Tommy Lee Jones: i film migliori di un’icona del cinema

Un tuffo nella filmografia di Tommy Lee Jones con i film migliori della sua carriera come Il Fuggitivo,  JFK, Nella valle di Elah, Non è un paese per vecchi.

Ben pochi attori possono vantare una carriera di così grande successo come quella di Tommy Lee Jones. E altrettanto pochi ne hanno avuta una più strana ed originale dell’attore texano, nato a San Saba il 15 settembre del 1946, figlio di un operaio e di una poliziotta, cresciuto in un ambiente familiare grigio, ostile. I genitori divorziarono due volte, e nello stesso periodo perde il fratello, di tre anni più giovane. Dimostra un innato talento per il football, tanto da ottenere delle prestigiose borse di studio prima alla St. Mark School di Dallas e poi ad Harvard, dove parteciperà alla famosa partita Harvard-Yale finita 29-29. Tuttavia è troppo gracile per diventare un giocatore professionista e decide di dedicarsi a tempo pieno all’altra grande passione: la recitazione.

Dalla fine degli anni ’60 Tommy Lee Jones è a New York e poi a Los Angeles, e comincia a farsi notare a Broadway, in serie televisive e in piccole parti al cinema. Con la Soap Opera Una Vita da Vivere raggiunge una certa popolarità, per poi continuare ad alternarsi tra tv e cinema fino alla grande occasione. Stiamo parlando di JFK di Oliver Stone, del 1991, con cui arriva la tanto meritata fama e dove la critica ne loda versatilità e presenza scenica.

Da allora Tommy Lee Jones ha scalato le vette dell’olimpo cinematografico, dimostrando di sapersi destreggiare nei più diversi ruoli e generi: il fantascientifico, il poliziesco, il thriller, il western, i film storici… ad oggi l’attore texano è uno dei più amati e dei più richiesti e nonostante non sia più un ragazzino si è imposto come uno dei volti simbolo del cinema americano.

Per mettere a punto alcuni dei momenti da ricordare della sua carriera cinematografica vi proponiamo di seguito una top 10 dei film migliori di Tommy Lee Jones, quelli in cui ha prestato la sua faccia tagliata con l’accetta e il suo sguardo di granito a personaggi dalle caratteristiche più disparate.

Tommy Lee Jones: 10 film da vedere assolutamente

Uccidete la Colomba Bianca 

Tommy Lee Jones

Film d’azione del 1989, in piena tensione da Perestroijka, è uno dei migliori film di spionaggio degli anni ’80, un vero e proprio gioiello, diretto da Andrew Davis e con un cast che, oltre al nostro Tommy, comprendeva niente di meno che un pezzo da novanta come Gene Hackman (qui nei panni del protagonista), Dennis Franz, Pam Grier, Joanna Cassidy e il recentemente scomparso John Heard. Tommy Lee Jones interpretò il cattivo, il glaciale, cinico ed efficientissimo Walter Henke, disertore che in realtà altri non è che un killer assoldato da un gruppo di alti ufficiali americani e russi per vanificare i colloqui di pace tra i due blocchi.

Uccidete la Colomba Bianca era perfetto nel dosare tensione, scene d’azione e colpi di scena e sopratutto nel tratteggiare personaggi di grande fascino. Se Hackman fece del suo Jonnhy Gallagher una sorta di John Wayne anni ’80, gran parte del successo del film (considerato oggi un cult) fu dovuto proprio a Jones. Il suo Henke è un grande omaggio allo Sciacallo interpretato da Edward Fox nel 1973, ma più tetro, autoironico e camaleontico. Fu il film che fece scoprire alla critica la grande capacità da parte di Tommy Lee Jones di calarsi in atmosfere cupe, adrenaliniche e quanto fosse (per tecnica e presenza scenica) uno dei pochi eredi dei divi dell’hard boiled anni ’30 e ’40.

The Company Men 

Pochi film hanno narrato la crisi economica di questi anni in modo altrettanto efficace e realistico. The Company Men, diretto da John Wells, può essere tranquillamente definito un film generazionale, o meglio multigenerazionale, dal momento che al suo interno vengono rappresentate le diverse generazioni messe all’angolo dalla peggiore crisi economica mai vista dall’epoca della Grande Depressione.

