Al Capone al cinema: 5 film legati alla figura del boss mafioso

La vicenda e il personaggio di Al Capone sono stati fonte d'ispirazione di numerosi titoli che hanno fatto la storia del gangster movie. Ecco i 5 film più importanti tratti dalla sua figura.

Sebbene la sua vicenda esistenziale si sia conclusa ad appena 48 anni e la sua carriera criminale addirittura 14 anni prima, Al, al secolo Alphonse Gabriel, Capone ha costituito da sempre l’icona per eccellenza del gangster potente, spietato e sanguinario. Una fama ancora oggi viva, come testimoniano l’ambizioso progetto sul secondo remake di Scarface, scritto dai fratelli Coen e diretto dal nostro Luca Guadagnino, e l’imminente uscita in streaming del biopic Capone di Josh Trank, con protagonista Tom Hardy.

Questi sono però solo gli ultimi due capitoli del racconto dedicato e ispirato ad Al Capone, la cui longevità sta piano piano arrivando al secolo e la cui attrattiva è ancora in grado di vincolare un genere cinematografico ricco dei lavori di tanti straordinari cineasti come Martin Scorsese, Francis Ford Coppola e Sergio Leone.

Tra le pellicole più importanti ne abbiamo selezionate 5 (+1), chiediamo scusa agli esclusi.

Al Capone di Richard Wilson, 1959

Al Capone, cinematographe.it

Ad 11 anni dalla morte di Al Capone, Richard Wilson gira il primo biopic nel senso classico del termine dedicato alla figura del leggendario boss, interpretato per l’occasione da niente poco di meno che da sua maestà Rod Steiger, premio Oscar nel 1968 per La calda notte dell’ispettore Tibbs e interprete straordinario, polivalente, dalla carriera lunga e ricca di prestigiose collaborazioni. Non a caso molti critici ancora sostengono come il suo volto sia stato quello che più ha reso giustizia alla figura del gangster.

Il film di Wilson è un racconto classico e accurato sulla veloce escalation che portò Al Capone ad essere di fatto il sindaco di Chicago negli anni Venti fino all’arresto e alla condanna per evasione fiscale, con una particolare attenzione sulla personalità del suo protagonista e una più possibile fedeltà ai fatti reali.

Il massacro del giorno di San Valentino di Roger Corman, 1967

Il massacro del giorno di San Valentino, cinematographe.it

Il secondo film sulla figura di Al Capone è Il massacro del giorno di San Valentino, girato dal classe 1926 Roger Corman (Oscar onorario nel 2010 e ultimo film prodotto nel 2017), regista nel 1955 di The Fast and the Furious, pellicola comicamente protagonista dell’erronea associazione con l’omonimo film del 2001, capostipite della saga multimilionaria.

Siamo nel 1967, alla soglia del ventennale della morte del boss italoamericano, e la 20th Century Fox decide di dare a Corman la possibilità di girare il suo primo film ad alto budget. Il momento era propizio; la tematica scottante, data la grande rilevanza che ebbe in America l’episodio su cui è incentrato, di fatto il primo momento in cui la stampa statunitense presentò Al Capone al mondo, e la possibilità di far vestire i panni del boss ad Orson Welles francamente irrinunciabile. Peccato che in seguito la produzione lo dichiarò “irreperibile” (sul serio) e non se ne fece più nulla. Il ruolo andò alla fine al due volte premio Oscar Jason Robards, scomparso nel 2000, non prima di averci regalato un’ultima straordinaria interpretazione in Magnolia. La nuova guida di un cast in cui troviamo Bruce Dern e un giovanissimo Jack Nicholson per un piccolo cameo.

Il film è ideato come una cronaca fedele della guerra tra Bugs Moran e Capone, i due gangster che all’epoca del proibizionismo lottarono per il dominio del mercato nero degli alcolici, culminata nel sanguinoso attentato commesso dagli uomini di quest’ultimo il 14 febbraio 1929.

Quella sporca ultima notte di Steve Carter, 1975

Ben Gazzara - Capone, cinematographe.it

La vicenda di Al Capone torna sul grande schermo con Quella sporca ultima notte (titolo originale: “Capone“) di Steve Carter, non a caso uno degli allievi di Roger Corman, un secondo biopic dopo quello del 1959 che tentò di descrivere l’ascesa e il decadimento del boss italoamericano con un rinnovato distacco, spogliando di epicità il racconto del mondo mafioso, ma ottenendo purtroppo solo un’epopea insapore.

Il volto del famoso gangster stavolta è di Ben Gazzara, l’attore prediletto di John Cassavettes, ma la pellicola fu riscoperta molto tempo dopo per la presenza nel cast di un giovane Sylvester Stallone nell’inedito ruolo di Frank Nitti. Il film scritto da Howard Browne ha infatti il suo nucleo narrativo sul percorso del filo del potere che collegò Torrio a Nitti stesso, passando, naturalmente, per Capone.

