Manuel Agnelli, la voce di Tutankhamon si racconta tra religione e archeologia

In occasione della presentazione di Tutankhamon. L’ultima mostra abbiamo incontrato il regista Ernesto Pagano, il fotografo e storico Sandro Vannini e Manuel Agnelli che presta la sua voce alla narrazione del film, al cinema solo dal 9 all'11 maggio 2022.

Tutankhamon. L’ultima mostra è un documentario storico che si avvale della voce di Manuel Agnelli, della regia di Ernesto Pagano e della fotografia di Sandro Vannini per raccontare, con un linguaggio inedito, la storia del famoso faraone bambino, avvolgendo la narrazione in una contemporaneità che trasmette un richiamo affascinante e fornisce informazioni che si sommano a quanto fino ad ora tramandato dalla storiografia.

Il film, disponibile al cinema soltanto il 9, 10 e 11 maggio 2022, riporta con minuzia di particolari le fasi operative e l’organizzazione scientifica della mostra itinerante allestita per celebrare il centenario della scoperta della tomba di Tutankhamon.
Ricostruzione storica, materiale fotografico, testimonianze, video, contributi scientifici, architetture e installazioni; elementi che concorrono a sottolineare la complessità nel proporre ai visitatori reperti storici che fanno parte dell’immenso e meraviglioso tesoro venuto alla luce grazie agli scavi archeologici condotti dall’egittologo britannico Howard Carter. 

La narrazione è affidata alla voce di Manuel Agnelli, produttore discografico, fondatore e frontman del gruppo alternative rock Afterhours, conosciuto anche dal pubblico televisivo per la partecipazione a X-Factor. La sua presenza in questo contesto può stupire solo chi non sa che Manuel Agnelli sin da bambino ha coltivato la curiosità per la cultura e la civiltà dell’Antico Regno egizio; in modo particolare è sempre stato attratto dalla figura del faraone bambino e dal mistero che dalla scoperta della tomba suscita da sempre.

Agnelli, presente a Milano per l’anteprima del documentario, nonostante la sera prima si trovasse a Roma per festeggiare il riconoscimento ricevuto con il David di Donatello, ha risposto volentieri alle nostre domande intrattenendo una piacevolissima conversazione e soffermandosi non sull’aspetto strutturale del lavoro in presentazione quanto su ciò che la scoperta della “mummia” ha generato nel corso di tutto il Novecento.

Manuel Agnelli: la nostra intervista alla voce narrante di Tutankhamon. L’ultima mostra

manuel agnelli cinematographe.it
Manuel Agnelli 2 ©Laboratoriorosso Productions

Nel documentario emerge costantemente il sentimento del “mistero” che segue alla scoperta della tomba di Tutankhamon; la “maledizione della mummia” sembra condizionare e nello stesso tempo enfatizzare il ricordo di un personaggio che nella storia occupò uno spazio quasi irrilevante. Sicuramente il momento storico in cui è avvenuta la scoperta è tra i più tristi di sempre e sembra amplificare il bisogno di relazionarsi con un aldilà ignoto, incomprensibile, che va oltre la ragione umana.

“In realtà io non mi sono mai accostato all’Egitto spinto da una curiosità mistica; ciò che mi ha sempre interessato è conoscere la sua storia, la cultura, il tipo di civiltà. Non sono legato all’Egitto per questo anche se riconosco che tutto ciò ha un suo fascino. Non essendo un credente non credo in un aldilà tanto meno in ciò che deriva da un immaginario comune dettato in termini strettamente religiosi.  Ovviamente comprendo lo sforzo di ogni uomo nel dover dare, a tutti i costi, un senso che possa essere oltre l’esistenza … che in fondo è un non accontentarsi e un non arrendersi a cosa l’uomo effettivamente è, un usurpatore della terra, un coinquilino in debito, per cui io credo sia un interesse che vuole a tutti i costi trascendere la razionalità, forse per questo dico che questa attrazione appartiene più ad un aspetto emotivo. Non sono credente, non credo in un aldilà, sicuramente non così come è raffigurato, credo ma in maniera del tutto pagana e forse barbara, al trasferimento di un’energia. Chiaramente sul piano scientifico avrà un senso più preciso, ma sono convinto dell’esistenza di una energia. Le credenze credo siano istallazioni umanissime, legate ad un business pubblicitario che illude, ipnotizza e sicuramente funziona, ma perché l’uomo prova gusto in tutto questo, lo stereotipo della mummia, è un’immagine che vende, che inquieta e che amplifica l’immaginazione assecondando la crescita del fenomeno.”

È impressionante nel documentario come si sovrapponga alla figura del faraone una “visione moderna”. La folla di visitatori che accorrono nel 1972 a Londra per la prima mostra su Tutankhamon, pari alla folla di spettatori in un concerto dei Beatles della stessa epoca. Questo costante parallelismo tra una realtà mistica e visionaria e una realtà del cult mondano che fa gli stessi numeri.

