Venezia 74 – Invisible: recensione del film di Pablo Giorgelli

Pablo Giorgelli porta a Venezia 74 una storia di solitudine e disperazione in cui scatta in automatico il paragone con Piuma, presentato lo scorso anno al Lido.

Invisible è il film dell’argentino Pablo Giorgelli, presentato nella sezione Orizzonti della 74ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. La pellicola affronta un tema sentito e controverso come quello dell’aborto, che, nonostante dibattiti e petizioni, a oggi in Argentina è ancora considerato una pratica illegale.

Invisible

Invisible racconta la vita di Ely (Mora Arenillas), una diciassettenne dimessa e introversa che si barcamena come può fra la scuola, un lavoro part-time in un negozio di animali e l’aiuto alla madre, vittima di una profonda depressione. A complicare ulteriormente l’esistenza della protagonista arriva una gravidanza inattesa e indesiderata, frutto di una tresca puramente sessuale con un collega di lavoro. Ely si trova così a dover lottare non solo contro la desolazione e le disavventure della propria vita, ma anche contro uno stato che le impedisce di praticare l’aborto, costringendola a cercare strade alternative ed estremamente pericolose per mettere fine alla gravidanza indesiderata.

Invisible: una storia di solitudine e disperazione

Invisible

A 6 anni dal suo lungometraggio d’esordio Las acacias, vincitore della Caméra d’or per la miglior opera prima al Festival di Cannes del 2011, Pablo Giorgelli mette in scena una storia di solitudine e abbandono, incentrata su una ragazza di soli 17 anni per cui la tristezza e l’apatia sono già diventate un’amara abitudine, una condizione esistenziale che l’ha portata ad azzerare quasi del tutto i rapporti sociali, diventando così una vera e propria invisibile e indistinguibile dal grigio paesaggio che la circonda.

Pablo Giorgelli tenta un’operazione difficile e coraggiosa, ovvero mettere in scena prevalentemente per immagini una non-vita opaca e amorfa, indugiando con lunghe inquadrature fisse sul volto del protagonista e accompagnandola discretamente nella routine della sua vita e nei suoi incontri casuali, che non fanno altro che acuire la sua triste condizione esistenziale. Nonostante i lodevoli intenti, il risultato è davvero modesto ed estenuante, soprattutto a causa della mancanza di una qualsiasi forma di arco di maturazione della protagonista, che per tutta la durata del film non fa altro che trascinare stancamente la propria esistenza, senza un accenno di azione o di reazione alle sue sventure.

Invisible è un film afflitto dalla stessa apatia della protagonista e dall’assenza di un degno arco narrativo

Durante la visione di Invisible si respira un clima di spossante attesa di un evento, una scossa o una minima svolta, ma nulla cambia mai per davvero, al punto che la Ely dell’inizio del film è sostanzialmente la stessa di quella della conclusione della vicenda. Persino un tema potenzialmente scoppiettante come quello dell’aborto è trattato in maniera abbozzata e superficiale, mai rivendicato come diritto della donna, ma mostrato soltanto come pratica illegale e aggirabile tramite discutibili tutorial trovati su internet.

Considerando anche la cornice veneziana, è inevitabile ripensare a Piuma, pellicola nostrana la cui presenza in concorso al Lido lo scorso anno fu vista da molti come un sacrilegio. Partendo da uno spunto simile e con pretese certamente più basse di quelle di Pablo Giorgelli, il film di Roan Johnson riusciva a mettere in scena un arco narrativo semplice e lineare, ma capace di affrontare in maniera godibile e sufficientemente profonda i temi dell’aborto, della crescita e dell’incomunicabilità con il mondo degli adulti. Pur con pretese autoriali, Invisible non riesce invece mai a conquistare il cuore dello spettatore, fermandosi a uno stato di perenne catatonia e finendo per perdersi e scomparire come la protagonista.

Invisible

In un’edizione del Festival ricca di film interessanti e coraggiosi, anche nella sezione Orizzonti, Invisible si rivela un tentativo fallito di raccontare sul grande schermo il dolore e la solitudine, privo dell’approfondimento necessario per intrattenere, sconvolgere e fare riflettere lo spettatore. Una brutta battuta d’arresto che aveva dimostrato ottime doti, e che speriamo sappia risollevarsi al più presto.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 1.5

2.3