Tommy Lee Jones è Gene McClary, uno dei maggiori dirigenti della GTX, una potente compagnia di navigazione,  multinazionale britannica che dall’oggi al domani comincia a licenziare i suoi dipendenti, rovinando la vita di molti di essi ma non dei top manager, arricchitisi con le speculazioni. Il cast comprende stelle del calibro di Ben Affleck, Kevin Costner, Chris Cooper, Maria Bello ed Eamon Walker ed è un sontuoso ritratto di un paese che credeva di essere in paradiso e dalla sera alla mattina si ritrovò all’inferno.

Impeccabile per regia e sceneggiatura, ha nel nostro Jones il simbolo di quell’America conservatrice, dai modi grezzi ma onesta e meritocratica, schiacciata dagli speculatori e da un’economia globale di fronte alla quale ben poco possono i singoli individui. Film corale di grande impatto e dal messaggio socio-culturale di innegabile efficacia, ha in Jones forse il miglior interprete in un cast dove solo Cooper sembra tenergli testa. I numerosi dialoghi tra i due altro non sono che il testamento di una generazione, quella che plasmò il paese negli anni ’70 e ’80, che si è dimostrata incapace di tenere a freno i peggiori lati del capitalismo.

The Missing

Il western tra tutti i generi cinematografici è quello che più ha sofferto la concorrenza degli altri. Da filone più amato tra gli anni ’50 e ’60, fu affossato dalla concorrenza con la fantascienza degli anni ’70. Tuttavia ogni tanto il fascino della frontiera torna a visitare le nostre sale, e negli ultimi anni quasi sempre regalando veri e propri gioielli. The Missing, diretto nientepopodimeno che da Ron Howard, pur se a fronte di un incasso non lusinghiero, è sicuramente un eccellente western atipico, a metà tra il crepuscolare iperrealista e l’horror. A molti amanti dei fumetti avrà ricordato le atmosfere di Magico Vento, Blueberry o Zagor. Oltre al nostro beniamino, il cast comprendeva nientemeno che sua maestà Cate Blanchett, Aaron Eckart, Evan Rachel Wood e Val Kilmer.

Ambientato nel New Mexico di fine 800, vede Jones nei panni del redivivo padre della protagonista (una energica madre tuttofare interpretata da una straordinaria Blanchett), che torna dopo anni di assenza ingiustificata. Il rifiuto iniziale della figlia deve essere accantonato di fronte al rapimento della figlia maggiore (interpretata da Evan Rachel Wood), presa da un gruppo di comancheros specializzati nel vendere prigioniere ai bordelli messicani.

The Missing è un film molto forte, intenso, crudo e che ha nel duo Jones-Blanchett il punto di forza. Entrambi sono a dir poco perfetti nel donarci l’immagine di un rapporto prima impossibile e poi mano a mano più votato alla comprensione e al reciproco perdono. Jones è molto efficace nel creare sullo schermo un personaggio dalle mille facce, nomade, multiculturale ed inquieto, sballottato tra due popoli e due modi diversi di vedere il mondo.

The Hunted 

Classico esempio di film sottovalutato e mal interpretato dalla critica, The Hunted è in realtà uno dei migliori action-crime del nuovo millennio.

Basato sullo straordinario asse tra due esperti della recitazione sotto le righe, il nostro Tommy e Benicio Del Toro, è un film cupo, realistico, degno erede degli action movie antieroici anni 70 e attraversato da un’atmosfera presaga di morte e tragedia. Diretto dall’esperto del dark Williams Friedkin ed uscito nel 2003, annovera nel cast anche la splendida Connie Nielsen e Mark Pellegrino e ha nella fotografia del sontuoso Caleb Deschanel uno dei punti di maggior forza.