“Si, è così!” – ha asserito Agnelli – “Tutankhamon è stato celebrato quasi come fosse rockstar. Onestamente credo che oggi non succederebbe, stiamo scoprendo altre stelle e la cosa sembra attrarre o interessare solo chi esegue i lavori o solo chi fa parte di quel settore. C’è molta superficialità, seguiamo le regole dell’immediatezza, tutto è velocizzato.  Tutankhamon è un fenomeno mediatico del Novecento! Un fenomeno oggi che possa attrarre come il giovane faraone? Si assiste alla nascita di pop star che durano l’arco di un giorno; la responsabilità è dei media che investono sull’immagine senza restituire poi niente al talento. La nostra è una società solo apparentemente inclusiva, che segue la tendenza del momento, che insegue l’attimo e subito dopo lo dissolve. No, sono convinto che oggi una scoperta del genere non avrebbe spettinato nessuno più di tanto”.

Un lavoro d’archivio di una scoperta nel Novecento. L’intervista al regista e al fotografo del film

Tutankhamon. L’ultima mostra cinematographe.it

Il documentario è una collaborazione tra il regista Ernesto Pagano e il fotografo/storico Sandro Vannini, che abbiamo avuto l’onore di intervistare. Come ci ha detto Sandro Vannini: “Nel lavoro è chiara una lettura attenta di quanto accade dietro le quinte, del lavoro ma anche della grande responsabilità che c’è dietro l’allestimento di una mostra così importante. Indubbiamente è un lavoro che richiede la massima attenzione, un lavoro reso possibile anche grazie alla passione che da anni mi trasmette la storia di Tutankhamon. Mi occupo di questo progetto da molti anni questo mi ha consentito l’accesso in ambienti non riservati al pubblico, e ciò mi ha investito di una responsabilità particolare.”

Il documentario fa intendere la cura riposta per garantire la massima protezione verso gli oggetti dal valore inestimabile per limitarne ogni possibile rischio. A tal proposito il regsita Ernesto Pagano ha spiegato: “Si, piano piano entri e capisci bene questo aspetto che nel lavoro è stato rilevante. Più ti avvicini ad un oggetto più ti rendi conto quanto sia fragile e quanto un piccolo gesto possa compromettere tutto.”

Nella nostra conversazione col regista e col fotografo del film ci siamo focalizzati su Tutankhamon inteso come fenomeno occidentale: è impressionante come nel film emerga un chiaro parallelismo tra due realtà e due tempi differenti che, però, sembrano coincidere. Un sovrano vissuto migliaia di anni fa sembra quasi ricordare un diciannovenne di oggi. Piccoli dettagli di una quotidianità che sembrano smontare il luogo comune generato da una particolare idea di “sovranità santificata. La scoperta della tomba di Tutankhamon avviene nel 1922 con i primissimi media, questo ha contribuito alla crescita di interesse scaturendo una curiosità che oggi sarebbe insolita verso un evento del genere.

Come ci ha detto Ernesto Pagano: “C’è da considerare che la scoperta avviene in un periodo del Novecento di forte evoluzione, soprattutto dal punto di vista mediatico. È quasi impressionante come Tutankhamon che nella storia egizia non ha un ruolo così fondamentale, venga acclamato come un fenomeno grandissimo dalla civiltà occidentale, divien quasi una ossessione dal punto di vista pubblicitario, è un nome che vende e che paradossalmente si trova sulle scatole di cereali nelle iconiche confezioni degli anni 20”.

La leggenda “occidentale”, un supereroe che combatte le tenebre la notte per risorgere il giorno, è un aspetto molto affascinante e del tutto nuovo che sveste un po’ quella che è la solita evoluzione storica raccontata su qualsiasi manuale. A proposito di ciò Ernesto Pagano ci dice che “La scoperta della tomba di Tutankhamon ha segnato la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra. C’è da considerare che la tomba è un tesoro di entità ineguagliabile rispetto a tutti i ritrovamenti avvenuti. È stata trovata una ricchezza enorme se si considera anche non si tratta di un faraone importante sul piano della, eppure degli altri non è stato trovato assolutamente nulla. Gli egiziani sono stati sconvolti da questa scoperta, hanno iniziato a capire quali ricchezze avevano, tanto che da quel momento hanno adottato un controllo molto più severo”.

Infine e in riferimento alla fotografia, la cui importanza viene ribadita più volte nel documentario come massima fonte di ricostruzione, anche per un processo storico di questa portata, Sandro Vannini ha sottolineato che “Questo documentario si basa soprattutto su un lavoro di archivio. La foto e l’aspetto mediatico sono stati i fulcri di tutto il lavoro, hanno rappresentato il focus dell’intera narrazione. Certo non è stato un lavoro semplice, causa covid e conseguenti rallentamenti”.