Lupo Bianco, per il cast e gli autori è “un film sulla rinascita”

In una pausa del set vercellese della nuova pellicola di Tony Gangitano sulla vita del filantropo Carlo Olmo, Cinematographe ha incontrato e dialogato con alcuni membri del cast e con gli autori del film di prossima uscita.

Sono in corso sino al 30 giugno 2021 a Vercelli le riprese del film Lupo Bianco, ultima fatica dietro la macchina da presa di Tony Gangitano, in cui il regista siculo porterà sul grande schermo le gesta del filantropo vercellese Carlo Olmo, soprannome del grande benefattore insignito lo scorso ottobre della Onorificenza di Cavaliere ‘Bianco’ al merito della Repubblica Italiana dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella.

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La pellicola racconterà la storia di un orfano che ha fatto dell’amore ricevuto un moltiplicatore di opportunità. Per farlo, il film parte della sua vita privata per essere arrivare al grande pubblico grazie all’idea dell’attore Diego Cammilleri, che per anni ha lavorato nella Prefettura di Vercelli, prima di sposare l’arte della recitazione. Cammilleri, infatti, colpito dalle vicende di Carlo Olmo e dalle sue incredibili donazioni durante il Covid – dalle migliaia di mascherine donate alle charity tour con 24 tonnellate di derrate alimentari portate con i pullman alle famiglie bisognose fino alle stanze degli abbracci per bambini e case di riposo – ha proposto a Olmo la sua idea, che adesso sta diventando un’opera per il grande schermo.

Per il produttore Antonio Chiaramonte, Lupo Bianco nasce dal desiderio di utilizzare il cinema quale strumento per diffondere un messaggio di legalità

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In una delle pause del set abbiamo avuto la possibilità di incontrare alcuni interpreti, gli autori e dei rappresentanti della produzione nel corso di una conferenza stampa organizzata in una delle sale meeting del Modo Hotel, che ospita il cast e la troupe nelle settimane di riprese in quel di Vercelli. A rompere il ghiaccio ci pensa il produttore Antonio Chiaramonte, che ha illustrato ai giornalisti presenti i motivi che lo hanno spinto a puntare su questo progetto: “la decisione di produrre il film Lupo Bianco nasce dal desiderio di dare ulteriore consistenza alla scelta della Società CinemaSet rispetto a un impegno di utilizzare il cinema quale strumento per diffondere un messaggio di legalità.  La pellicola racconta la storia di un bambino che nasce e cresce nell’assoluta deprivazione familiare e affettiva, che sino all’età di sette anni vive in un orfanotrofio, vittima di violenze fisiche e morali e viene salvato da un avvocato che decide di adottarlo e che lo ricolma d’amore.

Inizia una nuova vita, la sua ricostruzione fisica, psicologica e culturale, diventa un uomo adulto. E memore della sua esperienza decide di dedicare la propria esistenza agli ultimi, ai minori disagiati. Questa storia ha un forte valore simbolico e un messaggio importantissimo da trasmettere ai giovani, ossia quello che una persona, pur venendo da una condizione familiare critica, può dare vita a un riscatto e non rimanere vittima della criminalità organizzata, che arruola le proprie leve tra le fasce più deboli e giovani delle grandi città.  Il film è dunque tragico, ma è anche portatore di un messaggio di riflessione e speranza per i ragazzi. Motivo per cui faremo di tutto per portarlo nelle scuole e avviare con i giovani un confronto”.   

Carlo Olmo: “dedichiamo il film ai medici del vercellese che hanno dato la vita nell’adempimento del loro dovere nella battaglia contro il Covid-19

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Carlo Olmo

A preso poi la parola Carlo Olmo, la cui straordinaria e complessa esistenza è diventata la materia narrativa e drammaturgica del film: “Rai Tre ultimamente ha mandato in onda una trasmissione indicando me come uno dei nuovi eroi, in quanto Cavaliere ‘Bianco’ al merito della Repubblica Italiana, ma ritengo che i veri eroi siano in realtà Bellan, Barillà e Cavallero, tre medici che nel vercellese hanno dato la vita nell’adempimento del loro dovere nella battaglia immane contro questo mostro e a quali, d’accordo con la produzione e il regista, abbiamo deciso di dedicare questo film. Mi piace l’idea che i loro nomi vengano legati alla memoria di quest’opera, diventando al contempo anche patrimonio del sacro di questo territorio e di una lotta che è costata la vita a oltre centomila persone in Italia e tre milioni in tutto il mondo. Quindi ricordiamoci sempre di questo dramma e da dove stiamo uscendo. 

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Carlo Olmo e Sebastiano Somma sul set di “Lupo Bianco” (©Sabrina Dattrino)

Detto questo, tutte le volte che sul set vedo Sebastiano Somma che si rivolge a Morgana Forcella chiamandola Angela e viceversa, rimango confuso e non capisco cosa stia accadendo. All’improvviso mi ritrovo catapultato in un altro mondo, che è qualcosa di incredibile perché non lo credevo possibile. E lì capisce tutta la professionalità e la bravura degli attori, nel rendere cose queste possibili. Del resto in latino la parola “persona” si chiama “maschera”, ciò quello che loro riescono a mascherare essendo persone. E nel farlo riescono a trasmettere un’emozione fortissima. Da quando Somma e la Forcella interpretano le scene di vita quotidiana e anche quel del dramma che è stato vissuto in quei mesi, mi capita di commuovermi sempre.  Se queste stesse emozioni, come sono sicuro accadrà, verranno trasmesse sullo schermo una volta finito il film, allora sarà qualcosa di completamente magico”.

