A caccia di un sì: recensione della commedia Netflix

A caccia di un sì affronta la ricerca dell'amore in maniera grottesca e caricaturale.

Alcune commedie si servono della propria carica umoristica per poter giocare, e molto spesso anche scardinare, con stereotipi e cliché di genere. Alcune delle consuetudini più fertili e più semplici da snocciolare in una commedia sono quelle che riguardano la ricerca dell’amore, la ricerca di un marito e il desiderio, grottesco e caricaturale, del matrimonio.

A caccia di un sì è una rom-com che getta lo sguardo proprio su questo. La protagonista è Ana (Cassandra Ciangherotti), una ragazza che viene abbandonata dall’uomo che credeva di sposare. Persa in una tristezza e in uno sconforto senza eguali, decide di partecipare ad un corso per donne single in cerca di marito, un corso che ha il preciso obiettivo di indirizzare le donne che vi partecipano verso il matrimonio. Ana, che odia anche solo l’idea di prendere parte ad un evento del genere, sente di non avere molta scelta, quindi decide di provarci.

A caccia di un sì: la commedia messicana disponibile su Netflix

A caccia di un sì Cinematographe.it

Luis Javier Henaine dirige una commedia che ha un tipo di impostazione narrativa largamente e abbondantemente collaudata: una donna si guarda intorno e si rende conto che tutti quelli che conosce si sono sposati o stanno per farlo, quindi capisce che deve darsi una mossa per esaudire le stesse prospettive. La cinematografia, soprattutto statunitense, è piena di narrazioni simili, tipo 27 volte in bianco, Prima o poi mi sposo, Il matrimonio del mio migliore amico.
Purtroppo A caccia di un sì, pur desiderando sradicare gli stereotipi romantici, finisce per esprimersi solo a colpi di continui cliché: questo film non possiede il carisma, né la carica comica che riesca a deridere o a canzonare la condizione grottesca in cui si trova la protagonista, costretta nella sua eteronormatività e in una morale comune che obbliga socialmente, soprattutto le donne, a risolversi nel matrimonio, scegliendo la funzione alla relazione.
A caccia di un sì si concentra sull’aspetto delle donne e basta: non riesce ad elevare la narrazione verso un discorso sicuramente più etico e meno zavorrato alla tradizione maschiocentrista, secondo la quale le donne imparano a guardarsi come vengono guardate. Soprattutto il film si concentra sulla necessità di mentire per trovare l’amore, o meglio marito.

A caccia di un sì: Luis Javier Henaine dirige una commedia che si esprime a colpi di cliché

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Purtroppo questo non è un film sull’amore, le lezioni che vengono impartite durante il seminario per donne single sono difficili da prendere sul serio; riescono a radere al suolo anni di consapevolezza femminile e autodeterminazione, che però sul finale non vengono derise, ribaltate o esautorate (come sarebbe stato auspicabile). La “redenzione” finale di Ana, che alla fine sceglie di rimanere una donna single, purtroppo non è abbastanza per poter salvare il film dalle scelleratezze e dagli stereotipi che mette in piedi durante tutta la sua durata.
“Viviamo in tempi difficili”, osserva la guru del matrimonio Lucila (Gabriela de la Garza). Purtroppo è anche vero per le commedie, viviamo in tempi in cui è ancora necessario cavalcare i cliché, in cui il marcatore identitario delle donne in alcune commedie romantiche è il disvalore, la banalizzazione. Le commedie si servono della propria carica umoristica per poter giocare con i cliché di genere. Non è il caso di A caccia di un sì, che non possiede elementi di rottura di alcuno stereotipo, che non gioca con una protagonista che possiede di base tutti gli elementi per poter essere grottesca, sardonica ed esilarante. Un’occasione maldestramente e irrimediabilmente mancata.
Regia - 1.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 1.5
Emozione - 1

1.6

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