Intervista a Selene Caramazza: “Davanti la macchina da presa mi sento libera”
L’intervista all’intensa e talentuosa attrice siciliana, ospite e membro della giuria dell’ottava edizione del Saturnia Film Festival.
Talento cristallino, versatilità e intensità sono parte integrante del DNA e del bagaglio artistico di Selene Caramazza, senza dubbio una delle attrici migliori sul quale il panorama nostrano odierno può contare. Performance come quelle in Cuori puri, Spaccaossa o The Bad Guy ne sono la dimostrazione tangibile. In attesa di vederla sfilare sul red carpet dell’82esima Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia, dove accompagnerà la sua ultima fatica davanti la macchina da presa dal titolo Ammazzare stanca, la trasposizione che Daniele Vicari ha realizzato dall’omonima autobiografia di Antonio Zagari, abbiamo avuto la possibilità di intervistarla e ripercorrere con lei alcune delle tappe più significative del suo percorso. L’abbiamo incontrata nel salotto esclusivo delle Terme di Saturnia Natural SPA & Golf Resort, una delle suggestive location dell’ottava edizione del Saturnia Film Festival, laddove l’attrice siciliana è stata invitata dalla kermesse toscana come membro della prestigiosa giuria.
La nostra intervista all’attrice Selene Caramazza, realizzata in occasione dell’ottava edizione del Saturnia Film Festival, dove ha fatto parte della prestigiosa giuria

Viene da studi in Giurisprudenza. Come e quando è scoccata la scintilla per la recitazione?
“Beh, il momento esatto è stato durante le scuole medie. A me piaceva tantissimo scrivere e non riuscivo a vedermi di fronte a una macchina da presa, perché ero molto timida e introversa. Tuttavia, come accade nel più classico dei copioni, un giorno accompagnando una mia amica giù in Sicilia a fare un provino per un’agenzia, non so perché decisi di provare anch’io. Per la prima volta mi sono sentita libera, senza addosso il giudizio esterno. Mi sono buttata in un altro mondo che non conoscevo e quella sensazione ha iniziato piano piano a lavorare dentro di me. Però in Sicilia non c’era una vera e propria scuola dove imparare il mestiere dell’attore e quindi era difficile avvicinarsi alla recitazione, ma nel frattempo ho iniziato ad andare a comprare con mio padre una miriade di VHS per vedere più film possibili. Poi è successo che, dopo la maturità, mi sono iscritta a giurisprudenza perché non avevo il coraggio di dire ai miei genitori che volevo in realtà andare a studiare recitazione a Roma. Ma quello è stato l’anno in cui dentro di me è scoccata la scintilla, la presa di coscienza che avrei voluto veramente fare questo nella vita, o quantomeno volevo provarci. Alla fine ho deciso di partire e mi sono fatta 14 ore di pullman dalla Sicilia a Roma, dove ho iniziato a frequentare una scuola di recitazione. Però volevo iniziare subito a capire se ero portata e ho iniziato a fare i primi provini di nascosto dalla scuola, perché un conto è avere la passione, un conto poi è veramente vivere di questa passione, stare sul set e lavorare sui personaggi. Prima di terminare il primo anno di scuola sono stata presa nella serie Rai, Catturandi. Da lì è iniziato il mio percorso perché da lì poco è arrivato il ruolo in Cuori puri, quindi possiamo dire che la mia vera e propria scuola è stata il set”.
Rispetto agli esordi come è mutato e si è evoluto il suo approccio al mestiere di attrice?
“Dai miei inizi con Catturandi ad oggi è subentrata una consapevolezza maggiore di quello che significa fare questo lavoro, ma anche della percezione che ho io a livello artistico, oltre a quelle che sono le corde che mi sono più vicine, quelle meno. Tutta questa consapevolezza si acquisisce con il tempo. Penso sempre che con lo scorrere degli anni si acquisisce, da un lato la consapevolezza, dall’altro si perde un po’ quella magia, quel senso di essere un po’ naïf rispetto agli esordi. Con l’esperienza e la maturità è cresciuta anche la capacità di stare su un set, perché vivendolo maggiormente e stando lì anche più volte, pure quando non sono impegnata direttamente nelle riprese, ho imparato ad assorbire il più possibile da colleghi che stimo tantissimo e con i quali ho avuto il piacere e l’onore di lavorare, come ad esempio Luigi Lo Cascio. Quando non giravo The Bad Guy andavo comunque sul set ad assistere alle sue riprese, perché bastava vederlo lavorare per imparare sempre qualcosa di nuovo. Questo perché in generale sono una persona molto curiosa, mi piace osservare, guardare e vedere gli altri attori in azione per carpire segreti del mestiere e farli miei. Quindi nel corso del tempo posso dire di essermi costruita un piccolo bagaglio, fatto anche della visione di tantissimi film. E questo bagaglio è comunque sempre in continua crescita, in continua evoluzione”.
Selene Caramazza: “Faccio moltissima attenzione ai dettagli, perché secondo me sono loro a fare la differenza quando si costruisce un personaggio e si racconta una storia“

