Rapito: la storia vera di Edgardo Mortara dietro al film di Marco Bellocchio

La storia vera dietro a Rapito, il film di Marco Bellocchio ispirato al caso di Edgardo Mortara, il bambino ebreo "rapito" da Pio IX.

Nell’elaborazione di Rapito, presentato al Festival di Cannes e al cinema dal 25 maggio 2023, Marco Bollocchio prende le mosse da una storia realmente accaduta, quella di Edgardo Mortara (nato a Bologna il 27 agosto 1851 da Salomone Momolo Mortara e Marianna Padovani), riportata anche nel libro di Daniele Scalise, Il caso Mortara.
Ma cosa accadde esattamente? Quali sono i passi che condussero il bambino di origini ebraiche a essere strappato dalla sua famiglia e a convertirsi così profondamente? Il regista, che si è occupato della sceneggiatura insieme a Susanna Nicchiarelli, è solito proporre al pubblico storie che affondano le radici nella realtà, salvo poi edulcorarne i contorni il giusto che occorre a metterci la pulce nell’orecchio, a sottolineare i lati umani e poetici che si insinuano nelle varie vicende.

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Interpretato, tra gli altri, da Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara RonchiEnea Sala (Edgardo Mortarada bambino), Leonardo Maltese (Edgardo ragazzo), Filippo Timi, Fabrizio Gifuni e Paolo Calabresi, il film ci porta nella Bologna del 1858. I soldati del Papa fanno irruzione presso la dimora dei Mortara con l’ordine di prelevare il piccolo Edgardo, di soli sette anni, battezzato segretamente e perciò costretto a ricevere un’educazione cattolica. Da qui in avanti il regista ci mostrerà la battaglia dei Mortara per riavere indietro il figlio, il mutamento di Edgardo e quello dell’Italia intera, lasciando sul fondo un finale di stampo puramente bellocchiano.

Rapito è la storia vera di Edgardo Mortara, il bimbo ebreo battezzato segretamente

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Ph. Anna Camerlingo

Nel cercare di spiegare la storia vera dietro a Rapito è bene iniziare dal casus belli, ovvero dal battesimo del bambino. Come ci viene adagio svelato anche nel film, a prendersi tale responsabilità è la giovane governante cattolica Anna Morisi (interpretata da Aurora Camatti) la quale, pensando che il piccolo Edgardo sia in fin di vita e temendo che possa finire nel Limbo, decide di battezzarlo di nascosto, senza rivelare niente a nessuno, se non nel 1858, anno in cui la vicenda giunge alle orecchie dell’inquisitore di Bologna, il domenicano Pier Gaetano Feletti (1797-1881), interpretato nel film da Fabrizio Gifuni.

La donna, all’epoca quattordicenne, non avrebbe neanche potuto lavorare a casa di ebrei, viste le norme vigenti, che però raramente venivano rispettate per una questione di comodità (i cattolici, chiaramente non rispettosi dello Shabbath, potevano lavorare anche il sabato). A detta della Morisi a darle indicazioni su come battezzare il bambino sarebbe stato il droghiere Cesare Lepori. Inoltre la ragazza disse di aver avuto indicazioni anche per battezzare segretamente il fratello di Edgardo, Aristide, ma decise di non commettere lo stesso errore per una seconda volta.
La donna rivelò tutto successivamente durante una confessione e il padre domenicano, violando il segreto, avvisò le autorità ecclesiastiche.

È d’obbligo ricordare che Bologna era all’epoca sotto lo Stato Pontificio, al quale era stata annessa nel 1506. Successivamente all’invasione napoleonica, nel 1796, la Legazione fu sottratta alla Santa Sede, per poi ritornare sotto il governo pontificio nel 1816.
A vigere in questo contesto storico e sociale sono dunque le leggi ecclesiastiche e, nel caso specifico, quanto stabilito dal 60° canone sancito durante il Concilio di Toledo del 633, secondo il quale gli ebrei battezzati diventavano cattolici a tutti gli effetti. Dal momento che il battesimo non può essere revocato e che non è consentito sopperire all’educazione di un cattolico se si aderisce a un altro credo, Edgardo Mortara deve necessariamente essere allontanato dalla propria famiglia. Il cardinale teme tra l’altro che la famiglia possa fare qualche sciocchezza, perciò dopo aver concesso una proroga di 24 ore chiede che il fanciullo venga sorvegliato a vista.

