Igor Righetti parla di Alberto Sordi e della solita Italia in cui “la meritocrazia sembra una parolaccia”

La nostra intervista a Igor Righetti: giornalista, conduttore televisivo e radiofonico, docente universitario, scrittore, nonché cugino del grande Alberto Sordi!

Un teatro dedicato ad Alberto Sordi? Per Igor Righetti è la consacrazione dell’essenza stessa dell’attore romano.
Giornalista, conduttore televisivo e radiofonico, nonché autore del libro Alberto Sordi segreto, (pubblicato da Rubbettino Editore nel 2020, con la prefazione di Gianni Canova e attualmente all’undicesima ristampa), Righetti condivide con uno dei più grandi interpreti della commedia all’italiana un grado di parentela che gli ha concesso di conoscere Sordi a distanza ravvicinata, scoprendone aspetti inediti e prendendo altresì linfa vitale per dare spazio alla sua vocazione: “vedevo quei personaggi come David Letterman… volevo fare l’anchorman”, racconta, “fu Alberto a dire a mio padre di farmi studiare presso la scuola di musica, lui era un trombettista appassionato di Louis Armstrong e finì per studiare la tromba, anche se avrei tanto voluto fare chitarra”. Ma, come si dice, tutto serve quando si vuole tentare la strada della TV!

igor righetti cinematographe.it

Igor Righetti, espansivo, sorridente e caciarone, ha avuto modo di raccontarci qualche aneddoto legato al cugino durante la presentazione alla stampa del Gran Teatro Alberto Sordi, nel cuore di MagicLand (il parco divertimenti di Valmontone) e a proposito di questa bella iniziativa promossa dall’amministratore del parco Guido Zucchi non ha fatto a meno di sottolinearne il primato in territorio laziale (“strano a dirsi, ma non è mai stato titolato un teatro ad Alberto nel Lazio. Ci sono scuole, c’è la Galleria, ma il teatro no”) e di specificare l’assonanza tra la natura di un luogo del genere e il carattere dell’attore. In entrambi i casi le parole d’ordine sono infatti divertimento e spensieratezza, la stessa che Sordi riesce ancora a trasmettere con i suoi personaggi a dir poco immortali e attualissimi: “pensa solo a Tutti dentro in cui profetizzò Tangentopoli o a Il medico della mutua, in cui parla della sanità pubblica”, racconta Igor con gli occhi illuminati di ricordi, “i suoi film sono attualissimi, ci fanno divertire ma anche riflettere. Con i suoi personaggi ha raccontato pregi e difetti degli italiani”.

Ma quanto raccontava invece Alberto Sordi della sua vita privata? Di fatto “molto poco”, dice Righetti, “non si sbilanciava mai molto. Nelle interviste raccontava perlopiù sempre le stesse cose, non ha mai raccontato molto dei suoi amori ad esempio…”. D’altro canto la sua vita era stata segnata negativamente dalla morte del padre, per questo Primo Righetti (padre di Igor) si era occupato di tutta la famiglia “perché, fortuna sua, poteva farlo! Alberto aveva già cominciato a fare le prime comparse ma insomma, nulla che gli avrebbe potuto ancora consentire di mantenere serenamente cinque persone. Insomma era riservato, non ha mai raccontato la sua vita privata al suo pubblico e neanche ai suoi collaboratori”.

Villa Sordi nel ricordo di Igor Righetti

Igor Righetti all’inaugurazione del Gran Teatro Alberto Sordi, presso MagicLand

E pensando a questo lato del carattere dell’attore il pensiero di Igor Righetti non può che addentrarsi tra le stanze di Villa Sordi, quelle in cui da bambino giocava, ma sempre alle condizioni dettate dalla riservatezza maniacale dell’attore, che teneva chiuse le camere al piano superiore. “Voleva far diventare la sua Villa un orfanotrofio e invece è stata trasformata in un museo. Ricordo che da bambino tutte le stanze erano chiuse, chissà cosa avrebbe pensato adesso nel vedere orde di turisti che vagano dentro casa, toccano, guardano. Ripenso ad Aurelia che mi urlava ‘non salire!’ (racconta imitando la voce stridula della donna) mi viene quasi da ridere al solo pensiero!”.

