Sebastián Lelio: l’amore transessuale, il Cile e Pablo Larraín

Il Cile, l'aiuto di Pablo Larraín, l'intesa con l'attrice trans Daniela Vega. Il regista Sebastián Lelio racconta i retroscena del film Una donna fantastica.

Sebastián Lelio torna al cinema dopo il suo esordio alla regia con Gloria per dirigere un dramma dalle tinte dolci e dolorose: Una donna fantastica è il nuovo film del cineasta cileno che racconta di un amore morto tra le braccia di un sentimento considerato sbagliato, la diversità di un uomo che, diventato donna, ha amato ed è stato privato della metabolizzazione del lutto quando quel sentimento si è perso in una notte.

Mentre dovremo attendere il 19 ottobre per vedere al cinema Una donna fantastica, oggi il regista Sebastián Lelio ha incontrato la stampa dando così la possibilità di saperne di più sulla sua nuova pellicola.

Sebastian, come si è sviluppato il progetto del film? Avevi già questa storia in mente e poi hai incontrato l’attrice Daniela Vega o viceversa?

“Sono state due cose che sono progredite simultaneamente. Eravamo partiti con la domanda di cosa sarebbe successo se una persona amata muore tra le braccia della persona sbagliata, perché considerata la peggiore dalla società, ma soprattutto dalla famiglia. Così è venuta l’idea di fare del nostro personaggio un transgender.

Nel frattempo sono successe due cose: ho sentito la necessità di interrompere la scrittura e di partire da Berlino, città in cui mi trovavo, per tornare a Santiago ed incontrare persone che mi avrebbero potuto dare una mano con i cliché nei quali rischiavo di incappare nella realizzazione del film. Cercavo quindi una consulente culturale e tutti quanti continuavano a dirmi che dovevo assolutamente incontrare Daniela.

Così ci siamo conosciuti ed è stata una cosa fantastica, ha influenzato molto il lavoro di cui è diventata pietra miliare e anche la mia vita, perché sono rimasto veramente colpito dalla sua persona e mi ha fatto capire che volevo raccontare veramente questa storia, accettare la sfida. Ci siamo tenuti in contatto tramite Skype, ci siamo subito voluti bene e mi ha chiarito tanti dubbi. È stata sua l’idea di scegliere come lavoro per Marina il canto lirico. Alla fine mi sono state chiare tre cose: volevo fare questo film, volevo che ad interpretarlo fosse un’attrice transessuale e volevo che fosse Daniela. Dopo aver letto la sceneggiatura ha subito accettato”.

In Cile Daniela Vega era già un personaggio pubblico o lo è diventato in seguito all’uscita del film?

“Non era famosa prima, ma dopo aver fatto il film è diventata veramente una figura nota e penso che questo significhi che il Cile è finalmente pronto a creare spazio pubblico anche a queste realtà. Ora sta girando per programmi televisivi, radiofonici, è diventata il volto di un’importante catena di centri commerciali. La società cilena è in trasformazione e si capisce dalle gigantografie che si vedono di lei in giro. Questo presenta però due lati: uno è quello di chi trova che sia stata assorbita da questa rete, ma l’altra è sempre caratterizzata dal fatto che si tratta di un’attrice transessuale, il che è un messaggio importante.”

Nel film ha una presenza molto rilevante la musica, in più la protagonista Marina è anche una cantante lirica. Come è stato integrato questo elemento all’interno di Una donna fantastica?

“Ci sono stati due livelli di lavorazione: uno che viene direttamente dall’interno del personaggio, poi quello prettamente legato alla colonna sonora. Avevo la necessità che la soundtrack avesse il giusto tocco classico. Poi Daniela nella vita è una cantante lirica, ma nella sceneggiatura avevo scritto che Marina eseguiva canzoni popolari. Allora è subito venuta da me dicendo che non ne era in grado di prestarsi a questa musica essendo veramente difficile per un cantante di impostazione lirica prestarsi a tale tipologia di canto. Io le ho detto che avrebbe imparato, come si fa per qualsiasi cosa. Due giorni prima di girare viene nel mio ufficio, chiude la porta e si mette a cantare una lirica barocca. Non ho potuto fare altro che dirle di andare via che dovevo subito mettermi al lavoro e cambiare la sceneggiatura.”

Sebastián Lelio: “Daniela è stata fondamentale per la realizzazione del film, mi ha fatto capire che volevo affrontare questa sfida.”

Daniela Vega e Francisco Reyes creano un’alchimia veramente dolce e intensa sullo schermo, come hai lavorato con loro per portarli a questo piano di intimità?

“Non mi piace fare prove prima di girare, però per me è importante creare uno spazio di fiducia dove gli attori si sentano sicuri di potersi lasciare andare, sapendo che ci sono io a prendermi cura di loro. Daniela e Francisco sono stati fantastici e li ringrazio per l’umanità che hanno portato nelle loro scene.”

Con Una donna fantastica hai voluto dire a modo tuo che è importante lottare affinché ognuno possa amare chi vuole?

“Vedendo il recente passato del Cile si sente il dispiacere di non poter dire addio alle persone amate, sentimento che nel Paese è stato vivo a causa della situazione politica. Ma oltre a esplorare questo aspetto per me era importante capire cosa la famiglia trovasse disturbante nella figura di Marina, perché sentivano nei suoi confronti questa paura. Solo il cane non aveva alcun pregiudizio e questo ci dice due cose: o siamo dei cani o possiamo migliorare il nostro essere umani almeno guardando ai loro comportamenti. Sento che più che dare risposte, il film ponga molte domande.”

Per un regista che viene dal cinema indipendente il lavoro di messa in scena, soprattutto basato sulla fotografia, sembra molto diverso dai soliti standard, molto più strutturato. Come è stato costruito?

“Effettivamente trovo che a differenza del tema che viene trattato in Una donna fantastica, la messa in scena sia il suo opposto. Si racconta un tema duro, però ho cercato nel grande lavoro con la luce una certa bellezza, come la cura estetica che ripongo nel personaggio di Marina. Trovo che sia un vero atto d’amore nei confronti del film.”

Tra i produttori di Una donna fantastica compaiono anche i nomi del regista cileno Pablo Larraín e la regista tedesca Maren Ade, come nasce questo insieme di sinergie?

“Sì, è una co-produzione molto ampia, c’è anche un media partner americano. Pablo lo conosco da quando eravamo piccoli e Maren ho avuto modo di incontrarla mentre ero a Berlino. Dopo aver visto Gloria mi ha detto che se avessi voluto intraprendere una co-produzione per futuri film sarebbe stato un piacere.”