The Hunted parte delle innevate foreste della Columbia Britannica dove l’ex istruttore dei reparti speciali L.T. Bonham (Tommy Lee Jones) viene strappato alla sua vita di guardiano dei boschi, per dare la caccia ad un ex allievo, reduce dei corpi speciali, che sembra aver perso completamente il senno: Aaron Hallam (Del Toro). L’ex allievo ha già ucciso quattro cacciatori e Bonham non ci metterà molto a capire che dietro la sua follia si nascondono i traumi e le sofferenze di un reduce che ha vissuto troppo a lungo tra la morte e la sofferenza, ed ormai vede solo nemici ovunque. Il film ha in Tommy Lee Jones un protagonista distante anni luce dai pompati e traslucidi eroi idoli dei crossfittari dei giorni nostri, ma piuttosto un vecchio lupo dei boschi che ingaggia con l’ex pupillo una vera e propria guerra fatta di trabocchetti, arti marziali, fughe e sopratutto coltelli fai da te.

Dietro l’apparenza dell’action crime The Hunted in realtà nasconde al suo interno una feroce critica alla civiltà moderna, all’egoismo, alla mancanza di empatia e a come ci siamo allontanati dalla natura e quindi da noi stessi. Si tratta di un film che elabora il concetto di responsabilità diretta ed indiretta e mostra uno dei lati più nascosti ed oscuri dell’essere soldati: la lotta contro il proprio istinto omicida. Tommy Lee Jones in questo film è semplicemente superbo nell’interpretare un uomo distrutto dal peso delle proprie colpe e del proprio passato, che ammira e assieme detesta il ragazzo che ha addestrato, burbero, intrattabile ma assolutamente eccezionale nel sapersela cavare in qualsiasi situazione…tranne che tra le persone.

Le Tre Sepolture 

Diretto dallo stesso Tommy Lee Jones e sceneggiato da Guillermo Arriaga, il film fu la vera e propria sorpresa al Festival di Cannes del 2005 (dove Tommy Lee Jones si aggiudicò la Palma di miglior interpreta maschile e Arriaga quella per la miglior sceneggiatura). Si tratta di uno straziante racconto ambientato in un Texas arido, sperduto, quasi bloccato in un non-tempo che sembra richiamare al mito della Frontiera, dell’epoca in cui contava la legge degli uomini più che quella del codice.

Il ranchero Pete Perkins (Jones) è il protagonista del film. Uomo retto e tutto d’un pezzo non accetta che la morte dell’amico messicano Melquiades Estrada (Julio Cedillo) sia insabbiata per permettere al pavido e insicuro agente di confine Mike Norton (Barry Pepper) di farla franca. Norton ha ucciso Estrada (immigrato clandestino) per errore ma è costretto comunque a fare i conti con l’ira di Perkins che, deciso a riportare il corpo dell’amico in Messico, lo rapisce e lo costringe ad assisterlo nel compito. Comincia per i due un viaggio che è una resa dei conti verso sé stessi, i propri errori ed i propri segreti.

Film poetico e duro, Le Tre Sepolture affronta in modo inusuale la problematica dell’immigrazione clandestina, creando un sistema metaforico di grande impatto verso lo spettatore, dove gli americani sono raffigurati come ignoranti menefreghisti, pavidi e codardi. Incapaci di rispettare sé stessi sono ancor meno capaci di rispettare il diverso, l’altro, il povero, lo straniero. Il personaggio di Jones assume la connotazione di memoria storica vivente, di giustiziere che guida il colpevole non tanto verso la punizione quanto verso un’espiazione e comprensione dei propri peccati. Le Tre Sepolture ha quindi in Tommy Lee Jones il portavoce di quanti non hanno dimenticato che il Grande Paese è e sarà sempre una terra di migranti. Un film contro i muri e sopratutto Il Muro, quello vero e più antico: quello tra le persone.

Natural Born Killers

Gioiello disturbante e geniale del grande Oliver Stone, Natural Born Killers è l’opera più visionaria e profetica del geniale regista, ed è sicuramente una delle opere cinematografiche più controverse di sempre. Terrificante assolo dedicato al culto della violenza (in tutte le sue forme) ha in Woody Harrelson e Juliette Lewis la coppia di mattatori omicidi protagonisti di un action movie satirico, esagerato, barocco e sovente ironico.

