The Irishman: la storia vera dietro il film di Martin Scorsese

The Irishman di Scorsese racconta la storia di Frank Sheeran dei fatti che lo coinvolsero nella carriera criminale di Russel Bufalino e nella scomparsa di Jimmy Hoffa, uno dei casi irrisolti più noti della storia americana.

The Irishman, l’ultimo, colossale, film di Martin Scorsese (e di Netflix) con Robert De Niro, Joe Pesci e Al Pacino è tratto da I Heard You Paint Houses del 2004, il libro di Charles Brandt, avvocato ed ex pubblico ministero, scritto a seguito delle sue interviste con lo stesso Frank “L’irlandese” Sheeran.
Il titolo è stato tradotto anche in italiano e ne sono state pubblicate, a qualche anno di distanza, due edizioni, la cui più recente è distribuita proprio come The Irishman.
Nel libro Sheeran racconta la sua vita, divisa tra i lavoretti sotto il boss mafioso Russell Bufalino e la militanza a fianco del famoso sindacalista Jimmy Hoffa, personaggi importanti e realmente esistiti, le cui vicende personali si sono incrociate spesso con gli eventi del post seconda guerra mondiale statunitense.

The Irishman: le differenze tra la storia vera e il film di Martin Scorsese

The Irishman: chi era Frank Sheeran? Un irlandese tra gli italoamericani

Frank Sheeran, The Irishman cinematographe.it

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In primo luogo Frank Sheeran non è solo il protagonista della pellicola di Scorsese, ma è anche il portatore del punto di vista da cui viene narrata l’intera vicenda, non può e non deve quindi sorprendere come gli eventi siano riportati esattamente come l’uomo li ha raccontati a Brandt, non curandosi di tutte le critiche mosse da studiosi e professionisti del campo, come vedremo in seguito.

Sheeran, nonostante sia passato alla storia con il soprannome de “l’Irlandese”, non proveniva direttamente dall’Isola di Smeraldo, ma nacque a Darby, uno dei sobborghi della periferia di Filadelfia, nel 1920.

L’uomo si arruolò nell’esercito americano nel 1941, offrendosi come volontario dopo l’attacco a Pearl Harbor. Egli prestò servizio, tra l’altro, anche nelle campagne italiane tra il 1943 e il 1944. Questo fu un periodo importante per la futura carriera malavitosa dell’uomo perché gli permise di sperimentare la noncuranza verso la vita altrui, arrivando ad assistere e finanche a partecipare a massacri e ad esecuzioni sommarie ai danni dei prigionieri tedeschi (nel libro Sheeran è dettagliato nel resoconto di questi atti e nel film stesso è riportata una scena nella quale si può assistere ad un esempio). Sheeran ammette comunque di aver trascorso più di 50 giorni da disertore: ”A bere vino rosso e a inseguire donne italiane, francesi e tedesche”.

Una volta dimesso (siamo nel 1945) Sheeran divenne un camionista e, secondo il libro, iniziò a commettere piccoli crimini per guadagnare soldi extra, incluso il lavoro di sicario, con relativi omicidi su commissioni. Fu proprio grazie al suo intuito criminale e alla sua predisposizione assassina che divenne un collaboratore dei capi della mafia italo-americana, in particolare dei boss Russell Bufalino, particolarmente influente nonostante provenisse da una famiglia mafiosa considerata di secondo piano, e Angelo Bruno. Soprattutto il primo di questi fu una figura fondamentale per Sheeran, arrivando a ricoprire, nel corso del tempo, il ruolo di suo mentore e protettore.

Fu Bufalino stesso a mettere in contatto Sheeran con Jimmy Hoffa, il presidente dei Teamsters, il più grande sindacato del tempo negli Stati Uniti d’America (e di cui lo stesso Sheeran faceva parte, essendo ancora, ufficialmente, un camionista). I due divennero presto amici intimi, oltre che stretti collaboratori: Sheeran, oltre a provvedere personalmente alla sicurezza di Hoffa, commise anche degli omicidi e atti di intimidazioni, su suo ordine, sia a membri  non cooperativi del sindacato sia a figure pericolose appartenenti a sindacati rivali. Nessuna di queste azioni è stata sostenuta da prova alcuna.

The Irishman: l’esecuzione di “Crazy” Joe Gallo

The Irishman, cinematographe.it

Oltre all’omicidio di Hoffa, Sheeran confessa anche di essere il colpevole dell’omicidio di “Crazy” Joe Gallo, una delle affermazioni più discusse rilasciate a Brandt, dato che era un fatto generalmente accettato che il gangster della famiglia criminale Profaci fosse stato assassinato da quattro uomini armati italo-americani associati alla famiglia criminale rivale Colombo.

Secondo la versione originale dei fatti, un associato dei Colombo, Joseph Luparelli, si trovava nel ristorante dove Gallo si recò con la famiglia la sera della sua esecuzione e, quando vide l’uomo entrare, avvertì dei suoi compagni che si trovavano in un ritrovo vicino. Furono loro, dopo aver ricevuto il via libera, a fare irruzione nella sala e ad aprire il fuoco per poi finire Gallo in strada. Per la precisione si ritiene che il tiratore principale fu il sicario Carmine “Sonny Pinto” Di Biase.

Questo contraddice totalmente con i fatti raccontati da Frank Sheeran, il quale, non solo contesta i fatti della sera dell’omicidio, ma ne riconduce la causa al comportamento scortese che ebbe Gallo la sera prima, ad un nightclub di Copacabana, nei confronti di Russel Bufalino in persona. Questa nuova versione ha sollevato una nebbia di incertezza che tuttora persiste.

