Aleksandr Sokurov parla di Fairytale – Una Fiaba e dell’omaggio all’Italia

Aleksandr Sokurov, regista di Fairytale - Una Fiaba, parla del film, del suo debito di riconoscenza nei confronti dell'Italia. E della Russia di oggi.

Per chi ha dimestichezza con il cinema di Aleksandr Sokurov, maestro russo, punto di riferimento del cinema d’autore internazionale, è gioco facile individuare le tracce di una poetica inconfondibile (Storia, audacia formale, poesia politica) in Fairytale – Una Fiaba, in sala dal 22 dicembre 2022 per Academy Two dopo il passaggio festivaliero a Locarno e Torino. Per chi poco conosce e vuole approfondire, l’occasione è ghiotta. Fiaba, certo, fuori da ogni convenzione, affresco visivamente stimolante e concettualmente molto forte, modellato immaginando un limbo in cui quattro figure (più una) emblematiche della modernità occidentale, Hitler Mussolini Stalin Churchill Napoleone, attendono il giudizio finale parlando, litigando, scherzando e riflettendo. Tra debolezza, sarcasmo, confusione e ideologia.

Fairytale - Una Fiaba cinematographe.it conferenza stampa

La messa in scena è un insolito intreccio di suggestioni grafico/pittoriche e immagini di repertorio, mentre una didascalia introduttiva chiarisce come Fairytale – Una Fiaba non poggi la sua visione su deep fake o intelligenza artificiale. Solo materiali d’archivio. Come è stato possibile? “Innanzitutto vi ringrazio per aver sollevato la questione” esordisce Aleksandr Sokurov in occasione della presentazione stampa del film “fosse stato possibile ricorrere all’uso di deep fake, sarebbe stato tutto più facile. D’altronde, in Europa e altrove, rintracciare attori capaci di sostenere il peso di simili personaggi era impossibile. Non ce ne sono, perché per essere all’altezza del compito avrebbero dovuto vivere esperienze analoghe o condividerne la personalità, in tutto o in parte. Quindi, attori o deep fake non sono mai stati presi in considerazione”.

Non resta che tornare ai materiali di repertorio. “Lavoro nel cinema da quando avevo 17 anni, per un certo tempo sono stato impiegato nell’archivio di cine e foto-documenti, in Russia, il più grande del mondo. Ho lavorato anche in Germania e in Giappone e davvero, esaminare materiali di repertorio per poi lavorarci sopra, è l’amore della mia vita. Una cosa di cui mi sono accorto è che spuntano sempre fuori certi brevi frammenti in cui il personaggio storico tradisce la sua immagine pubblica, evidenziando involontariamente il proprio carattere. Momenti brevissimi. Questo mi interessava, non la programmazione politica di uno statista, anche perché hanno tutti in mente la stessa cosa. Mi interessava capire cosa passa nella testa di un leader che decide di sbarazzarsi di migliaia di persone, o che scatena una guerra. Mi interessava il carattere, Shakespeare ci ricordava sempre che è da lì che bisogna cominciare”.

Aleksandr Sokurov parla di responsabilità individuale e un doppio, grande, omaggio alla cultura italiana per Fairytale – Una Fiaba

Fairytale - Una Fiaba cinematographe.it conferenza stampa

In origine, dunque, un’estenuante lavoro di ricerca. “Con i miei collaboratori ho setacciato gli archivi di mezzo mondo, passando ore e ore alla ricerca dei materiali che ci interessavano, quegli istanti preziosi in cui il personaggio lascia trasparire la sua vera indole. Di Stalin, tanto per fare un esempio, conservo nel mio archivio privato praticamente ogni filmato esistente”. La costruzione di Fairytale – Una Fiaba, da un punto di vista tecnico, è consistita in un’opera di certosino assemblaggio. “Ovviamente, viene prima il soggetto. Ho, abbiamo, ritagliato gli spezzoni sovrapponendoli alla sceneggiatura e così, mano a mano, è venuto fuori questo mosaico di verità spiazzanti. Mostriamo il personaggio che ride, riflette, o magari è un po’ triste. Tornate alla scena in cui Churchill parla, o almeno crede di parlare, con Dio. Pensate alla sua espressività. Quello è un filmato risalente a un’epoca turbolenta per lui, dal punto di vista politico e personale”. I suoi collaboratori sono “tutti più giovani di me, vengono dagli Urali o dalla Siberia. Ora, ripensandoci, ricordando tutta la fatica, non so se mi imbarcherei lo stesso nell’impresa. Ma all’epoca non sapevamo quanto sarebbe stato difficile. Solo la selezione dei materiali ha richiesto due anni di lavoro assiduo, quasi senza pause”.