Sebastiano Somma: “determinazione e leggerezza rappresentano le diverse sfumature del personaggio principale”

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Morgana Forcella e Sebastiano Somma sul set di “Lupo Bianco” (©Sabrina Dattrino)

Chiamati in causa, i due attori, che vestono reciprocamente i panni del protagonista adulto e di sua moglie Angela hanno raccontato i loro percorsi di avvicinamento ai personaggi. Da una parte Sebastiano Somma si è concentrato sulla costruzione della figura che gli è stata affidata e sugli aspetti sui quali ha deciso di soffermarsi: “le riprese si sarebbero dovute svolgere mesi fa, ma le note cronache pandemiche hanno costretto la produzione a uno slittamento. Ma adesso siamo qui, in questa bellissima città che fa da cornice agli eventi che è Vercelli, per le riprese di un film che mi auguro abbia un percorso molto lungo e fortunato, perché se lo merita. È una lavorazione molto complessa sia per il periodo che stiamo vivendo, ma anche per quello che viene raccontato e per gli stadi emozionali che attraversa. Quello che viene narrato è tutto straordinariamente vero. E questa sarà la forza del film, ossia un mix potentissimo di storia personale e di rapporti che Olmo ha costruito negli anni. Un mix che troupe e cast sta cercando di ricostruire giorno dopo giorno, anche grazie alla condivisione dentro e fuori dal set con i veri protagonisti di questa vicenda. La loro presenza ci dà una grande sicurezza e anche la possibilità di carpire spunti, emozioni, sensazioni, sguardi e gesti, sui quali contare nel corso della lavorazione. 

Tra le varie cose che ho chiesto a Carlo Olmo leggendo e rileggendo la storia era quanto ci fosse di vanità in questo suo desiderio di raccontare e raccontarsi. Mi interessava sapere cosa ci fosse oltre. Le cose che mi sono rimaste dentro ascoltando le sue risposte e che vorrei emergessero, sono il colmare dei vuoti importanti della sua esistenza e il percorso di assunzione di responsabilità nei confronti della vita, quindi il donare agli altri quello che lui ha ricevuto. Vorrei che venissero fuori questi due aspetti della storia, uniti anche a una determinazione e a dei momenti di difficoltà e di leggerezza che mescolati daranno origine alle diverse sfumature del personaggio principale”.

Morgana Forcella: “la caratteristica di Angela è quella di essere una persona molto discreta e instancabile”       

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Morgana Forcella

Morgana Forcella ha parlato invece del suo rapporto con il personaggio e del suo incontro con la vera Angela: “la caratteristica di Angela è quella di essere una persona molto discreta e instancabile. Lei rappresenta il motore insieme a Carlo, che ritengo un moltiplicatore di opportunità, di tutto quanto quello che stiamo raccontando e che vedremo sullo schermo. Sono onorata dell’opportunità che mi è stata data di interpretarla in questo film. Attraverso di lei e la vicenda personale di suo marito, io e gli altri attori presenti nel cast stiamo acquisendo un grandissimo bagaglio umano che proviene anche dalle tantissime emozioni che viviamo giorno dopo giorno sul set. Essere accompagnati nel corso delle riprese dai veri protagonisti di questa meravigliosa storia, attingere continuamente da loro, è un’opportunità immensa, che ci arricchisce di emozioni giorno dopo giorno. Spero che saremo all’altezza di rendere questa loro vita così intensa e al servizio degli altri”.

Francesca Rettondini: “fatalità mi trovo a interpretare un ruolo che è stato determinante nella fase più acuta della pandemia”

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Francesca Rettondini sul set di “Lupo Bianco”

Se c’è un aspetto che ha colpito moltissimo del periodo più doloroso della pandemia è stato il bombardamento delle immagini che ci hanno mostrato la sofferenza e il sacrificio che hanno dovuto affrontare i medici e gli infermieri per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Sul tema si è pronunciata l’attrice Francesca Rettondini, che in Lupo Bianco ha indossato il camice per interpretare il ruolo della Dottoressa Carrisi: “nel film incarno una delle tante figure che abbiamo visto in televisione e non solo, appartenenti alla categoria degli operatori sanitari che si sono prodigati in questo periodo così complesso per la lotta al Covid-19. Li abbiamo visti soffrire, lavorare tanto sino allo stremo delle forze e molti di loro anche morire. Fatalità mi trovo a interpretare un ruolo che è stato determinante nella fase più acuta della pandemia. Spero con tutto il cuore con questa interpretazione di essere riuscita a trasferire sullo schermo il sacrificio e le tante emozioni che lei, come tanti altri dottori come lei, hanno affrontato in quei momenti. Momenti che hanno segnato profondamente tutti noi, le cui cicatrici ce le porteremo dietro per il resto delle nostre vite. Grazie alla produzione e al regista per avermi dato l’occasione di interpretare questo personaggio così toccante”.

