Marco Filiberti e il cast parlano di Parsifal, un film fuori dagli schemi

Il nostro incontro col regista e col cast di Parsifal.

In uscita nelle sale italiane il 23 settembre 2021 distribuito da 30 Holding, Parsifal è, secondo la definizione dell’autore Marco Filiberti, “un’opera cinematografica”. Una definizione che va tenuta a mente, sarebbe sbagliato parlarne in termini semplicistici come di un film. Ha da poco vinto il Flickers Rhode Island International Film Festival, e davvero assomiglia a poco altro nel panorama contemporaneo. Rilettura – adattamento – rielaborazione dell’omonimo mito cristiano venato di spiritualità e dal passo epico. Riluttante, più corretto dire ostinato, nel negare di uniformarsi al sentire comune a proposito della gestione del tempo e degli spazi, dell’uso della musica, del rapporto dell’attore con il proprio corpo e l’ambiente.

Il controverso lavoro di Filiberti prende le distanze dalle convenzioni già al via, partendo dalla sua tortuosa e complicata gestazione. Parola di regista. “Anche il processo di selezione degli attori non è stato ordinario. Alcuni come Matteo Munari e Diletta Masetti (che intepretano le parti di Parsifal e Kundry ndr) erano presenti in partenza, poi ci sono stati anche provini e audizioni, certo. Ma non abbiamo mai lavorato sul biografico di ciascuno di loro. Il tempo dedicato alla preparazione non è stato usuale. Abbiamo collaborato con un coreografo, dal momento che ogni movimento, ogni gesto doveva essere distribuito in ogni parte del corpo.

Marco Filiberti progetta la struttura di Parsifal rapidamente, mentre il cast ne apprezza l’originalità

Parsifal cinematographe.it

Il protagonista Matteo Munari loda “un progetto difficilmente raccolto nella pellicola. Va oltre. Il mio lavoro sul film è stato a togliere, per arrivare a una condizione di purezza o tensione che permettesse al mio Parsifal di compiere la sua missione. Qui il gioco era non fare, abbandonarsi, e piuttosto essere qualcosa.” La partner sulla scena Diletta Masetti appare “estrememamente invidiosa del mio personaggio: la massima estensione di ciò che il femminile desidera. Prostituta e mistica, tenuta insieme dall’Eros“. In generale il resto del cast, composto oltre ai due sopra citati e lo stesso Filiberti, da Giovanni De Giorgi, Luca Tanganelli, Elena Crucianelli e Zoe Zolferino, si conferma sulla stessa lunghezza d’onda. Apprezzando dell’opera una visione del femminile pertinente all’oggi, pura, Emily Dickinson e Marylin Monroe nello stesso personaggio (questo la Zolferino), e in genere, un modo diverso di vedere l’arte.

Curioso che Marco Filiberti ricordi addirittura il momento estatto in cui il film prende forma. “13 luglio 2017. Mi sono svegliato quella notte e ho cominciato a scrivere la struttura, trasportato da una forza non mia, in meno di tre settimane. Rimasta invariata, sostanzialmente, fino al montaggio compiuto. Una prima stesura nell’estate del 2017, poi una seconda nel 2018“. La rapida china dell’ispirazione ha avuto come contrappunto una serie di sviluppi imprevisti a metà del guado “una crisi esistenziale che mi ha costretto a lasciare senza nemmeno sapere se sarei ritornato. Mi sono dedicato al Cammino di Santiago indugiando nel percorso, ho impiegato più tempo del solito. Poi quando sono ritornato il lavoro è proseguito più intensamente“.

Lavoro frammentario “solo gli attori, mancava ancora il film. Non è stato facile produrlo, un conto è vederlo realizzato, un conto leggere la sceneggiatura“. Nel segno di un’arte collaborativa, Filiberti non esita a riconoscere i meriti e gli sforzi di due collaboratori chiave del progetto. “Un lavoro scenografico enorme. Marco Toscano, direttore della fotografia, Livia Borgognoni, scenografa. Non dovevano limitarsi a sostenere l’opera, ma fare autonoma narrazione”.

Marco Filiberti spiega la ragione per cui ha scelto Parsifal, quali sono le caratteristiche del protagonista e come “leggere” la cronologia del film

marco filiberti  marco filiberti  Parsifal cinematographe.it

Se di anomalia si parla, quando si parla di Parsifal, questa va moltiplicata e scomposta, sezionata in riferimento ai tanti rivoli che compongono la materia dell’opera: struttura, sceneggiatura, pensiero coreografico. E soprattutto, profondità d’analisi. Del tutto sproporzionata, rispetto alla media del periodo, la complessità dell’opera è “vivisezionata” dall’autore. Perché proprio Parsifal? Perché ora?Oggi siamo al centro dell’apocalisse” spiega Filiberti, regista, scrittore, drammaturgo, attore  “con relativo crollo della civiltà e del corredo antropologico. Le arti sono in ritardo nell’annunciare nuovi cieli e nuove terre, mentre il collasso è visibilissimo. Parsifal è un personaggio apocalittico, nel suo caso mostrare il disfacimento è facilissimo, perché è già avvenuto. Pure il destino è luminoso” prosegue ottimista “e redentivo, e il compito dell’arte sarebbe mostrarlo. Meglio dire, inverarlo“.

Radiografia di un protagonista “Parsifal appartiene all’epica cristiana ma le sue radici, come tutti gli archetipi, vanno oltre. La vicenda è quella dell’uomo che ha la forza di rinunciare, di rendere. Di rendere tutto ciò che ne struttura l’identità. In Parsifal la resa è un desiderio non barattabile“.

Per concludere, in riferimento al gioco del tempo nell’opera “ Il porto di Odessa che apre il film è la terra desolata, tutte le terre desolate. Il debito verso T.S. Eliot è evidente. Riflesso della condizione umana, i personaggi non possono evolvere. Il quando è il primo Novecento, epoca di Nietzsche, profeta della decadenza. Poi c’è l’Alto Medioevo, epoca di spiritualità investita di regalità e gerarchia. Segue l’umanità situata in un bordello, gli anni sono quelli antecedenti alla Seconda Guerra Mondiale. L’ultimo momento in cui gli uomini avevano un corredo di mitizzazione. Il concetto di Eros, il maschile e femminile. Poi c’è stata la perdita dell’identità“.