The Empty Man: la spiegazione del film di David Prior
La nostra analisi di The Empty Man, il film di David Prior. Attenzione agli SPOILER!
David Prior firma il suo debutto alla regia con The Empty Man, un thriller horror dalla gestazione lunga e complessa, uscito sulla piattaforma streaming di Disney dopo due anni dal suo confezionamento. Un film prolisso e farraginoso in cui flebili filamenti temporali tentano di agganciare presente e passato, ponendo lo spettatore sul precipizio di una confusione quasi perenne: un vortice in cui la ragione si sgretola sotto i colpi di un credo astruso, di concetti metafisici e leggende metropolitane.
Strizzando l’occhio allo stile di Ari Aster il regista ci propone, più che un film, un labirinto mentale in cui è difficile perdersi e ancor più arduo risulta mantenere la concentrazione fino all’ultimo frame. Al netto di tutto, però, The Empty Man è un prodotto di facile appeal per chi trova diletto nell’incunearsi tra elementi di culto, filosofie e casi polizieschi da risolvere. Un film che merita certamente una visione e che alla fine dimostra di saper trasformare i suoi punti deboli in forza.
Basato sull’omonima graphic novel di Cullen Bunn e Vanesa R. Del Rey, The Empty Man inizia intrappolandoci fin da subito nel dubbio: la parte iniziale del film si svolge infatti tra le montagne e non tarda affatto a portarci al cospetto di una specie di altare, mostrandoci fin da subito gli effetti che un’entità soprannaturale ha su un giovane. Nel prologo non ci è dato capire fino in fondo di chi si tratta, eppure è chiaro che qualcosa di strano sta per accadere: la scultura di teschi, l’atteggiamento del giovane e le visioni che ne seguono sono solo l’anticipo di una tragedia già annunciata.
Quando però questa sequenza si interrompe e la macchina da presa inizia a focalizzarsi sul racconto di una storia nuova (seppur parallela e collegata con quanto abbiamo visto) abbiamo quasi difficoltà a trovare il trait d’union tra presente e passato. Tutti i nodi, alla fine, verranno al pettine, ma prima di scioglierli con cura è bene capire a fondo cosa accade nel film.
The Empty Man: la trama del film
Il prologo del film diretto da Prior ci porta nel 1995 tra le montagne della Valle dell’Ura, in Bhutan, dove quattro amici si accingono a fare un’escursione. Quando uno di loro, Paul (Aaron Poole), sente un debole fischio, inizia a camminare per capire da dove provenga, cascando in una caverna. È a questo punto che uno dei suoi amici, Greg (Evan Jonigkeit), si cala giù con la fune per salvarlo, trovandolo seduto e immobile davanti a uno strano santuario composto da un grande scheletro e provvisto di numerosi arti, posizionati simmetricamente attorno ad esso. “Se mi tocchi, morirai”, è l’unica frase che Paul sussurra a Greg, che però lo ignora, portandolo via da lì. L’arrivo di una tempesta costringe i quattro a rifugiarsi in una casa abbandonata, con Paul che non accenna a migliorare: il ragazzo resta muto, come se fosse sotto shock. Nel vederlo c’è un dettaglio che ci tornerà utile per comprendere il film, ovvero i suoi polsi martoriati e pieni di cicatrici, a testimonianza dei problemi psicologici che lo hanno afflitto e che, scopriremo in seguito, rappresentano la vulnerabilità di cui l’Uomo Vuoto si nutre.
Questa prima parte scandisce il tempo in tre giorni: il primo è quello in cui Paul viene a contatto col demone; durante il secondo giorno la sua ragazza Ruthie (interpretata da Virginia Krull) trova uno strumento fischiante e ci soffia dentro. Sempre durante la seconda giornata Greg e la sua fidanzata (Fiona, interpretata da Jessica Matten) decidono di andare a cercare aiuto. In loro assenza Ruthie pensa di aver visto qualcuno e ciò la spinge a serrarsi dentro e a chiudere fuori i suoi amici, increduli di quanto lei racconti. Tuttavia, il terzo giorno accade l’irreparabile: Paul scompare dalla capanna e i suoi amici lo ritrovano seduto di fronte a un ponte, intento a soffiare. Greg e Fiona non fanno in tempo a scoprire cosa stia facendo, perché Ruthie li uccide con un coltello per poi gettarsi dalla scogliera: Paul è l’unico superstite, ma è ancora la stessa persona di prima? Per scoprire il suo destino lo spettatore dovrà arrivare fino alla fine del film.