Tommy Lee Jones interpretava l’istrionico e fumettistico direttore del carcere McClusky, personaggio che dette al nostro caro Tommy la possibilità di sbizzarrirsi in tutta la sua verve e persino di scegliere pettinatura e abiti. Sadico, sempre sopra le righe, sardonico ed egocentrico, il suo McClusky è il personaggio più odioso del film, persino più degli psicopatici protagonisti o del famigerato detective Scagnetti (un grande Tom Sizemore) che perlomeno hanno la parziale scusa di essere folli. Alla pari dell’arrivista giornalista Wayne Gale (un istrionico Robert Downey Jr.) McClusky rappresenta il Sistema, la Società, in tutta la sua falsità e banalità.

Tacciato di ipocrisia per la sua doppiezza nel parlare del dramma della violenza nella società e nell’immaginario glorificandola dal punto di vista visivo, Stone in realtà fece un film che altro non è che un dito puntato verso il pubblico, la società, il potere fagocitatore dei media commerciali. Tommy Lee Jones con i suoi fumantini dialoghi con Downey Jr., fu apprezzato anche da quei critici che avevano bocciato il film e dimostrò ancora una volta la sua maestria. Di certo il credito acquisito con questo film lo aiutò a superare la traumatica esperienza che di lì a poco avrebbe vissuto con l’orrendo Batman Forever

Il Fuggitivo 

Il film che ha lanciato definitivamente Tommy Lee Jones ai livelli che meritava, donandogli un meritatissimo Oscar che due anni prima gli era sfuggito. Ma Il Fuggitivo è molto di più, è stato uno degli action thriller migliori di tutti i tempi, capace di massimizzare le doti e qualità sia del nostro amato Jones che del Re Mida di Hollywood Harrison Ford. Lo stile magnetico, potente, sopra le righe del primo incontrò la straordinaria capacità di interpretare l’uomo di tutti i giorni del secondo. Ne nacque una forza spaventosa, immensa, che guidò il film di Andrew Davis (tratto dall’omonimo telefilm di Roy Huggins) a livelli toccati solo da maestri del calibro di Hitchcock o De Palma.

Il film narrava il dramma del medico Richard Kimble (Ford) accusato ingiustamente della morte della moglie e condannato a morte. Tuttavia durante il trasferimento in carcere, gli altri detenuti cercano di evadere, causando un incidente con un treno che permetterà al protagonista di fuggire, darsi alla macchia e di cercare la verità dietro la sua sventura. Sulle sue tracce però è pronto il Marshal Samuel Gerard (Jones), un mastino che vive e respira solo ed unicamente per catturare i criminali che si mettono sulla sua strada. In breve tempo grazie al suo fiuto lo stesso Marshal comincerà a capire che qualcosa non quadra in questa caccia all’uomo e che i veri colpevoli sono altri.

Appassionante, intelligente, arguto, mai banale e pieno di colpi di scena, è un thriller costruito magistralmente in ogni sua componente, anche grazie alla fotografia di Michael Champan e alle musiche di James Newton Howard. Ford passò alla storia del cinema per uno dei suoi ruoli più riusciti ma fu Tommy Lee Jones a scioccare pubblico e critica. Il suo Marshal Gerard divenne l’emblema dello sbirro tutto d’un pezzo, dotato di acume, istinto, instancabile e senza paura, capace di dominare il suo ambiente e la sua squadra come un lupo domina il suo branco ed il suo territorio.

Per far capire quanto grande fu il successo del personaggio, basti pensare che fu creato un seguito fatto su misura (U.S. Marshal – Caccia senza Tregua) e che anche il simpaticissimo Leslie Nielsen lo citò nel suo esilarante Il Fuggitivo della Missione Impossibile.

