EXCL Emily Carding su Ghost Stories: “l’orrore nasce nell’immaginazione della mente”

Stimata attrice teatrale inglese, Emily Carding è il volto del manifesto originale di Ghost Stories.

Dopo aver letto le parole dei registi del film, Andy Nyman e Jeremy Dyson, e dopo aver ascoltato Martin Freeman ospite d’onore al Lucca Film Festival, protagonista di una interessante conferenza stampa, Cinematographe ha il piacere di intervistare in esclusiva l’attrice britannica Emily Carding. Forse non molto nota nel panorama italiano, Emily è una proficua attrice teatrale che, a volte, abbandona per brevissimo tempo il palcoscenico per dedicarsi a diversi progetti televisivi e cinematografici. In Ghost Stories interpreta un personaggio chiave al fianco di Martin Freeman ed è il volto del manifesto americano del film, nonché immagine promozionale dell’intero progetto Ghost Stories. Ecco cosa ci ha raccontato.

Emily Carding racconta in esclusiva per Cinematographe la sua esperienza sul set di Ghost Stories

Quando ti hanno scritturata per il ruolo di Maria Priddle ti aspettavi che il film sarebbe stato un successo? (Pubblico e critica internazionale sta applaudendo Ghost Stories).

Ero super felice di esser stata scelta! Sapevo che il film era composto da una squadra straordinaria, ma anche che si trattava di una produzione a budget piuttosto basso, quindi non c’era davvero modo di sapere quanto grande o come sarebbe stata la distribuzione, tuttavia ero certa dal copione e della compagnia di bordo, sia davanti che dietro la telecamera, e che sarebbe stato eccellente. Mi è bastata leggere la sceneggiatura la prima volta per farmi venire gli incubi. Andy Nyman e Jeremy Dyson hanno avuto davvero una buona idea su cosa spinge la gente a comportarsi in un certo modo in particolari situazioni e su come scatenare tutte quelle paure subconsce nascoste nella mente umana. Quindi, ovviamente, speri che qualcosa possa accadere, ma non puoi mai saperlo con certezza. I registi hanno avuto un gran successo in precedenza con la versione teatrale del West End, che purtroppo non ho avuto ancora modo di vedere. Ciò che so è che però anche la versione teatrale merita davvero molto.

Il tuo ruolo nel film è ben definito e nonostante il tempo trascorso sulla scena il tuo volto appare sul manifesto americano. Come ci si sente ad essere l’immagine di un film così tanto atteso?

Ah sì, è la versione americana del poster ad avere la mia faccia! È incredibilmente pazzesco. Ho uno screen time molto breve sullo schermo, ma l’aspetto del mio personaggio è ben definito. Suppongo che sia uno dei maggiori momenti clou horror presenti in Ghost Stories. Forse è proprio per questo motivo che il mio spaventoso volto fantasma sia stato usato molto nei trailer e in vari articoli online della stampa. È completamente surreale, ma sorprendente e meraviglioso.

Hai avuto modo di rivederti sul grande schermo? Quali sensazioni hai avuto? E come ci si sente ad essere uno degli elementi horror di Ghost Stories?

Ho davvero amato rivedermi sullo schermo! Penso in parte perché riporta alla mente i bei ricordi del lavoro sul film. Ora sto ricevendo tantissimi messaggi da amici che mi scrivono quanto io li abbia spaventati, quindi ovviamente è delizioso. Spesso mi viene detto che faccio paura, quindi essere parte di quello che io considero essere uno dei migliori film horror degli ultimi tempi è un onore assoluto.

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Qual è, secondo te, la ricetta per un film horror perfetto?

Beh, un perfetto film dell’orrore avrebbe Christopher Lee, Vincent Price, Peter Cushing o tutti e tre insieme nel cast, ma tralasciando questo credo che la chiave sia creare l’orrore all’interno dell’immaginazione del pubblico. Non sono così entusiasta dei film slasher o splatter, anche se hanno un piccolo posto. I miei preferiti, crescendo, sono stati gli adattamenti cinematografici dei racconti di Edgar Allan Poe diretti dal regista statunitense Roger Corman e molti dei film horror della Hammer Film Productions. Le storie di Poe dimostrano che la mente evoca immagini potenti e orripilanti grazie all’ausilio di una buona narrazione più di quanto non si possa creare sullo schermo con un approccio in-the-face. Anche i creatori di Ghost Stories hanno centrato completamente questo punto.