Già, perché il resto della trama prosegue su un binario differente, facendoci fare un salto di ventitré anni e cambiando totalmente ambientazione e personaggi: siamo a Webster Mills, nel Missouri, e il protagonista è James Lasombra (James Badge Dale), un ex poliziotto che ha recentemente perso la moglie e il figlio a causa di un incidente d’auto, il che lo rende tremendamente vulnerabile e solo. C’è però una ragazza con cui ha un rapporto di amicizia ed è Amanda (Sasha Frolova), la figlia della sua vicina Nora (Marin Ireland). Nel momento in cui la ragazza scompare nel nulla lasciando scritta col sangue di un animale la frase “L’uomo vuoto me l’ha fatto fare” sullo specchio della sua stanza, James si mette sulle sue tracce collaborando con la polizia.
La leggenda dell’Uomo Vuoto
Anche in questo caso, seppur in modo molto più dilatato rispetto al prologo, vedremo che la struttura di The Empty Man si snoda su un arco temporale di tre giorni. Il primo, chiaramente, è quello in cui iniziano le indagini di James e in cui iniziamo a inoltrarci nella leggenda che aleggia attorno all’Uomo Vuoto. A illuminare il protagonista a tal proposito è un’amica di Amanda, Davara (Samantha Logan), la quale spiega il modo in cui si evoca il demone, ripercorrendo altresì ciò che hanno fatto lei e i suoi amici: si va su un ponte e si soffia dentro una bottiglia pensando al demone. Dopodiché inizi a sentirlo, poi a vederlo e infine, il terzo giorno, ti uccide. È la sorte che tocca ai ragazzi che hanno soffiato dentro la bottiglia e che James trova impiccati sotto il ponte, ma tra loro non c’è Amanda, mentre a Davana tocca una fine ancor più tragica: il demone la sorprende nel bagno turco, dove muore pugnalandosi al volto con un paio di forbici. Una morte che sembra un suicidio, eppure sia James che il detective Villiers (Ron Canada) sanno bene che non è così. Tuttavia, come asserisce quest’ultimo, non si può “incriminare il cosmo”.
Continuando a indagare James si addentra presso il Pontifex Institute: una specie di chiesa in cui l’Uomo Vuoto viene elogiato e idolatrato. Dai discorsi del leader della setta, Arthur Parsons (Stephen Root), si intuisce il lavaggio mentale che viene fatto agli adepti e l’affascinante filosofia costruita attorno al culto del demone, che tiene conto di ogni singolo passaggio, a partire dall’ambientazione principale. Il Bhutan infatti (in cui Paul ha il fatidico “incidente” nella caverna) rappresenta un luogo sacro per via della presenza di un importante monastero buddista, quello di Taktsang (noto anche col soprannome di Tana della Tigre). Altro collegamento è rintracciabile nel nome della scuola che frequentano i ragazzi, che porta il nome del filosofo Jacques Derrida, noto per l’elaborazione della decostruzione. Una filosofia che lo studioso francese ha elaborato prendendo spunto dai pensieri di Husserl, Heidegger, Nietzsche, Freud e del linguista de Saussure. Il film si focalizza in particolar modo sull’uso delle parole e sul loro significato in relazione al contesto in cui vengono usate.
La filosofia di The Empty Man: “la ripetizione è la morte del significato”
The Empty Man ingarbuglia certi concetti e, giustamente, non ci concede di capirli fino in fondo. Ciò che resta dei ragionamenti affidati al relatore è il sunto di un pensiero molto più ampio e artificioso che prende spunto da tanti filosofi e che è stato preso come esempio o, al contrario, ferocemente criticato. Il concetto su cui insiste l’horror di David Prier è quello per cui la ripetizione è la morte del significato. Ripetuta abbastanza volte, la definizione di qualsiasi cosa è come se si annullasse e si svuotasse di significato (jibberish).
L’oratore di Pontifex presta particolare attenzione a una frase di Friedrich Nietzsche: “Quando guardi a lungo nell’abisso, l’abisso ti guarda dentro”, interrogando James sul concetto espresso dal filosofo, sull’evocazione stessa dell’abisso. Un inganno della mente che verrà ripreso in seguito anche da Amanda, durante la scena finale nella stanza d’ospedale.
La filosofia nichilista di Nietzsche assume per certi versi un ruolo centrale nella pellicola, pur venendo piegata al credo professato dalla Pontifex Society. Ciò che per il filosofo erano teorie, studi e “provocazioni” nel film horror in questione viene praticamente e giustamente annullato per dare spazio alla presunta perfezione dell’Uomo Vuoto e all’elogio sfrenato del caos assoluto. In questi ragionamenti entra spesso in scivolata anche il buddismo. Ad esempio, alla fine dell’incontro, quando James va dal relatore, gli dice che si sarebbe aspettato di ascoltare alla fine di tutto “namastē”, che è il saluto in uso nel subcontinente indiano e, come abbiamo già fatto notare, ci sono altri rimandi buddisti nel film. Forse perché la loro filosofia è per certi versi riconducibile a una forma di nichilismo passivo?
Stando al credo dei membri della Pontifex Society, essi adorano un essere letteralmente vuoto e, al pari dei nichilisti, credono che la vita e l’universo non significhino nulla ma, a differenza di tutta la filosofia correlata a questo concetto, hanno riposto tutte le loro speranze in un demone.