Nella Valle di Elah 

Tommy Lee Jones

I conflitti in Medio Oriente hanno lasciato gli Stati Uniti a pezzi. Un paese che era sicuro di ripetere i fasti del primo conflitto del Golfo, con la strabiliante vittoria contro Hussein, scoprì quanto facile è vincere una guerra e perdere la pace. Dopo i primi momenti pieni di retorica e autocompiacimento, l’opinione pubblica assistette attonita al ritorno in patria di un numero sterminato di bare di uomini e donne caduti sotto i colpi di un conflitto che sempre più ricordava il Vietnam. Numerosi film sono stati fatti sul tema e molti hanno trattato del riscoperto dramma dei reduci, molti dei quali soggetti a disturbi collegati allo Stress Post-Traumatico ma nessuno ha avuto la stessa forza di Nella Valle di Elah di mostrarci la decadenza, disperazione e il dolore dell’America nascosta, quella proletaria, dimenticata, militarista e ferita da un paese stravolto.

Basato sulla triste vicenda del soldato Richard T. Davis, il film ha in Tommy Lee Jones il protagonista, Hank Deerfield, il padre di un soldato scomparso al rientro dal turno in Iraq. Ad aiutarlo nella ricerca della verità dietro la scomparsa del figlio c’è solo la cocciuta detective Sanders (una Charlize Theron impeccabile), che deve fare i conti con l’ostracismo dello Sceriffo Buchwald (Josh Brolin) e dei colleghi maschilisti. Hank ha già perso un figlio sotto le armi e deve cercare in tutti i modi di non perdere il contatto con la moglie Joan (una Susan Sarandon di grande intensità). Mentre la verità comincia a venire a galla, Hank si troverà nel mezzo di un intricato dedalo delle miserie umane, che gli farà comprendere quanto il paese e la società in cui era convinto di vivere, i valori a cui teneva, siano ormai morti e sepolti.

Tommy Lee Jones si è guadagnato un’altra nomination agli Oscar con la sua grande interpretazione in questo film, forse il migliore di sempre nel parlare del dramma non solo di una generazione ma di un intero paese. Il suo Hank attraversa il suo personale inferno come Odisseo attraversava l’Ade, incontrando i fantasmi di ciò che credeva fossero i punti cardini dell’America: la famiglia, l’esercito, la bandiera, il cameratismo…

Tutti crollano uno dopo l’altro, donando un messaggio politico che vuole mostrare quanto indietro sia la società americana, quanto sia fuori dal tempo e dalla storia che è andata avanti, quanto sia un guscio vuoto dentro il quale i suoi figli vengono sacrificati da un’opinione pubblica succube, amorale, ignorante. Tommy Lee Jones è stratosferico, perfetta unione di forza e debolezza, capace di mostrare la maturazione di un padre colpito dal dolore più grande e che affronta con coraggio non solo la perdita del figlio ma anche di tutto ciò che credeva fosse sacro e immutabile. Un capolavoro di coscienza politica e civile.

JFK – Un Caso Ancora Aperto

Tommy Lee Jones

A detta di chi scrive il miglior film mai fatto da Oliver Stone. Migliore persino di Platoon, di Nixon, Ogni Maledetta Domenica o Nato il 4 Luglio. Considerato allora come oggi il suo testamento cinematografico, la sua primizia, l’apice della perfezione toccato da un regista in grado come nessun altro di coniugare coscienza politica e stile, grandi cast con iter narrativi di assoluta efficacia. Fu sopratutto il film che aprì le porte del successo a Tommy Lee Jones, con un candidatura all’Oscar che non gli fruttò la statuetta, andata al granitico Jack Palance per Scappo dalla Città. 

Il film aveva un cast a dir poco stratosferico che comprendeva Kevin Costner, Gary Oldman, Jack Lemmon, Walter Matthau, Kevin Bacon, Donald Sutherland, Sissy Spacek, Joe Pesci, Michael Rooker, Vincent D’Onofrio, John Candy e naturalmente il nostro Tommy Lee Jones. Chiamato ad interpretare Clay Shaw, misteriosa anima nera del film (agente della CIA tra i più controversi e misteriosi, coinvolto anche in numerosi misteri italiani), si fece notare per un lavoro di tale meticolosità e dedizione che stupì lo stesso Stone e i suoi collaboratori.