Spostandoci dal centro scena ai margini, Aleksandr Sokurov riconosce un debito di riconoscenza nei confronti del nostro paese. Per la realizzazione degli sfondi “ci siamo ispirati ai tanti grafici e pittori italiani che si sono dati da fare per creare mondi incredibili. Potrei fare molti nomi. Diversi di questi artisti, ce ne sono anche di francesi, amavano ricreare paesaggi popolati di rovine, i rimasugli di un mondo che sta sparendo o magari è già sparito. Ai fondali abbiamo aggiunto anche delle cose nostre, come per esempio il bosco. Oltre ai riferimenti pittorici, abbiamo guardato alle cave di marmo italiane”. L’idea di base era di immergere i personaggi in un mondo diroccato, costruito sulle rovine dell’umanesimo e della cultura. Io, di questi personaggi, non sono giudice, non sono procuratore, ma neanche difensore. Sono responsabile verso tutto quel che accade intorno a me, come chiunque altro. Responsabile per il mio paese, responsabile dappertutto. Sono uno di quelli, sono tanti, che nel film si raccolgono intorno ai personaggi e gli chiedono di ritornare. Possiamo fucilare quanti dittatori vogliamo, ma finchè non ci renderemo conto che i tiranni governano perché milioni di persone glielo hanno permesso e continueranno a permetterglielo, non spariranno i crimini contro la dignità e l’umanesimo”.

Aleksandr Sokurov, il cinema lo fa e lo insegna. Parlare della sua scuola nel Caucaso del Nord, che tra l’altro ha tirato fuori qualche bel talento conosciuto anche da noi, su tutti Kantemir Balagov (La ragazza d’autunno) è anche un modo per fotografare lo stato delle cose nella Russia contemporanea. “Ho molta difficoltà a parlare del mio paese, oggi. Con tutta la mia fantasia non oso immaginare cosa accadrà. Ma non mi preoccupo tanto per me, quanto per i miei giovani connazionali. Magari mi sbaglio. Ho insegnato in questa scuola nel Caucaso, abbiamo sfornato un certo numero di bravi registi e non me ne vergogno. Il futuro è complicato, anche perché la censura, per quanto contraria alla Costituzione, dilaga. La censura è un’arma fredda contro la gioventù. Recentemente ho terminato il mio corso di regia all’Università di cinema e televisione di San Pietroburgo. 17 studenti, maschi e femmine, di varie etnie russe, hanno presentato i loro corti, mediometraggi, documentari. Ammesso e non concesso che riescano a sfuggire all’arruolamento, non so immaginare cosa li aspetti dopo”.

Serve una sorta di patto generazionale per uscire dal pantano. “Ogni generazione è responsabile nei confronti delle altre. Noi abbiamo il dovere di fare qualcosa per i giovani. Accade, in certi frangenti storici, che a una generazione sia tolta la possibilità di decidere del proprio destino. Il cinema è un’arte collettiva che richiede molti finanziamenti, quello che dobbiamo fare è assicurare ai ragazzi questo tipo di copertura. Credo valga anche per i pari età italiani, li immagino in una situazione peggiore che in Francia e Germania. Dobbiamo ricordarci che, in questo nostro Vecchio Continente, esiste un solo cinema, il cinema italiano. Sto parlando dei grandi maestri del passato. Senza questa tradizione cinematografica, l’idea del cinema come arte, difficilmente si sarebbe affermata”.

Tiranni di ieri, tiranni di oggi

Fairytale - Una Fiaba cinematographe.it conferenza stampa

Inserire personaggi realmente esistiti nella cornice di un racconto fantastico, venato di suggestioni fiabesche, permette all’autore un certo grado di autonomia nella definizione delle psicologie. Questo vale, pensando a Fairytale – Una Fiaba, specialmente nel caso di Stalin. Era un personaggio davvero fuori del comune, spiega Aleksandr Sokurov, in un modo nient’affatto rassicurante. “Dei personaggi del film, lui è il vero professionista della politica, nel senso che ha esercitato un potere enorme per un lunghissimo periodo di tempo, senza interruzioni, a differenza per esempio di Winston Churchill. Stalin ha preso a lungo decisioni rilevanti, sul piano politico, culturale, anche di una certa competenza. Sul piano etico, meglio sorvolare. Stalin è così pericoloso perché si è fatto completamente da solo. Non ha un backround sistematico a scuola, tantomeno all’università. Si è costruito in perfetta autonomia, ha forgiato il suo personalissimo codice di comportamento. In questo senso, è difficile decodificarlo. Aveva un umorismo tagliente, faceva battute che lasciavano i presenti raggelati. D’altronde, pensate anche all’umorismo e al cinismo dei politici contemporanei”.

La contemporaneità. Non è facile per il regista russo affrontare la questione più soffocante, la più fosca, anche la più decisiva. Un paese in guerra, la regressione dell’umanità e della morale, le maglie del regime che si stringono sulla società civile. Riguardo al rapporto tra intelletuali russi e potere, si aggiunge un ulteriore problema. “È molto difficile parlarne, rischierei di essere troppo soggettivo e non sarebbe giusto condannare nessuno. Io, da cittadino, l’unica cosa che posso fare è scrivere una lettera al presidente con cui protestare del clima politico e, più in generale, della condizione in cui versa il paese. Ho sempre fatto così, ma da un po’ di tempo non ricevo più risposte. I media statali evitano accuratamente di pubblicarmi e intervistarmi, per loro sono persona non grata. A quanto ne so, tutti i media d’opposizione hanno lasciato il paese. Mi dispiace tantissimo. Uno stato non può essere libero senza opposizione. Sono costernato”. Chiusura incisiva e impossibile da dimenticare. “La mia lingua è russa, la mia patria è lì dove questa lingua è parlata. E adesso è parlata in un posto dove accadono tante cose termende”.