è il quarto film della regista Amma Asante, anche sceneggiatrice ed ex attrice britannica. Uscito nel 2018 e trasmesso più volte in tv, è una delle pellicole, a detta della stessa Asante, per la quale ha lottato di più, la produzione è stata lunga e tortuosa e il film ha più volte rischiato di non vedere mai la luce. Quando le mani si sfiorano è ambientato negli anni ’40 e racconta la storia della giovane Lenya, figlia di una donna tedesca e di un soldato franco-senegalese che combatte contro l’ostruzionismo del regime nazista, pronto a sterilizzare lei e molte altre persone di colore per evitare che la “razza ariana” venisse mischiata a quella “africana”. Quando Lenya conosce Lutz, recluta della gioventù hitleriana, tra i due nascerà un’amicizia che si trasformerà presto in amore; un’unione all’epoca considerata illegale e sbagliata che la guerra e le deportazioni metteranno a dura prova. Il film, che ha diviso il pubblico e la critica, è interpretato da Amandla Stenberg, attrice statunitense, salita alla ribalta con il film The Hate U Give e George MacKay, tra gli attori britannici più richiesti del momento, protagonista tra gli altri anche del film di Sam Mendes, 1917.

Quando le mani si sfiorano è basato su una storia vera?

Quando le mani si sfiorano

A parte l’ambientazione del film, Quando le mani si sfiorano non si basa su una particolare storia vera ma racconta le reali persecuzioni che, oltre agli ebrei, anche le persone di colore subirono durante l’occupazione nazista. Per quanto si trattasse sempre di un’etnia definita “non ariana”, per le persone di colore non ci fu mai il tentativo di sottoporre anche loro alla così detta soluzione finale, ma, già nel 1938, 400 bambini di “razza mista” vennero sterilizzati e altri 400 deportati in campi di concentramento. Si trattava, e venivano chiamati “Bastardi della Renania”, di bambini e giovani afro-tedeschi, nati dall’unione di un genitore tedesco e uno africano. Per incitare all’odio verso queste persone vennero create e generate molte false storie sui soldati delle truppe coloniali francesi che appunto, dal 1919, erano incaricati dell’occupazione della Renania.

Il personaggio di Lenya è ispirato a quello di una giovane ragazza di 13 anni di etnia mista.  “Continuavo a incontrare a questo termine, “bastardi della Renania”, che non mi piaceva“, ha dichiarato la regista. “E usciva sempre questa foto di una bambina di etnia mista di forse 13 anni, in piedi tra le altre studentesse che Hitler avrebbe chiamato ariane, e continuava ad essere indicata con questa frase. Ho scoperto, attraverso le testimonianze di sopravvissuti afro-tedeschi, che i bambini di colore cresciuti nella Germania nazista, non erano una chiara minaccia per Hitler come lo erano gli ebrei, ma le leggi, le regole e l’intera politica razziale della Germania aveva reso anche loro vittime di persecuzioni“.

La politica della Germania nazista

Quando le mani si sfiorano

Le leggi naziste erano infatti in qualche modo attente anche al trattamento verso altri “non ariani” e particolare interesse si aveva per quella così detta “razza meticcia che aveva origine dai solati di colore stanziati in Renania” che diede vita al termine di “Bastardi della Renania”, e alla deportazione e sterilizzazione obbligatoria di bambini di colore. È infatti proprio la vita di questi giovani afro-tedeschi, come è Lenya, al centro della storia di Quando le mani si sfiorano, alla vita nei campi di concentramento e ai matrimoni misti considerati illegali. “Ci è stata anche offerta la possibilità di filmare in un vero campo e ci è stato anche permesso di fare alcune riprese“, ha dichiarato la regista Amma Asante. “Ma parlandone con un location manager locale e con il mio produttore, ho deciso che non potevamo farlo. La sensazione che si prova in un campo è qualcosa di davvero indescrivibile. Ho visitato molti campi, tra cui Auschwitz e Birkenau, sono stata di fronte al muro di tiro dove molte persone avevano perso la vita. Ricordo che la mia opinione era, ed è tutt’ora, che i campi di concentramento e sterminio dovrebbero essere lasciati solo per l’importanza di commemorare e onorare le esperienze di coloro che hanno sofferto e che furono assassinati al loro interno, per non dimenticare quello che è accaduto“.

 

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