Intervista a Enrico Vanzina: Natale a 5 stelle, Netflix e la stima per Muccino

Abbiamo intervistato Enrico Vanzina, in questi giorni al LameziaFilm Fest. Lo sceneggiatore ci ha parlato del film di Natale, di Netflix e di molto altro.

Sapore di mare compie trentacinque anni. Non è certo poco il tempo trascorso da quando quei giovani scritti e descritti da Enrico Vanzina si incontravano sulla spiaggia e passavano insieme l’estate. E torna a parlarci di quel tempo proprio lo sceneggiatore romano, inquadrando in quella generazione distante il coraggio che forse non hanno i giovani di oggi. Quella di osare, di non frammentarsi e dedicarsi a qualcosa di completo come può essere un film. In più, l’opera del 1983, è stata riproposta nella sezione Monoscopio del Lamezia Film Fest, dove vanno riscoprendosi pellicole di artisti che prendono parte in prima persona alla manifestazione cinematografica. Del mito di Sapore di mare, della collaborazione con Netflix fino all’attuale fermento sociale e politico: di questo abbiamo conversato con Enrico Vanzina. E il film Natale a 5 stelle? È ancora presto, per quello bisogna aspettare il 7 dicembre…

Natale a 5 Stelle è il primo film italiano di Natale di Netflix

“Sapore di mare è lo spettro di una generazione il cui eco continua a risuonare ancora. Pensi che si trattasse di una generazione più semplice da descrivere? Che le tecnologie, la dimensione consumistica e il resto che c’è oggi non permettono di poter raccontare una generazione moderna come avete fatto voi nell’83?

Non è mai difficile parlare di una generazione, il punto principale è che bisogna che a parlarne sia qualcuno che ne faccia parte. Il problema con i giovani e il cinema oggi, è proprio che i giovani non vanno al cinema. Anzi, non lo vogliono proprio fare. Preferiscono altre realtà, altri festival, quelli che si riferiscono magari più ai cortometraggi o al web e alle web series. Forse è più difficile per loro rispetto a quando lo facevamo noi, però è vero, manca uno sguardo che racconti bene i giovani d’oggi.”

Sono passati trentacinque anni da quando Sapore di mare è uscito al cinema eppure continua ad avere oggi una determinata presa sul pubblico. Quale pensi sia l’elemento che riesce ad avere ancora una presa così ferma ed emotiva sulle persone?

“Faccio fatica a capire quando le cose che faccio hanno successo. Non sta a me interpretarlo. Sono passate varie generazioni davanti a questo film, questo perché è come vedersi scorrere davanti agli occhi un piccolo romanzo di formazione, un posto dove i rapporti erano più facili e c’era amore, e questi sono elementi che fanno sempre scattare qualcosa nelle persone. Se si leggono dei veri romanzi passati, che possiedono la forza di queste due componenti, allora vedrai che avranno lo stesso effetto anche su un pubblico di generazioni differenti. C’è quindi qualcosa che va al di là quando si pensa a Sapore di mare, a prescindere da dove lo hai visto o in che tempo o dove vuoi collocarlo. È il mettere a nudo dei personaggi che si abbandonano poco a poco al rimpianto di quegli anni e ci ripensano quando sono ormai grandi.”

Visto che questo è l’anno del tuo ritorno al cinepanettone, c’è mai stato un momento in cui hai pensato di riprendere i personaggi di Sapore di mare?

“Con Carlo non abbiamo mai fatto seguiti dei nostri film, alcuni hanno anche due o tre sequel, ma non abbiamo mai voluto essere coinvolti in questi procedimenti. Ogni film ha la propria stagione e così è anche per il nostro film. La serializzazione è qualcosa che riguarda più le nuove generazioni, come dicevo anche prima, è una questione di forme diverse di linguaggio e quello che facciamo e abbiamo fatto noi è ciò che io considero cinema.”

Enrico Vanzina: “Sala o non sala, è inutile girarci intorno: Netflix ti permette di far arrivare il tuo film in tante parti del mondo.”

Pensi che ci sia qualcuno oggi che riesca a inquadrare, invece, lo spirito del tempo? O magari semplicemente un autore che apprezzi particolarmente?

“Ho un rispetto totale per i miei colleghi. Non mi sembra né elegante né corretto parlarne in termini di giudizi negativi. Invece quando c’è da dare dei meriti lo faccio davvero con piacere. C’è un regista molto lontano da quello che facevamo noi, ma che è comunque molto popolare e mi piace come si approccia attorno all’aspetto del dialogo. Si tratta di Gabriele Muccino. Mi piace, innanzitutto, perché è un bravissimo cineasta, ha una regia molto secca e per questo superlativa e sa raccontare le storie in termini cinematografici, una cosa che non è così facile come si può pensare. Si guarda sempre ad aspetti più aleatori, invece è bene dare il merito anche per l’apparato tecnico. È nato per fare questo lavoro e lo dico: è meglio il Muccino italiano che quello americano.

Il 7 dicembre uscirà su Netflix Natale a 5 stelle. È un ritorno importante, visto che sono anni che sei lontano dal genere. Com’è tornare ad una prodotto di questo tipo, soprattutto legato a Netflix, che in Italia non si è espresso in termini di commedia?

“Era da moltissimi anni che non facevo più un film di Natale e questo è quello che avremmo voluto fare insieme a Carlo. Non è ancora possibile parlare nello specifico del film, ma posso dire che Netflix Italia aveva intenzione di iniziare ad aprirsi alla commedia e per farlo voleva un film con la targa Vanzina. È un salto in avanti, c’è stato offerto di buttarci su di una nuova piattaforma e noi siamo stati felici di farlo. Non c’è poi nessun problema nel lavorare con Netflix, sarebbe contro la storia negare che ora il cinema è aperto anche a queste realtà. Si può parlare tanto di sala e non sala, di preservare o non preservare il luogo cinema, ma la verità è che Netflix ti permette di far vedere il tuo film a una grandissima fetta di mondo.”

Natale a 5 stelle è un film che, anche da come preannuncia il titolo, parlerà dell’attualità e dei tempi che stiamo vivendo. Questo periodo sociale e politico che stiamo attraversando pensi sia un buon bacino da cui trarre materiale per altre storie?

“Nessun periodo ha mai impedito che fosse raccontato dal punto di vista della commedia, è un genere che può davvero raccontare tutto, più o meno. Da quando si è usciti dal fascismo ed è stata restituita la libertà è stato possibile raccontare ogni cosa e il cinema è un veicolo di maggior efficacia visto le politiche tecniche che possono girarsi all’interno della televisione. Noi stiamo vivendo un periodo interessantissimo, non solo sotto un aspetto politico, ma ci sono argomenti quali la globalizzazione, i giovani che vogliono mettere da parte i vecchi, la paura dell’uscire dall’Europa, i rapporti con i paesi del terzo mondo, tutti temi importantissimi che la commedia è pronta a narrare.”