Ma quanto pesa la memoria di Alberto Sordi su Igor Righetti? Lui che veniva definito scherzosamente dall’attore “scugnizzo” e che continua a destreggiarsi nel mondo dello spettacolo ha senza dubbio dovuto confrontarsi fin da giovanissimo con un gigante, prendendone in parte spunto, salvo poi rintracciare la sua strada che, come è chiaro, fugge dalla semplice necessità di fare cinema per espandersi interamente nel mondo della comunicazione. Dai programmi TV alla docenza universitaria passando per le interpretazioni cinematografiche (parliamo dei film di Pupi Avati come Il papà di Giovanna, Gli amici del bar Margherita, Un matrimonio) e le fiction di successo targate Mediaset e Rai.

Tra i suoi programmi più recenti e ancora in onda su Rai Isoradio il più gettonato è senza dubbio L’autostoppista, di cui ci parla con orgoglio. Si tratta infatti del primo programma radiofonico pet friendly in cui il co-conducente è il suo bassotto Byron, il quale interagisce con gli “autostoppisti” su temi legati alla tutela e ai diritti degli animali. Un programma ispirato chiaramente al Il tassinaro, la famosa commedia diretta e interpretata da Alberto Sordi. 

E parlando di vecchi e nuovi mezzi di comunicazione sembra quasi ovvio parlare anche del modo in cui Sordi intendeva la TV: “secondo lui aveva rovinato l’umanità”, dice Igor senza peli sulla lingua, facendo notare la resistenza dell’attore ad apparire sul piccolo schermo; al netto delle note ospitate in cui lo vediamo accanto a Mina, non aveva mai ceduto alla pubblicità, perché la vedeva come una sorta di tradimento e di inganno nei confronti del suo pubblico. “Gli proponevano continuamente programmi TV e pubblicità ma non ha mai accettato… anche qui si nota che non era affatto avido di denaro”.

Igor Righetti e la critica al cinema: troppi contributi e poca meritocrazia

Se la posizione di Sordi sulla TV è abbastanza dura Igor Righetti non è da meno nei confronti del cinema. Alla nostra domanda sul futuro della sala e della settima arte l’autore risponde senza esitazione, additando la mancanza di originalità tra le cose peggiori del nostro tempo e criticando tutti quei “contributi a pioggia che si elargiscono in Italia per film che non escono mai o raggiungono la sala solo per pochi giorni o arrivano in pochissime sale o, ancora, sono dei conclamati flop al botteghino […] film noiosi che si sa già che non hanno la capacità di attirare pubblico, non oggi”. A detta di Righetti la colpa risiede proprio nella combinazione tra la “carenza di idee originali e una sconsiderata contribuzione”. Facendo un ragionamento in cui entra in gioco anche la comodità dei servizi in streaming, Righetti asserisce che non si può addossare la colpa solo alla diffusione delle piattaforme ma piuttosto anche e soprattutto alle decisioni di distributori, registi e sceneggiatori.

Ma come si fa a emergere in un Paese in cui sembrano lavorare sempre i soliti noti e si va ancora avanti per conoscenze? Come si fa poi a continuare a essere originali se, una volta che sei entrato nel sistema, sei costretto spesso a omologarti allo stesso? Poniamo questa domanda a un Igor Righetti che sembra disarmato e anche un po’ schifato, ma che appare pragmatico e propositivo, forse anche un po’ speranzoso che qualcosa possa davvero cambiare. Tira l’ultima boccata alla sua sigaretta e mentre la lascia morire su un improvvisato posacenere ammette: “È vero, in Italia lavorano sempre le stesse persone, anche in TV i conduttori muoiono in diretta, abbiamo questo grosso limite del ‘santo in Paradiso’ e la meritocrazia è come se fosse una parolaccia. Credo che l’unica strada sia quella di essere originali e innovativi, anche se spesso vedo una grande paura di rischiare, i giovani soprattutto hanno paura di proporre cose che potrebbero non farli accettare”.