L’esorciccio: le location del film di Ciccio Ingrassia

L'esorciccio si giova di un'ambientazione dalla personalità decisa come la campagna romana, in cui Ciccio Ingrassia crea le più celebri gag e parodie.

Al suo secondo lungometraggio in veste di regista, Ciccio Ingrassia si cimenta con la parodia più celebre (almeno in terra nostrana) del terrificante film di Friedkin con L’esorciccio, che arriva nelle sale nel 1975 appena due anni dopo l’originale statunitense.

La trama in realtà riporta l’esperienza della possessione demoniaca all’interno di una scenografia profondamente italiana, nella provincia laziale, dove un piccolo paese fa da sfondo allo scontro politico tra due rappresentanti della sparuta comunità. Un aspirante sindaco affronta la possessione dei vari membri della sua famiglia e, incidentalmente, anche di lui stesso, finendo con il contagiare l’intera comunità. L’amuleto satanico che provoca questa sorta di ipnosi passa di mano in mano tra un aspirante sindaco e l’altro, finendo poi letteralmente all’interno del parroco esorcista su cui tutti hanno riposto fiducia piena per porre fine agli strani comportamenti di alcuni cittadini. Il tutto costellato da gag, battute e qualche frecciatina al compagno di tanti film Franco Franchi che rendono l’andamento del film pieni di momenti topici, che rivelano l’attaccamento della rappresentazione alla realtà nostrana.

L'esorciccio - Cinematographe.it

La villa di Ciccio Ingrassia che ospita la famiglia protagonista di L’esorciccio.

L’esorciccio afferma ed esalta la personalità della campagna laziale

Nell’immaginario collettivo L’esorciccio è uno dei film che più rappresenta il cinema anti-intellettuale italiano, ma anche una modalità produttiva a dir poco low cost. Sulla scia di questo spirito fondato sull’arte di arrangiarsi, Ciccio Ingrassia ha personalmente foraggiato la realizzazione del film, offrendo anche una villa di sua proprietà come scenografia principale. La casa della famiglia dell’aspirante sindaco Abate è infatti una dimora intestata all’epoca allo stesso Ingrassia, che si trova nella campagna alle porte di Roma: all’esterno della villa e all’interno delle sue stanze si svolgono le vicende familiari del personaggio di Lino Banfi, che si muove tra oggetti, suppellettili e vestiti da cerimonia affrontando tutte le possessioni dei parenti.

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Le vie di Santa Lucia che fanno da sfondo a L’esorciccio.

Santa Lucia, tra Tor Lupara e Colleverde, viene attraversata più volte dai protagonisti alla ricerca dell’esorcista, regalando al film un’atmosfera fosca e vagamente inquietante, grazie alle strade che attraversano coltivazioni e cascine quasi abbandonate, coronate da una nebbia bassa e densa, quasi a ricordare al pubblico la natura terrifica della storia raccontata. Se lo studio dell’esorcista è avvolto dal verde campestre, il barbiere che cerca disperatamente di sfoltire la barbuta moglie del candidato sindaco si trova nel centro di Mentana, in via Mazzini per la precisione. Sempre a Mentana, ma in piazza San Nicola, si trovano anche gli uffici comunali di Abate, in cui Lino Banfi tesse le sue aspirazioni e brame politiche e sociali.

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Mentana ospita gli uffici comunali e il barbiere de L’esorciccio.

L’esorciccio afferma l’unicità della provincia italiana

La provincia romana contribuisce a creare un’atmosfera particolare in L’esorciccio, in cui da un lato c’è l’ilarità della comicità sfacciata, ma dall’altro lato persiste un’amarezza di fondo, esistenzialmente propria delle persone di provincia, legate a difficoltà e meccanismi di sopravvivenza e di affermazione personale. Fonte Nuova, Santa Lucia, Mentana diventano simbolo della provincia romana, di quella campagna che si sente quasi cittadina ma che mantiene ferme le sue radici agricole. In nome del risparmio produttivo e di una comicità genuina, L’esorciccio sfrutta a pieno la natura genuina della provincia per definire la personalità del film, attraversando vie cittadine e strade sperdute con lo stesso istinto di chi percorre questa distanza tra città e campagna tutti giorni. Lungi dall’essere un vero elogio alla mediocrità, il film sotto la direzione di Ciccio Ingrassia diventa un esempio di espressione cinematografica italiana in tutta la sua genuinità, senza nascondersi dietro finti appunti di alta cultura, semplicemente dichiarando la sua indole a chiare lettere.