Beatrice Schiaffino ci svela il segreto del suo carisma e quella ferita che “coinvolge tutte le donne”
La nostra intervista a Beatrice Schiaffino, l'attrice di Do Ut Des che ci svela segreti e aneddoti del suo lavoro.
Impegnata e sorridente, curiosa ed eclettica, l’attrice ligure Beatrice Schiaffino ha un volto che non è mai passato inosservato. Innumerevoli sono i progetti fra cinema, teatro e televisione a cui ha preso parte ultimamente: l’abbiamo vista recitare accanto a Pierfrancesco Favino nello splendido cortometraggio d’autore Riva in the movie (dedicato a chi crede nel potere del talento e dell’immaginazione), nel ruolo della showgirl Fabrizia nella serie Amazon Bang Bang Baby, e adesso recita da protagonista nel lungometraggio Do Ut Des diretto Dario Germani e Monica Carpanese: un revenge movie psicologico contro la violenza di genere selezionato per il Women Film Festival. Beatrice, che intanto si è aggiudicata il premio come miglior attrice in un ruolo drammatico al Festival di Dubai, interpreta Emanuelle, una scrittrice impegnata in un curioso esperimento che diventa la nuova ossessione di Leonardo (Gianni Rosato), un imprenditore di successo che prima coinvolge, poi viene tirato dentro un gioco pericoloso: si realizza uno switch che fa vacillare ogni certezza. Abbiamo intervistato Beatrice Schiaffino in occasione dell’uscita del film nei cinema italiani prevista per il 4 maggio 2023.
Beatrice Schiaffino ci ha svelato il segreto del suo carisma
Qual è il segreto del tuo carisma?
“Sicuramente il carisma credo nasca quando qualcosa è vero, quindi da una verità che è interessante. Quando c’è del vero. Tu come persona o tu come attrice, che sembra quasi un paradosso. Studiamo tanto proprio per trovare una naturalezza da dare al personaggio. Quando riesci davvero a incarnare una personalità in modo limpido, pulito, che si veda, allora attrai“.
Hai delle attrici o degli attori che ti hanno ispirata?
“Questo è un ruolo molto particolare. In generale amo le attrici camaleontiche, penso a Cate Blanchett o a Tilda Swinton che attraversano i ruoli, affrontando sempre nuove sfide che non si assomigliano mai, che appunto portano sempre un elemento di novità, di innovazione, nei loro personaggi“.
“Il personaggio di Emanuelle vuole rivendicare una ferita che coinvolge tutte le donne a cui è stato fatto del male“
La prima volta che la protagonista entra in scena dovrebbe compiere un’azione che ne descriva nel mondo migliore la personalità: è una regola per scrivere una buona sceneggiatura. Il tuo personaggio, che sembra uscito da un film di Emerald Fennell, si insinua nella storia con un’astuzia conturbante . Emanuelle è solo una vendicatrice “danneggiata” ed estrema?
“Io penso sia una donna estremamente forte e coraggiosa che vive la sua fragilità e il suo dolore in modo estremamente conflittuale. La ferita che vuole rivendicare non coinvolge solo lei ma tutte le donne. Si realizza una specie di atto catartico nato da una rabbia collettiva per tutto quello che viene fatto di negativo alle donne“.
Emanuelle è una scrittrice che sta portando avanti un curioso esperimento, di cosa si tratta?
“Un esperimento per capire fino a dove l’essere umano si può spingere, anche attraversando le sue paure più grandi, pur di raggiungere i propri obiettivi. Cioè quanto è forte questa spinta di passare ogni limite pur di ottenere quello che vuoi. In realtà è un po’ un pretesto per avvicinarsi a Leonardo“.
Che esperienza di set è stata per te?
“Un’esperienza di crescita molto bella con i colleghi, perché non abbiamo avuto molto tempo per la preparazione. Abbiamo dovuto accorciare i tempi di conoscenza e di elaborazione dei personaggi, e a maggior ragione è stato bello trovare questo clima di fiducia, ad esempio con Gianni Rosato abbiamo lavorato bene per aver creato questo clima di concentrazione e di lavoro mirato persino nelle scene più delicate“.
Abbiamo scoperto che nella vita esprimi anche la tua vena registica dando vita ad alcuni progetti video innovativi…
“Grazie per questa domanda! Diventare regista era il mio sogno di bambina, poi crescendo ogni tanto mi dico: forse perché ero figlia unica, per mancanza di altre persone a casa, lavoravo d’immaginazione… La mia vena registica è una parte di espressione che non voglio abbandonare; così do libero sfogo ai miei progetti, posso provare a dire delle cose in modo totalmente autonomo. E poi mi interessano attività diverse: mi piace l’editing e il montaggio, non avere un confine per esplorare questi temi sempre legati all’identità, all’individualità e al femminile“.