Gli Intoccabili di Brian De Palma, 1987

Gli Intoccabili, cinematographe.it

Il secondo approccio alla figura di Al Capone e in generale al gangster movie di Brian De Palma fu Gli Intoccabili (stesso titolo della serie televisiva), una pellicola divenuta ormai un cult grazie alle leggendarie musiche di Ennio Morricone e alle straordinarie interpretazioni di Robert De Niro, nei panni del boss, e di Sean Connery, premiato con l’Oscar. Eppure, nonostante anche il successo di pubblico, il film rimane il minore tra quelli girati dal regista in materia, costretto ad arretrare di fronte a Scarface e a Carlito’s Way, nonché al centro delle polemiche di una certa corrente della critica cinematografica che non gli ha mai perdonato le numerose inesattezze storiche.

Un western urbano classicamente “gonfio” incentrato sulle indagini (o meglio la crociata) condotte dall’agente del Tesoro Eliot Ness (Kevin Costner) e dalla sua squadra, denominata, appunto, gli intoccabili, che condussero all’arresto di Capone all’alba degli anni Trenta, coincidente con l’epilogo dell’epoca del proibizionismo in America.

Il film, oltre ai meriti sopracitati, passò alla storia per le numerose citazioni di fatti reali legati alla vita del boss, come la sequenza dell’esecuzione con la mazza da baseball, presa dalla famosa trappola organizzata ai danni di tre mafiosi siciliani che delusero il gangster di New York; per le frasi entrate nella storia come il famoso “Sei solo chiacchiere e distintivo!” e per scene iconiche come quelle della scalinata della stazione di Chicago.

Il Capone di De Niro rimane impresso nella mente dello spettatore nonostante il minutaggio in realtà piuttosto esiguo per la bravura dell’attore, che dà al gangster un taglio da cattivo classico, a metà tra quello alla 007 e il pistolero senza scrupoli, cioè caratterizzato da un inesplorato lato umano ed una enfatizzazione delle qualità carismatiche, merito di un linguaggio caricaturale raffinato dall’interprete di turno.

Scarface – Lo sfregiato di Howard Hawks, 1932 Scarface di Brian De Palma, 1983

Scarface, cinematographe.it

Fu all’età di 18 anni che Al Capone si guadagnò il soprannome di Scarface. All’epoca il gangster lavorava “serenamente” in un locale di Coney Island, copertura di un bordello gestito dal boss della zona, quando si ritrovò ad avere un incontro ravvicinato del terzo tipo con il rasoio di tale Frank Galluccio, il quale, non proprio contento dei suoi commenti sulla sorella, gli inferse una terribile cicatrice sulla guancia sinistra.

Un particolare che evidentemente colpì lo scrittore Armitage Trail, che decise di cambiare il nome del protagonista del suo romanzo da Capone in Camonte, ma mantenne il soprannome originale del gangster per il titolo, inscrivendolo inconsciamente all’immaginario popolare del futuro.

Nel 1932 i due Howard, Hawks e Hughes, decisero di girare una trasposizione del romanzo appena un anno dopo la condanna del boss. La pellicola racconta la vicenda criminale di Antonio “Tony” Camonte (interpretato dal signor Paul Muni) nella Chicago degli anni Venti, dall’ascesa fino alla morte, legata a filo doppio alla storia d’amore tra la sorella Francesca e il suo braccio destro Gino Rinaldo. Una pellicola straordinaria e avanti con i tempi, che per riuscire a vedere la luce dovette venire a patti anche con la ferrea censura vigente nella Hollywood dell’epoca (che obbligò tra l’altro il film ad uscire con il sottotitolo Vergogna d’una nazione). Del suo successo parla la nomina nel 1994 per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

Ancora più famoso al giorno d’oggi è l’omonimo remake del 1983 diretto Brian De Palma, scritto da Oliver Stone e interpretato da Al Pacino e Michelle Pfeiffer. Parliamo, ovviamente, dell’epopea di Tony Montana, l’alter ego più famoso di Al Capone. La macrostoria della pellicola rimase la stessa, ma cambiarono diversi degli elementi in gioco: dalla Chicago degli anni ’30 si passò alla Miami degli anni ’80, il traffico illegale di alcool venne sostituito da quello della cocaina, le origini del protagonista da italiane divennero cubane e la storia d’amore passò da vedere coinvolta la sorella del boss a veder coinvolta la fidanzata.

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Quello che però sancì il reale divario tra le due pellicole fu la completa rilettura in chiave criminosa del capitalismo della seconda, incentrata sul successo malato di un self made man ottenuto distorcendo completamente gli ideali positivi del Sogno Americano, ma non per questo meno meritevoli della dignità di intenti e della legittimità degli obiettivi conseguiti. Entrambe limpide nella loro visione ribaltata, tanto da conquistare anche il pubblico. Il tutto culminante, nel finale, in una denuncia della deriva megalomane che può prendere tale mentalità. Un successo.