L’ultimo Viaggio: recensione del road movie tedesco

La pellicola di Nick Baker Monteys è un racconto sofferente dell'Europa delle dittature tra dimensione storica e privata. Qui la recensione del film con Jürgen Prochnow.

Un nonno e sua nipote viaggiano attraverso l’Europa dell’Est per ricucire un’antica ferita e riscoprire le proprie radici. L’ultimo viaggio, secondo lungometraggio del regista tedesco Nick Baker Monteys è un toccante road movie ambientato sullo sfondo di conflitti vecchi e nuovi, in cui il passato emerge con violenza per presentare il conto ai sopravvissuti e ai loro eredi.

l'ultimo viaggio cinematographe

Eduard Leander, interpretato dalla star internazionale del cinema tedesco Jürgen Prochnow (U-Boot 96, Il Codice Da Vinci), è un ufficiale della Wehrmacht ormai 92enne, diventato all’improvviso vedovo e indurito da un clima familiare freddo e teso. Dato l’ultimo saluto alla moglie, Eduard mette in valigia il suo vecchio cappello da cosacco, il passaporto, qualche fotografia e sale su un treno diretto a Kiev. Sollecitata dalla madre Uli (Suzanne Von Borsody), la giovane Adele (Petra Schmidt-Schaller), una barlady punk che vive la sua vita alla giornata, raggiunge il nonno in stazione, decisa a convincerlo a scendere dal treno. Inizierà per i due un viaggio alla scoperta della Storia, globale e personale, dell’Europa tra la Seconda guerra mondiale e la Rivoluzione ucraina del 2014.

L’ultimo Viaggio, un confronto tra generazioni

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Uno dei temi centrali del film di Baker Monteys è la faticosa emancipazione che le nuove generazioni dell’Europa delle grandi dittature devono affrontare per costruire la propria identità. In Germania, così come in Ucraina, Russia e – non dimentichiamolo – Italia, molto più spesso di quanto si creda ci si ritrova ad avere a che fare con un passato ingombrante, che racconta di uno dei periodi più cruenti della storia dell’umanità. E non tutti abbiamo nonni partigiani.

Il senso di divisione tra l’affetto familiare e l’orrore del Fascismo è lacerante nel personaggio della protagonista Adele, che scopre chilometro dopo chilometro la vera storia di suo nonno, fino ad allora poco più che sconosciuto. Allo stesso modo, Eduard restituisce al pubblico il volto umano e sofferente dei carnefici, mostrando un personaggio dalla fragilità spiazzante. Abituati a una filmografia che separa nettamente i cattivi dai buoni, gli assassini dalle vittime, L’ultimo viaggio turberà gli spettatori, riuscendo a creare estrema empatia con l’essere umano in quanto tale, al netto del passato e della colpa.

L’ultimo Viaggio, l’Ucraina nel 2014

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Oltre alla forte presenza del passato, irrompe sulla scena anche il pericoloso presente che ha destabilizzato l’Europa dell’Est pochi anni fa. Per una scelta precisa da parte del regista, le location del film sono state scelte in Ucraina, esattamente dove la narrazione portava: questo nonostante il clima di tensione che incombeva sulla troupe e sugli attori, esasperato dalla minaccia di Guerra civile che dilagava in quei mesi. Tuttavia, portare sullo schermo il conflitto ucraino è stato importante anche al fine del racconto filmico; la rivoluzione del 2014 è figlia dell’invasione tedesca degli anni Quaranta, quando il Paese si divise tra filosovietici e collaborazionisti, gettando le basi per la doppia identità della popolazione. Questo elemento è perfettamente incarnato dal personaggio di Lew (Tambet Tuisk), il ragazzo ucraino che aiuterà Adele e Eduard a raggiungere il loro obiettivo e a viaggiare al sicuro attraverso l’Est.

Io sono russo. E i miei genitori sono russi. Perciò sono russo. Però…si dà il caso che sia cresciuto in Ucraina, quindi sono anche ucraino. Mi capisci? Io sono ucraino! Ma anche russo! Si può essere entrambi! -Lev-

La dimensione familiare ne L’ultimo Viaggio

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Intimamente intrecciata con la vicenda storica, è la dimensione familiare, vissuta con estrema difficoltà da tutti i personaggi. Il traumatico distacco dal suo grande amore, avvenuto alla fine della guerra, ha impedito a Eduard di coltivare passioni e affetti nella sua vita successiva. Questa sofferenza non può che reiterarsi di generazione in generazione, lasciando alla discendenza femminile della famiglia Leander un gran senso di solitudine e precarietà. Come ultimo atto della sua vita, Eduard cercherà di ricominciare là dove il suo amore si è perso, arrivando – infine – a riconoscerlo nella ritrovata sfera affettiva e familiare. Allo stesso modo, Adele si renderà conto di non poter sfuggire per sempre all’orribile lascito della sua nazione e della sua progenie e chiuderà il cerchio con un atto estremo di perdono e riconciliazione.

L’ultimo viaggio: l’essere umano al centro della Storia

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Con grande coraggio, Nick Baker Monteys destituisce il pubblico dal ruolo di giudice e lo avvicina a un protagonista profondamente difficile. Non ci sono sconti nelle dichiarazioni di Eduard: egli ha ucciso, ha giustiziato i partigiani, ha combattuto per il regime nazista. Egli però ha anche amato, ha sofferto e ha salvato delle vite.

Valorizzato da una colonna sonora e da una fotografia dall’alto valore descrittivo e poetico, L’ultimo viaggio è un film struggente, in cui l’umanità è messa a nudo, senza trascurare le responsabilità storiche di una nazione piena di ombre e la speranza che si ripone nelle nuove generazioni. Jürgen Prochnow affronta una sfida attoriale di non poco conto: Eduard è un capofamiglia taciturno, scontroso e chiuso completamente nei ricordi. L’attore – invecchiato dal trucco e dalle movenze incerte – risolve la sfida con un’espressività intensa e con una recitazione ricca di silenzi, carica di tutto il pathos che Prochnow ha visto nella generazione di suo padre, macchiata dall’orrore di una dittatura che ha reso tutti complici. Analogamente la protagonista femminile Petra Schmidt-Schaller rappresenta con disinvoltura la nuova generazione tedesca, alla ricerca di distrazione e di cambiamento, arrabbiata per un’eredità troppo pesante e da un senso di colpa che soffoca ogni prospettiva futura.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.5