Chiudendo la parentesi filosofica e tornando alla trama di The Empty Man, sempre nel già citato incontro notiamo che Parsons dice a James quanto sia felice di rivederlo, mentre il protagonista dice che quella è la sua prima volta al Pontifex Institute. Dopo aver esplorato l’edificio, imbattendosi in gruppi che meditano e invocano un’entità nell’oscurità, James viene cacciato. A quel punto incontra uno dei membri della setta, Garrett (Robert Aramayo) il quale informa James che Amanda è stata portata in un campus. Quando il protagonista arriva sul posto trova una serie di cartelle, tra cui una col suo nome, ma priva di documenti al suo interno. Un ulteriore indizio che conferma la presenza di James all’interno del Pontifex Institute. Quando il protagonista va all’esterno, infine, vede in lontananza un gruppo di persone attorno a un enorme falò. È come se in quel momento James avesse perso la testa, poiché il fuoco sembra arrivare fino alle stelle, ma quando posa nuovamente gli occhi a terra si accorge che qualcosa non va: nonostante sia nascosto si sente gli occhi di tutti addosso e percepisce che stanno guardando verso di lui e seguendo ogni suo minimo movimento, finché non lo rincorrono, costringendolo a fuggire via.
Chi è l’uomo che vediamo in ospedale?
Il terzo e ultimo giorno, James segue Garrett e altri membri della setta in ospedale. Li vediamo inginocchiarsi davanti a un uomo costretto a letto, si tratta di Paul, il ragazzo che l’Uomo Vuoto ha posseduto ventitré anni prima in Bhutan. Per saperne di più, James rapisce Garrett, il quale gli spiega che Paul è stato una sorta di antenna per l’Uomo Vuoto, un gateway che ha concesso al demone di entrare nel nostro mondo.
Quando James ritorna in ospedale cerca di reperire informazioni sul paziente in questione, di cui sembrano non conoscersi esattamente i dettagli sulla sua malattia né sul tempo di degenza. Infine l’infermiera gli dice che riceve visite continuamente e anche in quel momento ne ha una, così il protagonista si affaccia alla stanza e vede Amanda che si sta prendendo cura di Paul. La ragazza spiega a James che quell’uomo costretto a letto è il loro tramite per comunicare con l’Uomo Vuoto ma adesso che non possono più tenerlo in vita alla setta occorre un nuovo individuo. James sarà il prossimo “vaso vuoto” di cui si servirà la Pontifex Society: un disegno già stabilito da molto tempo.
La ragazza spiega infatti che trovare un individuo con le caratteristiche giuste è difficile e può richiedere anche tantissimi anni, così lei e la setta hanno deciso di creare da zero una persona adatta al loro scopo e da qui si spiega anche il significato dei filmati trovati dal protagonista al campus. Così tutto ciò che James crede di essere in realtà è solo un’illusione: dalla sua professione di poliziotto alla relazione con Nora (la madre di Amanda), fino al lutto familiare che lo ha devastato di dolore. Già, proprio quest’ultimo è stato l’appiglio fondamentale dell’Uomo Vuoto, che si insinua laddove c’è una crepa, una mancanza. Così adesso James non è altro che una lavagna vuota (“tulpa”, lo definisce Amanda) che quell’antica entità può occupare.
L’ultima scena del film è un mix di allucinazioni che ci fanno comprendere, in conclusione, che l’Uomo Vuoto si è impadronito di James. Tutti allora si inginocchiano al suo cospetto, riconoscendo finalmente e ufficialmente in lui l’individuo in grado di portare il demone nel nostro mondo.
The Empty Man: il significato del film
Una domanda però resta sul fondo: chi era James prima di essere ridotto in “tulpa”?
Il film di David Prior gioca con destrezza tra vari generi, innescando il dubbio e il vuoto nello spettatore e indagando sulle paure che possono affliggere chiunque. Oltre a essere un horror su un’entità soprannaturale, The Empty Man è un’analisi della società in cui viviamo e del nostro modo di affrontare gli ostacoli. Nel film uscito su Disney+ si intromettono tutta una serie di meccanismi psicologici, di ragionamenti e considerazioni su lutti, traumi e perdite che potrebbero colpire chiunque di noi. In quest’ottica l’Uomo Vuoto altro non è che il volto informe e ignoto che diamo al nostro lato oscuro, è la nostra vulnerabilità e insoddisfazione che, se non affrontata, viene messa a disposizione del male.
The Empty Man slatentizza l’uomo nero che ognuno di noi si porta dentro e lo fa innescando una critica verso le sette religiose e il potere che acquistano nei confronti di chi è solo, il modo di affrontare i disturbi mentali, di metabolizzare i lutti; ci spinge a indagare quel buco nero che si traduce in insoddisfazione nei confronti della vita, estremizzando atteggiamenti e concetti ad esso legati.