Edagardo Mortara: il rapimento e il trasferimento da Bologna a Roma

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Rapito di Marco Bellocchio, La famiglia Mortara (Ph. Anna Camerlingo

Come si vede anche nel film, la sera del 23 giugno 1858, Marianna (la madre di Edgardo, interpretata da Barbara Ronchi) si trova in casa – presso via delle Lame n. 196, che adesso corrisponde al civico 8 -senza il marito ed è già tardi quando bussano alla sua porta i gendarmi. Momolo Mortara arriva poco dopo ed entrambi accolgono con timore e sorpresa la notizia, ignari di chi possa aver commesso il fatto.
A poco servono le suppliche di Momolo, la brevissima proroga è l’unica cosa che riesce a ottenere nell’immediato, dopodiché il giorno seguente (il 24 giugno 1858) il bambino viene fatto salire a forza su una carrozza e portato a Roma presso la Casa dei Catecumeni, l’istituzione concepita per ospitare ed educare gli ebrei che, forzatamente o per scelta, si convertivano al cristianesimo, finanziata per mezzo delle tasse imposte alle sinagoghe dello Stato Pontificio.

A proposito del viaggio ci sono due versioni differenti della reazione di Edgardo Mortara. A detta della famiglia il bambino appare intimorito e chiede piangendo di tornare a casa e di riavere la mezuzah (un piccolo rotolo di pergamena con alcuni testi biblici ebraici, a sua volta conservato dentro un astuccio), mentre la versione cattolica riporta un atteggiamento completamente opposto, di curiosità immediata verso la religione cristiana, rimarcata anche nel film dalla visita del piccolo in chiesa.

In ogni caso l’inganno appare alquanto immediato, dal momento che inizialmente l’inquisitore aveva tranquillizzato i Mortara con la promessa che Edgardo sarebbe rimasto a Bologna.
Invece il piccolo alla fine viene condotto geograficamente lontano dal suo luogo d’origine e ai genitori non viene concessa visita alcune se non dopo alcune settimane, nelle quali in ogni caso il piccolo era sorvegliato da alcuni ecclesiastici. In quegli attimi il bambino confessa alla madre di recitare segretamente lo Shemà Israel, la preghiera ebrea. Da qui in poi non ci saranno altre visite se non nel 1870.
Stando a quanto si vede in Rapito Edgardo Mortara non è l’unico a subire tale sorte, accanto a lui ci sono altri bambini strappati alle loro famiglie, eppure il suo caso sta particolarmente a cuore a Papa Pio IX (nel film Paolo Pierobon), il quale sembra impuntarsi e di fatto si interessa personalmente affinché il fanciullo non torni a casa, anche se il compito di fare le veci del Pontefice viene affidato al cardinale Giacomo Antonelli (1806-1876), interpretato da Filippo Timi.

Il processo Mortara: cosa fecero i genitori di Edgardo per riportarlo a casa?

I Mortara affrontano la questione con ogni mezzo a loro disposizione, non solo inviando al Papa suppliche e petizioni, ma muovendosi anche giuridicamente attraverso il diritto canonino, tentando di dimostrare l’invalidità del battesimo. Come era infatti possibile dare credito a una donna ignorante e dalla dubbia integrità morale?
Tra i documenti che fanno parte del caso Mortara (non menzionati nel film) spicca sicuramente la lettera inviata da Momolo al Papa nel settembre del 1858, nella quale si citava anche il caso di Regina Bianchini, battezzata per gioco all’età di sei anni da una coetanea. Nel suo caso le era stato poi concesso di ritornare presso la comunità ebraica.

Il caso Mortara acquisì una portata tale da divenire di fatto anche un mezzo politico.

Rapito cinematographe.it

In Rapito notiamo l’interessamento da parte della comunità ebraica romana, che tenta di dare alcuni suggerimenti alla famiglia, seppur invano, sottolineando l’errore di aver diffuso troppo la notizia, di cui si discute senza sosta nel Regno di Sardegna (dove gli animi sono pronti a rivendicare la liberazione delle terre italiane dal potere temporale dello Stato Pontificio), in Francia (a Parigi, sulla scia del caso Mortara e di altri episodi di antisemitismo, nasce l’Alleanza Israelitica Universale), Germania, Stati Uniti e Regno Unito.
Tante le figure importanti che si prendono la briga di prendere una posizione a favore dei Mortara, tra cui l’imperatore francese Napoleone III, mentre Camillo Benso, conte di Cavour, segue il caso da dietro le quinte con particolare attenzione, ovviamente interessato a sfruttarlo per altri fini contro lo Stato Pontificio. Non solo atei, ebrei e protestanti lanciarono appelli contro il Papa, bensì anche l’abate francese e docente di teologia Delacouture, il quale pubblicò sul quotidiano Journal des débats un’analisi del caso, a sua detta non conforme alle leggi religiose.
Nel film si fa menzione di tutto questo: è il cardinale Antonelli a riferire al papa vignette assurde e accuse pubblicate sui giornali (alcune delle quali gli comportano tremendi incubi).

