Lidiya Liberman: intervista all’attrice di Maternal: “dobbiamo imparare a essere più coraggiose”

La nostra intervista all'attrice di Maternal, Lidiya Liberman.

Trentacinque anni, tre figli e tanti sogni nel cassetto, tra cui quello di passare dietro la macchina da presa con una storia che “sta scrivendo”. Cresciuta con i miti di Anna Magnani, Fellini e Totò, oggi Lidiya Liberman, attrice ucraina in Italia dall’età di 11 anni, raccoglie i meritati apprezzamenti per l’interpretazione di suor Paola in Maternal, opera prima di Maura Delpero, che il 25 giugno scorso ha aperto la serata inaugurale dell’Olbia Film Network, manifestazione dedicata ai migliori esordi cinematografici nazionali e internazionali.

Un film di rara grazia ambientato in un hogar italo-argentino per ragazze madri, che affronta il tema della maternità attraverso l’incontro di due mondi molto diversi tra loro: da un lato la gravidanza precoce di un gruppo di donne poco più che adolescenti, dall’altro la castità delle suore dell’istituto costrette a rinunciare all’amore terreno e a vivere secondo rigide regole religiose. Suor Paola è una novizia arrivata dall’Italia per prendere i voti, il film la racconta alle prese con l’insorgere di un sentimento nuovo: il desiderio e la gioia di crescere un’altra vita.

Essere suor Paola


Come definiresti suor Paola?

“È una donna che sta vivendo un momento di scoperta di se stessa, conoscerà dei lati che non immaginava di avere, è di grande cuore e segue le regole dell’amore. Sta attraversando un conflitto, perché vorrebbe amare ed esprimere questo sentimento in un modo più umano e adatto a lei, rispetto a come imporrebbero invece la Chiesa Cattolica e un’intera società per cui è “stranamente” normale che una suora non possa avere figli né oltrepassare certi limiti nell’esprimere il proprio voler bene.”

Da un lato la maternità precoce delle ragazze madri dell’hogar in cui è ambientato il film, dall’altro quella negata delle religiose. Come hai lavorato su questi aspetti così diversi che si ritrovano a confluire nel tuo personaggio?

“Era già tutto dentro la sceneggiatura scritta benissimo da Maura Delpero, dovevo solo trovare le mie risposte. Ho parlato tanto con Maura, il mio approccio è sempre stata la ricerca e sin da subito sono andata a trovare storie di donne che hanno avuto la vocazione. Era un contesto quasi inafferrabile, impercettibile e così ho letto tanto delle donne che decidono di diventare suore, e ne ho conosciuto una con una storia molto simile a quella del mio personaggio. Anche lei si chiama Paola e ha fatto le sue stesse scelte. È stato il mio più grande punto di riferimento.”

Cosa hai portato dentro suor Paola?

“Ai tempi delle riprese ero mamma di due figli, oggi di tre. Credo molto nel fatto che siano i ruoli a sceglierti e non viceversa, vuol dire che in quel momento stai vivendo la stessa lezione del tuo personaggio, molto spesso succede così. Infatti in quel periodo vivevo delle sensazioni molto simili a quelle di suor Paola; non cerco mai di portare la mia vita o il mio passato nel ruolo che interpreto, in questo caso però mi piaceva scoprire l’archetipo di quel tipo di donna e per comprenderlo meglio ho cercato i punti in comune che potevo avere con il mio ruolo.”

La tua interpretazione per tutta la durata del film è molto misurata, trattenuta, composta. Eppure c’è una tensione latente nel tuo personaggio che è sempre presente. Come ci sei riuscita?

“Prima di affrontare qualsiasi ruolo un attore dovrebbe sempre fare un grandissimo lavoro di preparazione da solo, per poi cancellare tutto. Deve essere così grande da penetrarti e subito dopo essere completamente dimenticato; quando arrivi su un set, soprattutto in un film come questo con attrici non professioniste, dei bambini con cui c’è stata molta improvvisazione, e in una lingua che avevo appena cominciato ad approcciare un paio di mesi prima di girare, non devi pensare a niente perché tutto lì è vita e come tale diventa imprevedibile. Il compitino fatto a casa a quel punto non serve più, non sai mai cosa potrebbe succedere lì davanti a loro, così vere e reali. Era tutto un unico respiro. Spesso lavoro sull’improvvisazione, ho i miei margini molto ben definiti entro i quali faccio andare la pancia e il cuore, a quello che succede ci penso dopo. È la bellezza di questo mestiere: vivere qualcosa che non ti appartiene senza sapere mai cosa accadrà, scoprendo delle cose di te che non conoscevi. E ti chiedi: ‘Ero io? Ero lei?’. Quando succede diventa magico.”

Lidiya Liberman e il racconto della maternità


Hai incontrato qualcuna delle ragazze madri di cui si parla nel film?

No, perché non c’entravo molto con loro. Suor Paola arriva e se le ritrova davanti, il suo percorso comincia da lì, da quello che i suoi occhi vedono, e io volevo mantenere lo stesso tipo di sensazione.

Che tipo di maternità mostra Maternal?

“Il film racconta la maternità così com’è senza i fiocchi e i palloncini della pubblicità. È un’esperienza bellissima ma complicatissima allo stesso tempo, perché ti mette sempre alla prova, tutti i giorni devi lavorare su te stessa, sull’accettazione e la scoperta di te e dell’altro, sulle rinunce. Maternal affronta tutto questo in maniera molto diretta e sincera, ci fa vedere tutti i lati della maternità, quelli più importanti e lo fa attraverso tre diversi punti di vista: quello di suor Paola, delle ragazze e delle suore. La società al contrario ci mostra un’idea di maternità per cui noi donne dobbiamo per forza avere dei figli e necessariamente in un determinato arco della vita, ci dice inoltre che se sei una donna con figli non puoi lamentarti, in più devi conciliare il tuo essere madre con tante altre cose, peccato che appena provi a farlo ti diano dell’ambiziosa o dell’esagerata. C’è sempre qualcuno che ha la sua idea su come essere donna e madre, penso che dobbiamo imparare a essere più coraggiose, ascoltare i nostri bisogni interni e seguire il nostro cuore.”

La scena che più ti ha sorpresa?

“La prima che abbiamo girato, perché è andata malissimo! La sera prima Maura mi aveva mandato tre pagine di dialogo in spagnolo, ho passato tutta la notte a studiare la scena, non ero ancora molto allenata con lo spagnolo, perché non avevo avuto tanto tempo per assimilarlo. Quando l’abbiamo girata è stata un disastro, per fortuna l’hanno tagliata.”