Tony Gangitano: “la scelta degli attori è stata molto lunga e impegnativa

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Tony Gangitano

E sull’importanza degli attori si è pronunciato il regista Tony Gangitano: “la scelta degli attori è stata molto lunga e impegnativa , ma si sta rivelando determinante nel corso delle riprese, a cominciare da quella di Sebastiano Somma che nel film veste i panni di Olmo da adulto e ci sta regalando delle emozioni fortissime. La possibilità di potere contare su interpreti di grandissima bravura come lui, Remo Girone, Vincent Riotta o Morgana Forcella, Guia Jelo e Francesca Rettondini, non può che essere un valore aggiunto per un film, alla pari di tutti gli altri e numerosi attori che sono entrati a far parte del ricco e variegato cast. Si tratta, infatti, di una storia popolata da un universo di personaggi molto vasto, poiché il racconto si articolerà all’interno di un arco temporale che comprende la vita di Carlo Olmo dalla sua nascita nel 1965 sino ai tempi della pandemia di Covid-19 (durante il quale interverrà attivamente aiutando la popolazione in difficoltà), passando per altre tre date storiche che sono il 1972, 1990 e il 2005. A tal proposito il personaggio principale verrà interpretato da attori diversi, conosceremo un Carlo bambino, un Carlo adolescente e un Carlo adulto. Quindi per coprire queste diverse stagioni della sua esistenza abbiamo dovuto chiamare in causa un numero significativo di attori. Cast alla mano ne avremo in azione all’incirca una quarantina, tutti accuratamente selezionati al fine di rappresentare al meglio le varie decadi percorse dalla narrazione e la multiculturalità che caratterizza questa storia.

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La multiculturalità del plot è data da alcune figure che ricoprono un ruolo chiave nel racconto come quello del cinese Jin (qui interpretato da Shi Yang Shi), primo maestro di arti marziali di Carlo nonché mentore e amico, per la cui scrittura e caratterizzazione ci siamo ispirati all’antico testo del Tao Te Ching. Libro sacro per il taoismo, che racchiude quegli elementi di Filosofia orientale e Kung fu propri della visione e del percorso del nostro protagonista. Allo stesso modo conosceremo la figura di Ding, una donna dell’antichità che 3500 anni prima perse un figlio ucciso dal Nian, leggendario mostro cinese che troveremo all’interno del film. Ding interagirà con Carlo avvertendolo ogni qual volta il Nian si avvicinerà, spingendolo a combattere per vendicare il figlio e difendere l’umanità. Sarà Guia Jelo a vestire i suoi panni e contemporaneamente quelli della docente di lingua Copta. La vedremo in azione durante le scene del Capodanno cinese”.

Stephanie Beatrice Genova: “Ia vicenda narrata nel film è portatrice di una serie di messaggi molto importanti”

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Ad approfondire alcuni aspetti chiave del racconto è intervenuta Stephanie Beatrice Genova, autrice dello script insieme ad Alessandro Ferrara: “da sceneggiatrici ho amato questa storia da subito e l’ho sentita vivere in me al punto tale da volermi avvicinare ancora di più a colui che ne è il vero protagonista, ossia Carlo Olmo, per raccontare una figura che è al contempo bellissima e assai complessa. La vicenda narrata nel film è portatrice di una serie di messaggi molto importanti, ma è anche capace di creare un ponte di collegamento tra Oriente e Occidente. In tal senso, sono sicura che la visione lascerà delle tracce nella mente e nel cuore di ogni singolo spettatore, le stesse che sono radicate in me da quando ho avuto l’opportunità di conoscere Olmo. Tra di noi si è venuto a creare una sorta di cordone ombelicale che ci collega, attraverso il quale è transitato e continua a transitare un immenso “patrimonio” di emozioni, dal quale non smetterò mai di attingere perché di inestimabile valore”.

Ma Lupo Bianco è anche un thriller e in che modo l’elemento mistery si vada a innestare all’interno di un impianto biografico è il regista Tony Gangitano a spiegarlo: “il motivo per cui c’è anche del thriller è una cosa che nasce già nella storia di Carlo Olmo. Il titolo del film è già  di per sé una chiara lettera d’intenti che dice tutto, dove il lupo bianco è l’alter-ego del protagonista. Ovviamente non possiamo svelare i retroscena che ci sono dietro la vicenda, ma alcuni sono legati a delle location di Vercelli, una città templare che ci ha consentito di all’allargare gli orizzonti del plot oltre il racconto biografico”.

A questo punto non ci resta che attendere l’autunno per assistere al risultato, con la curiosità nei confronti della pellicola che è cresciuta ulteriormente dopo l’ascolto delle dichiarazioni raccolte nel corso di questa conferenza. Le carte in regola per fare bene ci sono tutte, basta solo restare alla finestra in attesa di vedere il Lupo Bianco approdare sul grande schermo.