È cambiato anche il suo percorso di avvicinamento e di costruzione del personaggio?
“Sicuramente è cambiato molto. Con Cuori puri ho avuto modo di fare una vera e propria full immersion, perché Roberto De Paolis veniva dal documentario e per lui era fondamentale avere un approccio molto veritiero alla storia e ai personaggi. Lì ho avuto modo di stare per tre o quattro mesi in una comunità religiosa, fare veramente un percorso di fede come quello del mio personaggio per cercare di non rimanere in superficie e andare più in profondità. E quindi dal lì in poi è rimasta dentro di me questa metodologia che mi porta a fare anche moltissima attenzione ai dettagli, perché secondo me sono loro a fare la differenza quando si costruisce un personaggio e si racconta una storia”.
Quello di Leonarda Scotellaro in The Bad Guy è un personaggio assai popolare in una serie divenuta a sua volta molto popolare. Crede che questo a lungo andare possa in qualche modo indirizzare la sua carriera verso un tipo di personaggio con caratteristiche ben precise?
“Beh sì è una cosa che ho percepito ultimamente, ma dipenderà da me e dalle mie scelte future evitare che ciò avvenga. Siamo attori e in quanto tali malleabili, nel senso che se ci capita di interpretare spesso personaggi duri non significa che non possiamo fare anche dei personaggi più morbidi, più dolci. Io sono passata da Cuori puri a The Bad Guy proprio perché avevo l’esigenza di far vedere una partitura. A noi attori piace giocare e cambiare. Io sono la prima alla quale non piace stare in una comfort-zone per potere sperimentare il più possibile. A volte invece mi rendo conto che si cerca sempre la via più facile, perché magari ti hanno visto bene in quel ruolo lì, allora pensano che puoi essere giusta per quest’altro ruolo poiché ha caratteristiche simili”.
Selene Caramazza: “La Leonarda di The Bad Guy ha tirato fuori una grinta, una durezza e una spavalderia che non pensavo di avere“

I personaggi che ha interpretato sino a questo momento e la recitazione in generale le hanno permesso di scoprire cose di lei che non pensava le appartenessero?
“Sì, ad esempio la Leonarda di The Bad Guy ha tirato fuori una grinta, una durezza, una spavalderia che non pensavo di avere. È stato uno di quei personaggi che all’inizio mi faceva molta paura perché era totalmente distante da Selene, a cominciare dalla postura e dal modo di camminare. Ricordo che non riuscivo a capire il modo di innescare questa durezza che era proprio una sua attitude identificativa. Leonarda è stato un personaggio che mi ha dato tanto, infatti anche lasciarlo andare una volta terminata la serie non è stato semplice, perché durante l’interpretazione era come fare un percorso terapeutico, una botte di autostima incredibile e mi ha dato la possibilità di scoprire dentro di me anche questo aspetto più duro e spavaldo”.
Ma la Selene attrice è mai entrata in conflitto con uno di questi personaggi?
“No, non mi è mai capitato, perché non li ho mai giudicati, anche quando sono stati chiamati a commettere azioni e a pensare cose lontane da me, che non condividevo. I personaggi tendo a cucirmeli addosso dal momento della preparazione fino alla fine del set. Quando mi è capitato di innamorarmi di loro e di viverli intensamente poi li ho sempre saputi abbandonare al termine della lavorazione di un film o di una serie. A tal proposito mi torna alla mente la Luisa di Spaccaossa. Erano gli ultimi giorni della fine delle riprese e dentro di me sentivo che dovevo iniziare a mollare il personaggio perché stava cominciando a farmi veramente tanto male. Quando succede una cosa del genere mi destabilizza, perché significa che veramente ce l’ho dentro. Quindi arriva sempre un certo punto, un momento, quando magari interpreto dei personaggi molto intensi, molto rotti, che verso la fine sento che è arrivato il momento di lasciarli andare”.
Selene Caramazza: “Cerco sempre dei personaggi che mi diano la possibilità di scavare veramente con i piedi nelle cose“

C’è un progetto al quale è legata che non ha raggiunto gli esiti sperati e uno invece che l’ha sorpresa per i risultati che è riuscito a raggiungere?
“Il progetto che secondo me non ha raccolto ciò che meritava per i valori espressi e le qualità che c’erano dietro è L’Ora – Inchiostro contro piombo, dove interpreto Olivia Butera, fotografa della redazione del quotidiano palermitano. È stato un grandissimo peccato perché secondo me è una miniserie ben confezionata, che meritava di più. Non so cosa sia andato male, ma la collocazione infelice all’interno del palinsesto tra giugno e luglio non ha sicuramente aiutato a darle la giusta visibilità. Nemmeno la rete che l’ha trasmessa rispecchiava a mio avviso quel genere di serialità. Diverso il discorso per Cuori puri, il cui successo ci prese tutti alla sprovvista. Ricordo che se ne parlò tanto a livello di critica sin dalla sua anteprima mondiale al Festival di Cannes. La cosa ci sorprese tantissimo, soprattutto perché si trattava di un esordio ed era la prima volta un po’ per tutti al cinema, per la produzione, per il regista e per molti interpreti, me compresa”.
Cosa non deve mai venire a meno e spera di trovare in un personaggio o in un progetto che le viene proposto? C’è qualcosa che guida le sue scelte da un punto di vista anche empatico, razionale o irrazionale?
“Quando leggo la sceneggiatura di un film o di una serie vado molto d’istinto per vedere cosa mi lascia a un primo impatto. Diciamo che la testa ce la metto dopo. Sicuramente quello che non deve mancare nei miei personaggi è la tridimensionalità, la profondità, perché cerco sempre delle figure che magari parlano poco e raccontano più attraverso lo sguardo. Questo perché credo che a volte nella vita si debba parlare molto meno per comunicare di più attraverso gli occhi, i silenzi e le azioni. Quindi cerco dei personaggi che mi diano la possibilità di scavare veramente con i piedi nelle cose”.