Niko Maggi su Headshot: un film destinato ai “nativi digitali”

La nostra intervista a Niko Maggi, regista di Headshot.

Headshot, il thriller d’azione diretto da Niko Maggi arriva nei cinema d’Italia come evento speciale dal 20 al 22 marzo 2023, distribuito da White Lion Media. Una produzione italiana (Federica Folli e Pete Maggi per Cine 1 Italia) impreziosita da un cast di giovani talenti: Alessandro Bedetti (Nudes), Virginia Diop (Zero), Riccardo De Rinaldis, (Luce dei tuoi occhi), Vittorio Magazzù (The Bad Guy), Demetra Bellina (Tutta colpa di Freud ), Sijia Chen (Omicidio all’Italiana) e Francesco Bertozzi (Un passo dal cielo). Con la sua opera prima, Niko Maggi porta sul grande schermo un deathmatch ispirato ai videogiochi – organizzato in un contesto contemporaneo realistico legato al mondo del videogaming professionale -, che si trasforma in una trappola mortale. Per conoscere meglio il film abbiamo intervistato il regista.

Niko Maggi e la regia di Headshot – Quando le dinamiche del mondo reale si dimostrano più dure e complesse di quelle dei videogiochi

Otto gamer professionisti partecipano a un deathmatch tutt’altro che simulato. Portare una storia del genere al cinema è una strada per intercettare l’attenzione del pubblico di adolescenti?
Sì assolutamente, l’idea di fare un film per i più giovani nasce proprio dalla voglia di raccontare una storia destinata principalmente alla generazione “digitale”, ma non solo, cercando di non mettermi nella posizione del dispensatore di consigli ma di immedesimarmi il più possibile nelle loro realtà e dinamiche e, da lì, comunicare dei messaggi durante l’evoluzione della struttura narrativa, che possano essere interpretati in modo personale, e provando a farli germogliare nello spettatore“.

Nel metaverso, il gioco offre un’esperienza visiva tramite la realtà virtuale e permette di modellare ogni aspetto in base alla nostra volontà, cosa che nella vita reale non è possibile… Nel film troviamo un discorso sui rischi legati alle dipendenze dalle nuove tecnologie e sui nuovi modi di essere “connessi” . Qual è il personaggio che incarna più di tutti questo nuovo modo di vivere le relazioni?
“Il primo che mi viene in mente è Chris aka Fox_mind, il protagonista. Un gamer professionista, il migliore al mondo nei videogiochi, famoso per la sua intelligenza e per la velocità di esecuzione. Da giovanissimo, si ritrova a dover gestire la fama e le ambizioni personali fino ad annullare la sua vita personale. Il “viaggio” che Chris fa all’interno dell’Arena è di consapevolizzazione verso priorità e principi diversi, più umani e meno digitali. Impara che nei videogiochi si può sempre fare “re-start” mentre nel mondo “vero” questo è molto più complicato. Anche gli altri personaggi sono veicolo di un messaggio di rottura dal loro background e di connessione con il contesto in cui si ritrovano, ognuno con delle dinamiche e particolarità che si legano alle singole sfumature”.

Niko Maggi su Headshot: “L’idea nasce dalla voglia di raccontare una storia destinata principalmente ai nativi digitali

I giocatori devono seguire regole semplici, vengono “prelevati” dalla loro quotidianità e mascherati ad hoc per vivere dal vivo le dinamiche del videogioco. Cosa ha ispirato davvero l’idea del suo film?  
L’idea viene principalmente dalla voglia di fare un film di genere con un occhio attento alle nuove dinamiche e alle nuove grammatiche narrative, e con influenze e riferimenti alla cultura “pop-nerd” degli ultimi 20 anni; lato cinema, partiamo da Hunger Games, Battle Royal, Saw – l’enigmista, ma anche “Hardcore” o i più recenti Squid Game e Alice in Borderland ma ci sono anche piccoli riferimenti ad altri film; lato videogame abbiamo Fortnite, Call of duty, Metal Gear Solid. Inoltre, non posso non citare due film italiani come Game Therapy e Ride. L’obbiettivo è stato quello di cercare una forma che potesse sostenere entrambe le tipologie di grammatica che avevamo nelle nostre “reference” e riuscire ad amalgamarle il più possibile, curando ogni dettaglio“. 

Com’è stato lavorare con questi ragazzi?
Con molti di loro condividevo l’essere alla prima esperienza, e il clima che siamo riusciti a creare sul set è stato fantastico! Tutti si sono dimostrati entusiasti e pronti a mettersi davvero in gioco sin dal primo momento, e non si sono mai tirati indietro su nulla! Nonostante le location, le scene molto lunghe e dinamiche, con i costumi e le attrezzature sempre addosso e le sequenze stunt che hanno voluto girare in prima persona! Cosa potrebbe chiedere di più un giovane regista alla prima esperienza?! E l’umiltà e l’intensità che ci hanno messo sono decisamente percepibili”

Ha girato il film in location complicate… dov’eravate?
Le location sono uno degli elementi più importanti nella composizione estetica del film. L’idea di proporre degli scenari che richiamassero le tipiche “mappe” dei videogiochi e di sfruttare questi ambienti al massimo per la loro naturale immersività è uno dei cardini. Headshot è stato girato tutto tra la provincia di Roma e quella di Viterbo: le sequenze dei boschi nella Faggeta del monte Fogliano e nel suggestivo Eremo di San Girolamo; le sequenze delle cascate e della fuga alle Cascate di Chia del Fosso Castello; c’è poi la ripresa dell’arena preistorica e della fossa nelle Cave di tufo di Nepi; e infine il vero e proprio bunker costruito durante la seconda guerra mondiale, situato sul Monte Soratte, una location incredibile!

L’ultima domanda riguarda Demetra Bellina, che interpreta uno dei personaggi con più appeal che ci lascia con molta curiosità. Sycaria è un po’ la sua versione di Harley Quinn? 
Sycaria è anche uno dei miei personaggi preferiti! È la “medium” di alcuni dei messaggi più forti di Headshot, e l’interpretazione di Demetra rende il personaggio molto umano e credibile; forse è più la versione di Harley Quinn di Sycaria stessa. Mi spiego meglio: Sycaria rappresenta la forza e la determinazione femminile che si scontrano con il mondo reale da ben prima dell’inizio del gioco. Da ragazza qual è, è riuscita a farsi strada nel mondo del gaming grazie alla corazza che si è costruita e, sempre grazie a quella corazza, è riuscita ad imporsi in qualunque situazione. La rottura sta nel fatto che, anche per lei, le dinamiche del mondo reale – fuori da quello dei videogiochi – si dimostrano più dure e complesse. Mantiene forza e determinazione vive fino all’ultimo ma vediamo questa corazza cedere lentamente mentre il suo personaggio diventa sempre più umano. Non credo sia una vera e propria eroina, credo sia più una ragazza come tante che ha dovuto trovare l’energia dentro se stessa, che è stata costretta ad aprirsi all’interno “dell’arena” , e ha capito che la forza la si può trovare anche in altre persone“.