Zoppo, sempre vestito di bianco, scostante, supponente, altezzoso, omosessuale represso dai modi gelidamente cortesi, aleggia in tutto il film come uno spettro fino a quando non è chiamato ad un colloquio con Jim Garrison, il procuratore di New Orleans interpretato da Kevin Costner. Jones fu semplicemente strabiliante nell’alternare la maschera di eccentrico uomo d’affari con quella di gelido calcolatore del tutto privo di empatia. Pur apparendo poco nel film, fu capace di dominare ogni scena, compresa quella del colloquio dove surclassa persino un divo del calibro di Costner. Anche per questo l’Accademy lo premiò con una candidatura che forse avrebbe meritato miglior fortuna. Fu la svolta per Tommy Lee Jones, che da quel momento fu coinvolto in film ben più ambiziosi e di maggior portata.

JFK – Un caso ancora aperto è ancora oggi reputato uno dei film dal maggior impatto legislativo e culturale di sempre, basti pensare che costrinse il Congresso a creare una legge, nota come JFK act che prevedeva la ricerca costante di documenti inerenti il caso, nonché un’inchiesta incaricata dal Presidente Bush di fare luce sui misteri del caso. Il film ebbe un enorme impatto sull’opinione pubblica, per la quale i misteri attorno alla morte dei due fratelli Kennedy sono ancora una ferita scoperta. Straordinario nel ritmo e nel montaggio, perfetto nei dialoghi e fotografia, supportato da una colonna sonora di John Williams da antologia, è il raro caso di film fiume (190 minuti) che non annoia e non cala mai di intensità e non concede pause allo spettatore. Oltre a Jones anche Pesci, Costner, Oldman e Bacon furono autori di prove attoriali di primissima grandezza. Un gioiello da riscoprire e rivedere ogni volta che se ne ha l’occasione.

Non è un paese per vecchi

Tommy Lee Jones

Ebbene si. In cima alla nostra lista c’è il capolavoro dei fratelli Coen, tratto dal romanzo premio Pulitzer di Cormac McCarthy, Non è un Paese per Vecchi si è aggiudicato 4 Oscar nel 2008 su 8 candidature ed è riconosciuto come uno dei film più importanti degli anni 2000. Tommy Lee Jones fu chiamato ad interpretare per l’ennesima volta un duro uomo del sud-ovest selvaggio, ruolo a lui congeniale data la sua origine texana e le sue caratteristiche. Javier Bardem, Josh Brolin, Whooy Harrelson, Kelly MacDonald e Garreth Dillahunt completavano un cast che si muoveva all’interno dell’iter narrativo con la precisione di un orologio svizzero.

Apparentemente un thriller incentrato sul narcotraffico degli anni 80, nel confine tra Messico e Usa, con assassini psicotici, poliziotti disincantati e un sacco di soldi in ballo, Non è un Paese per Vecchi è in realtà un film dalla forte connotazione politica ed ideologica. Porta ad un livello mai visto prima (persino nella filmografia dei Coen) le tematiche della violenza nella società, dell’avidità, della cupidigia e del concetto di responsabilità, arricchendo il tutto con una disamina sull’importanza della violenza dal punto di vista storico nella storia americana. Un concetto ben rappresentato per tutto il film in cui un affranto Tommy Lee Jones, fa comprendere a più riprese quanto quegli anni 80, con i cocaina cowboys e le stragi dei carteli, non siano altro che gli eredi di quella violenza insita nel percorso storico degli Stati Uniti. I bravacci che insanguinano El Paso o Los Angeles sono semplicemente gli eredi dei fratelli James o Reno. L’America è un paese violento, l’America non è un paese per vecchi.

I punti cardine dell’America, gli insegnamenti dei padri su come arginare il nostro lato oscuro, sono stati perduti, per ritrovarli il Paese deve ricordarsi su cosa si basava, su quale patto tra uomini liberi ne era il fondamento. Tommy Lee Jones, tanto per cambiare, è autore di una prova a dir poco sublime, facendo del suo Sceriffo Ed Bell una sorta di simbolo del confine e della vecchia America, del codice della frontiera, di chi cerca nonostante tutto di aiutare il prossimo e fare il proprio dovere. Triste, malinconico, instancabile, fuori dalla frenetica onda temporale che lo avvolge, un sopravvissuto, la versione contemporanea di uno straniero senza nome ma non senza causa.