Lavori molto a teatro, ma hai avuto esperienze sia cinematografiche che televisive. Quali scritture del grande e piccolo schermo ricordi con più affetto?

In teatro recito principalmente Shakespeare e ho preso parte ad alcuni film per lo più horror, quindi amo combinare questi due elementi! Negli ultimi anni sono stata in tournée con un adattamento al femminile di Riccardo III che mi ha dato l’opportunità di essere divertente, spaventosa e torturata a turno dagli spettatori che assistevano al mio one-woman-show. Il nuovo spettacolo che sto preparando, sempre con il Brite Theatre, è una performance solista di Amleto con la partecipazione del pubblico ed un forte elemento soprannaturale che penso sarà davvero ossessionante; sono entusiasta di tutto ciò. Mi piace l’interazione che viene a crearsi tra attore e pubblico e che abbiamo sviluppato con questi ultimi spettacoli, è diversa da qualsiasi altra cosa mai provata prima.

Dopo Ghost Stories ti piacerebbe ripetere l’esperienza lavorando ad un altro film d’orrore?

Assolutamente! Amo l’horror e sarei lieta di fare altri film di questo genere. Sono attualmente impegnata in una serie audio drama su investigatori del paranormale e che potrebbe portare alla realizzazione di un film a basso budget già questa estate. La sceneggiatura si presenta fantastica quindi…incrociamo le dita!

Leggi QUI la nostra recensione di Ghost Stories

Ci racconti qualche aneddoto dal set? Com’è lavorare con un attore tanto amato dal pubblico come Martin Freeman?

C’è stata una giornata particolarmente strana in location, quella in cui io e Martin avremmo dovuto scattare delle foto assieme e che vengono poi mostrate nell’appartamento durante l’inizio di quella scena in particolare. Quindi c’è uno scatto in una sorta di boudoir, poi uno di noi ad una festa mentre brinda con champagne, e ce n’è uno in attrezzatura da sci che doveva essere realizzato contro una parete verde dove sarebbe stata ottenuta la neve in post produzione. È stato un giorno strano. È iniziato con la vittoria di Trump alle elezioni americane. Scesi di sotto per incontrare il mio autista e vidi questa faccia da clown arancione attraverso il televisore che celebrava il suo successo. Poi iniziò a nevicare ed era incredibilmente bello… in questa casa che era per lo più fatta di vetro (e tuttavia pensata per essere oscura e piena di sinistri corridoi). Ricordo di esser stata nella neve vera, accanto al vero Martin Freeman, in vera e propria attrezzatura da sci (non ho mai sciato in vita mia) chiacchierando di Riccardo III e pensavo: “Okay … sto sognando? Questo è troppo strano!” L’intera esperienza di lavoro con Martin, Andy e Jeremy è stata assolutamente adorabile. Sono ragazzi davvero simpatici, oltre ad essere scandalosamente brillanti in quello che fanno.

Parlando un po’ di te: hai mai lavorato in Italia e hai attori o registi italiani con cui ti piacerebbe lavorare?

Sono stata a Roma e Verona per un festival su Shakespeare un paio di anni fa e mi piacerebbe molto tornare e lavorare con Solimano Pontarollo (Direttore artistico della Casa di Shakespeare a Verona n.d.r.). Ho anche avuto la fortuna di partecipare ad un’esplorazione dei misteri di Shakespeare sia a Verona che in Sicilia con un piccolo gruppo guidato da Mark Rylance. Ad un certo punto stavo interpretando il personaggio di Paulina in The Winter’s Tale – Il racconto d’inverno. Un’esperienza magica che non dimenticherò mai. Adoro l’Italia e mi piacerebbe molto tornare, magari per fare un po’ di commedia o anche più Shakespeare … o, perché no, se c’è dell’orrore anche da quelle parti ovviamente!