Brandt afferma che nel 2004 un editore del New York Times, presente quella sera sul luogo del delitto, vide una foto di Sheeran dal suo libro e riconobbe immediatamente il volto del sicario. Anche il detective della polizia di New York Joe Coffey, uno dei detective che si occuparono del caso Gallo, era concorde con la versione di un un grosso sicario solitario non italiano, salvo poi cambiare il racconto dei fatti nel suo libro di memorie, dove afferma che gli informatori che portarono alle incriminazioni fecero esplicitamente il nome di Di Biase. A lui fanno eco le dichiarazioni in aula di tribunale di Luparelli e, soprattutto, quelle della vedova di Gallo, Sina Essary, che descritto gli assassini (plurale) come “piccoli, bassi, grassi italiani“.

Questa non è la sola versione dei fatti di Frank Sheeran messa in dubbio da altre fonti, ma, tra tutte quante, la più complessa è quella legata alla scomparsa dello stesso Hoffa.

The Irishman: la vicenda di Jimmy Hoffa

Jimmy Hoffa The Irishman cinematographe.it

La storia da sindacalista di Hoffa iniziò prestissimo a causa della prematura morte del padre, portato via da un cancro ai polmoni sorto per le pessime condizioni in cui lavorava in miniera. All’epoca Jimmy aveva solo 7 anni, ma questo lo portò a sviluppare una certa sensibilità che lo condusse ad organizzare scioperi già in tarda adolescenza.

Nel 1957 fu eletto presidente del sindacato Teamsters, il quale crebbe esponenzialmente sotto la sua guida, arrivando a diventare una realtà di grande peso per politica del Paese. Il cammino non fu certo esente da operazioni illegali, che portarono Hoffa a scontare una condanna a 13, ridotta a nemmeno la metà grazie all’intervento di Nixon, unica condizione: non riavvicinarsi alla presidenza del sindacato fino al 1980.

Inutile dire che Jimmy ritornò immediatamente a ricoprire una parte attiva, cosa che non piacque assolutamente ai membri di alcune famiglia mafiose, le quali avrebbero deciso di farlo scomparire per preservare i convenienti equilibri creatisi durante la sua detenzione.

In The Irishman (il film), l’evento che decide la sorte di Hoffa è la serata in onore di Sheeran, in cui Bufalino in persona cerca di distogliere Jimmy dalla volontà di tornare ad essere presidente del sindacato. Nel libro si parla invece di un incontro segreto tra i tre uomini. È però concorde a entrambe le versioni e poi confermato che nel 1975 Hoffa avrebbe dovuto partecipare ad un matrimonio, al quale non arrivò mai: l’ultima volta che fu visto era il 30 luglio 1975.

Secondo Sheeran, Hoffa aveva minacciato di rivelare le prove di alcuni collegamenti tra il sindacato e la mafia, motivo per cui Russell Bufalino ne ordinò l’omicidio. Le cose, stando alla ricostruzione del libro di Brandt, andarono così: Sheeran andò all’appuntamento con O’Brien e un altro malavitoso, Salvatore ” Sally Bugs” Briguglio, i quali, una volta arrivati sul posto, avvertirono Hoffa che il luogo dell’incontro era stato spostato. Guidarono quindi insieme verso  una casa a nord-ovest di Detroit e fu lì che Sheeran sparò due colpi a quello che poco tempo prima era stato un suo grande amico.

History vs. Hollywood riporta come l’FBI si recò nella casa in cui l’uomo disse di aver ucciso Hoffa per cercare conferme sul racconto di Sheeran; ma, sebbene trovarono alcune tracce di sangue, non ci fu alcun riscontro con il DNA dell’ex presidente dei Teamsters.

Innumerevoli volte le indagini sul caso Hoffa vennero aperte e poi di nuovo chiuse e alcune prove, infine, emersero. Nel 2001, venne accertato che il capello ritrovato sul sedile posteriore dell’auto di Joey Giacalone, figlio di Anthony “Fat Tony” Giacalone, uno dei due criminali, insieme ad Anthony “Tony Pro” Provenzano, che avevano appuntamento con l’uomo il giorno della sua scomparsa, appartenesse proprio a Jimmy, ma questo non fu sufficiente a condannare nessuno.

The Irishman: la versione di Sheeran

La critica principale al racconto di Frank Sheeran è stata mossa alcuni mesi fa da Slate in un lungo ed interessantissimo articolo, intitolato The Lies of the Irishman, a cui la casa editrice del libro ha risposto con un’altrettanto lunga lettera. Le critiche girano tutte intorno al fatto che sia improbabile che un tuttofare, apparentemente senza grandi ruoli (anche perché di origini irlandesi), possa aver fatto tutto quello che Sheeran ha affermato di aver fatto, compreso un omicidio di grande rilevanza come quello di Hoffa. Per di più l’unico ad aver concretamente accusato Sheeran di un qualche omicidio (non solo quello di Hoffa) è, per l’appunto, Sheeran.

A rincarare la dose ci ha pensato niente meno che Nicholas Gage, autorevole giornalista investigativo del Times e del Wall Street Journal, esperto studioso dei fatti di mafia e scrittore del libro The Mafia is Not an Equal Opportunity Employer del 1971 (nel quale si parla anche della vicenda di Gallo), il quale si è espresso così sul film di Scorsese e sul libro di Brandt: “Non ho letto la sceneggiatura di The Irishman, ma il libro su cui è basato è il racconto di mafia più fabbricato dai tempi della falsa autobiografia di Lucky Luciano 40 anni fa.” Dichiarazione rilasciata sempre a Slate.

Qui di seguito è riportato il video di un servizio di ricostruzione del 2006 riguardo il mistero della scomparsa di Hoffa, durante il quale si può assistere anche ad una testimonianza diretta dello stesso Frank Sheeran.