The Breakfast Club: il finale del film di John Hughes

Il finale di The Breakfast Club è un'affermazione di libertà, ma con una nota che oggi risulterebbe stonata.

Pochi film sono riusciti a fotografare una generazione come The Breakfast Club di John Hughes. Uscito in sala nel 1985, il film è considerato uno degli apici del cinema adolescenziale, e  – nello specifico – il manifesto della Brat Pack. Quella che il regista e sceneggiatore John Hughes racconta è la cosiddetta Generazione X, composta da chi ha vissuto gli anni della scuola tra 1980 e 1990.

Pur essendo molto caratterizzati da un punto di vista culturale, geografico e stilistico, i protagonisti di The Breakfast Club hanno parlato e continuano a parlare ai giovani di ogni periodo. I temi affrontati dal film sono universali, anche se letti attraverso dei personaggi che incarnano gli esatti stereotipi delle high school americane. Ma, forse, funziona proprio per questo: non è l’adolescenza l’età dello stereotipo per eccellenza? Quel periodo della vita in cui si farebbe di tutto per essere compresi, definiti e inquadrati?

Un finale di grande profondità

the breakfast club cinematographe.it

John (Judd Nelson), Andy (Emilio Estevez), Brian (Anthony Michael Hall), Claire (Molly Ringwald) e Allison (Ally Sheedy) sono un gruppo di ragazzi che si trovano a trascorrere il sabato a scuola, come sanzione disciplinare. In un primo momento nessuno sa il motivo della punizione dell’altro e si guardano tutti con insofferenza e sospetto. A rincarare il colpo, ci si mette anche l’insegnante-secondino Vernon (Paul Gleason) che assegna loro un tema dal titolo “Chi sono io?”.

Lasciati i ragazzi a svolgere il compito, il professore si allontana. Quella che si crea è una micro-società in vitro, in cui ogni personaggio porta ad esasperazione la propria natura. il bullo compie atti da bullo, la disadattata si comporta da disadattata e così via. L’incontro tra loro non sembra che porti a nulla di positivo o costruttivo, ma a uno scontro sempre più esacerbato di differenze.

Eppure, se c’è un momento in cui i ragazzi smettono i panni dello stereotipo e si mostrano per la prima volta umani è proprio nel finale. Ormai rimasto negli annali della storia del cinema, questo si presenta come un lungo confessionale, in cui John, Andy, Brian, Claire e Allison si raccontano e mostrano tutto il dolore delle loro vite.

Nessuno è felice, nessuno è perfetto

Alle spalle dei protagonisti c’è sempre un retroscena familiare problematico. Se John racconta sin dall’inizio di essere vittima di un padre violento, Claire invece soffre per la strumentalizzazione subita dai suoi. La pressione di una media scolastica ineccepibile porta addirittura Brian a pensare al suicidio, mentre Andy si ritrova a fare delle enormi stupidaggini solo per dimostrare al proprio “vecchio” di essere un maschio Alfa. Infine, Allison – la più enigmatica di tutti – confessa che di lei, alla sua famiglia, importa poco o nulla.

the breakfast club cinematographe.it

Questa confessione collettiva, anche se disseminata nel corso del film, raggiunge nel finale il suo apice. Negli ultimi venti minuti circa, infatti, tutti i personaggi principali si ritrovano seduti sul pavimento dell’aula dove sono chiusi in punizione e iniziano a raccontarsi. È chiaro quanto dentro ognuno di loro ci sia una profonda sofferenza, data da uno schiacciante confronto col mondo. Che si tratti dei genitori o delle pressioni sociali che il sistema-scuola infligge ai ragazzi, sembrerebbe che solo in quello stato di reclusione, senza testimoni e giudici, i protagonisti possano essere loro stessi. Infine, solo così tra loro può crearsi un sodalizio umano che travalichi ruoli e classi sociali. Questa solidarietà sopravviverà alla fine della punizione o resterà una piccola rivoluzione segreta e silenziosa?

Il tema assegnato da Vernon, “Chi sono io?” sarà svolto da Brian per tutti. Letto durante le ultimissime sequenze, afferma la dignità dell’adolescenza. Si rifiuta ogni definizione, ci si prende gioco degli stereotipi e si proclama il più profondo atto di ribellione: essere se stessi.

The Breakfast Club: attenzione.

the breakfast club cinematographe.it

Nonostante il merito di raccontare un’età complessa come quella dell’adolescenza, c’è un aspetto da non trascurare, quando si parla del finale di The Breakfast Club. Era il 1985, la sensibilità era certo diversa e tanti temi non erano ancora esplosi.

Per quel che riguarda il finale di due personaggi, Claire e John, oggi ci sono dei dettagli che non sarebbero giudicati accettabili. John per tutto il film molesta Claire in maniera anche piuttosto pesante, arrivando a mettere la testa tra le gambe contro la volontà della ragazza. In un dialogo iniziale allude persino a metterla incinta. L’atteggiamento da bullo si confà al personaggio ed è parzialmente motivato dalla violenza che lui stesso subisce quotidianamente a casa, ma è nel finale che succede qualcosa che lascia piuttosto perplessi. Nonostante tutte le vessazioni, Claire si infatua del bullo. Forse che lei abbia scoperto il suo animo autentico e si sia invaghita di quello, nonostante gli strati spacconi e fastidiosi che John ha mostrato per tutto il resto del tempo?

La stessa Molly Ringwald ha dichiarato, successivamente, di non sentirsi a proprio agio con la linea narrativa del personaggio che l’ha lanciata come attrice. Insomma, l’importante è che non passi come normale che le molestie possano essere accettate come strategia di conquista, dell’uno o dell’altro genere. Nella Hollywood post-Weinstein The Breakfast Club avrebbe avuto, in parte, un altro finale. Questo non aiuta all’invecchiamento di un film altrimenti molto attuale, ma che conserva ancora tutta la patina e il fascino di un cult.