Berlinale 2018 – Figlia Mia: recensione del film di Laura Bispuri

Sebbene costretto nei confini di una mentalità che potremmo definire provinciale, Figlia mia presenta comunque dei momenti di introspezione interessanti

Certe canzoni dovrebbero rimanere nel posto dove, per molto tempo, sono giustamente rimaste. L’oblio, per esempio. Questo amore non si tocca di Gianni Bella, invece, è stata riesumata, inserita nella colonna sonora di un film e fatta ascoltare, in anteprima mondiale, a centinaia di giornalisti arrivati da tutto il mondo. Con una strofa come questa, per giunta: “del porno sono il re / un re senza corona / quante nevrosi ho / un re che te le suona / se mi dirai di no”. Non volendo entrare nel dettaglio del perché una canzone del genere andrebbe solo dimenticata, allo stesso tempo non sorprende neanche troppo che faccia parte della colonna sonora di Figlia mia di Laura Bispuri, in concorso alla 68esima edizione del Festival del cinema di Berlino.

Vittoria (Sara Casu) ha dieci anni e vive un una paesino sperduto della Sardegna. Non è esattamente una bimba popolare tra le sue compagne di scuola che a malapena la considerano quando cerca di dire la sua su quale sia il modo giusto di baciare. A un rodeo si scontra con Angelica (Alba Rohrwacher), che attrae subito la sua attenzione. Ben presto, le due prenderanno a frequentarsi, nonostante Tina (Valeria Golino), madre di Vittoria, non sia troppo contenta di questi loro incontri. Ragazza fragile che conduce una vita disordinata, Angelica è la vera madre di Vittoria, che, ancora in fasce, è stata affidata a Tina in cambio di un supporto economico costante. Sfrattata dal casolare dove vive, la giovane decide di lasciare il paesino per trovare fortuna altrove ma il desiderio di approfondire il suo rapporto con la figlia le farà cambiare idea.

Figlia mia, ovvero una coming of age story al femminile

figlia mia cinematographe

Una coming of age story tutta al femminile, Figlia mia affronta con parziale sensibilità il tema complesso del rapporto madre e figlia, in questo caso complicato ulteriormente dalla presenza di due madri. Quello che forse dispiace è la caratterizzazione un po’ grossolana dei due personaggi principali. Da un parte abbiamo infatti Angelica con una Rohrwacher alla ricerca di un equilibrio precario nel rendere un personaggio costantemente a cavallo tra bisogno di dare affetto e l’immaturità emotiva. Angelica è un’anima persa, una poverina – come dirà Tina a un certo punto – una donna che, nel bar del paese, si ubriaca ogni sera e tenta di scambiare favori sessuali per un po’ di soldi. Ѐ una giovane che si veste con vestiti troppo corti e di cattivo gusto, che ci si domanda perché metta piede in chiesa, che chiama “il mio fidanzato” ogni uomo su cui si struscia al bar.

Dall’altra parte abbiamo invece Tina. Una donna matura, amorevole, al limite del soffocante, che non dorme più insieme al marito – presenza piuttosto insignificante all’interno dei confini dei film – ma ha un letto nella stanza della figlia. Tina lavora perché la sua non è una famiglia abbiente ma, anche se stanca, torna a casa e si offre di preparare le polpette a Vittoria perché non si possono trascurare i figli. Tina è anche una donna che frequenta la chiesa, dove porta anche la bambina, che sta imparando a suonare l’organo. Ma quando Angelica decide di volersi finalmente avvicinare a Vittoria, lei allora diventa sempre più scostante nei suoi confronti, arrivando addirittura a offrire alla giovane del denaro per farla partire. Perché Angelica è una poco di buono e non va bene che la figlia frequenti certe persone.

Figlia mia tra qualche provincialismo e un andamento traballante

Figlia mia prosegue dunque con i continui tentativi di Tina di screditare Angelica agli occhi della bambina fino a farle decidere, quando ormai è convinta di aver perso il suo affetto, di portarla ad assistere al degrado massimo della madre, intenta a praticare una fellatio in uno squallido angolo del bar. La stessa Tina che fino a qualche fotogramma prima copriva gli occhi di Angelica durante un bacio in uno sceneggiato in tv. Intristisce che, nel trattare la disperazione di una madre di fronte al possibile abbandono da parte della figlia si decida di attaccare continuamente il personaggio di Rohrwacher dal mero punto di vista della sessualità, come se la sua apparente libertà sia qualcosa di deprecabile da dover quindi usare per umiliarla.

Sebbene costretto nei confini di una mentalità che potremmo definire provinciale, Figlia mia presenta comunque dei momenti di introspezione interessanti soprattutto per quanto riguarda il personaggio di Vittoria, per il quale è stato fatto di certo il lavoro migliore. Allo stesso modo, l’aver voluto girare molte scene dal punto di vista della bambina, quella iniziale su tutte, convince come una buona scelta di regia. Purtroppo, lo stesso non si può dire dell’andamento piuttosto altalenante del film che culmina in un finale decisamente sotto tono.

In definitiva, Figlia mia è un film dalle ottime intenzioni ma dalla scarsa riuscita il cui pregio principale sarebbe stato proprio quello di essere stato diretto da una donna, se solo si fossero fatte delle scelte narrative sensibilmente diverse.

Figlia mia è al cinema dal 22 febbraio con 01 Distribution.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.9

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