Nonostante le proteste, però, Pio IX fu irremovibile, pronunciando il suo famoso “non possomus” e dichiarando, nel 1865, di avere il diritto e l’obbligo di crescere Edgardo, a sua detta felice sotto le sue cure.
Certamente va considerato, visto il periodo, che il rapimento di Edgardo Mortara fu uno degli ultimi atti del governo pontificio, che a Bologna crollò il 12 giugno del 1859. In questa occasione il regime abolì l’Inquisizione e fece arrestare, nel 1860, Padre Pier Gaetano Feletti, il quale tuttavia fu assolto poiché aveva operato in conformità alle leggi in vigore.

La vita di Edgardo Mortara

Edgardo (Pio Maria) Mortara, 1870
Biblioteca digitale dell’Alliance Israélite Universelle
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In tutto questo marasma, che alla fine a nulla servì, il tempo passava ed Edgardo si conformava al credo cattolico. Marco Bellocchio ci mostra, attraverso alcune immagini, l’adeguamento del piccolo, la sua volontà di far dialogare questi due mondi che convivevano dentro la sua anima, la tenerezza con cui vede Gesù Cristo. Difficile dire se gli sia stato fatto un lavaggio del cervello o se la sua sia stata una scelta consapevole, anche se sembra papabile la prima ipotesi, visti i fatti.
Sulla scia della liberazione d’Italia la situazione iniziò a mutare man mano in tutte le regioni, ma la presa di Roma con la breccia di Porta Pia si concretizzò solo il 20 settembre del 1870: il bambino era divenuto un ragazzo e aveva trascorso più tempo tra i cattolici che presso la sua famiglia ebraica. Nel film si nota un dettaglio che potrebbe sembrare romanzato ma che corrisponde a verità, ovvero l’incontro tra Edgardo e il fratello Riccardo, tenente dei Bersaglieri durante la presa di Porta Pia (per cui meritò una medaglia al valore). Riccardo chiede al fratello di tornare a casa, ricevendo però un rifiuto che indusse il nuovo questore della città a intervenire, senza però ricevere una risposta differente. Fu probabilmente su suggerimento dello stesso Pio IX che infine Edgardo si trasferì prima in Tirolo e poi in Francia, dove divenne sacerdote cattolico all’età di 23 anni mutando il suo nome in Pio Maria Mortara.

Durante la sua vita fu inviato come missionario in alcune città tra cui Monaco di Baviera, Magonza e Breslavia, con lo scopo di far convertire gli ebrei, fallendo il più delle volte.
Edgardo non cambiò mai idea rispetto alla fede religiosa, al punto che tentò persino di convertire la madre sul punto di morte, nel 1895, e tornò a parlare del tema del suo “rapimento” nel 1907 in alcuni articoli in risposta a Raffaele De Cesare (1845-1928), dichiarando di essere stato salvato dalle azioni cattoliche e quindi giustificando sempre i suoi rapitori.
Edagardo Mortara morì a Liegi (in Belgio) nel 1940, poco prima dell’invasione nazista e tra i documenti inerenti il caso, perlopiù reperibili sul sito della Biblioteca dell’Archiginnasio, si annovera anche un’autobiografia scritta dallo stesso Edgardo dal titolo Il fanciullo Mortara o le opere della divina provvidenza, dedicata a Papa Pio IX.

Rapito: il finale del film di Marco Bellocchio che stravolge la realtà

Tirando le somme di questa storia appare chiaro come Marco Bellocchio sia riuscito a tratteggiarne su pellicola i caratteri peculiari, raccontando abbastanza fedelmente vicende e luoghi del caso Mortara. Il regista pone l’accento sul lato umano, tralasciando alcuni dettagli superflui e non dimenticando mai di farci comprendere l’importanza che ebbe l’unità d’Italia nel caso Mortara e, se da una parte la Chiesa ne esce fuori infangata, dall’altro Pio IX ha certamente raggiunto il suo obiettivo: plagiare Edgardo rendendolo un cristiano così fervente da giustificare ogni cosa pur di difendere il suo padre putativo.

Questa è la verità a noi nota: Edgardo Mortara rimarrà cristiano per sempre e non si guarderà mai indietro, non avrà nessun tipo di tentennamento. Tuttavia Rapito resta pur sempre un’opera di finzione e a Marco Bellocchio va concesso il privilegio di cambiare la storia, di destare lo spirito del ragazzo. E ciò accade, finalmente, nella scena finale, quella in cui la processione con la salma del Pontefice percorre Ponte Sant’Angelo: la folla li travolge con l’intento di buttare nel fiume le spoglie di Pio IX, ma Edgardo fa da scudo, finché qualcosa non scatta dentro di lui, un guizzo di vita e follia che gli fa mutare espressione e urlare “buttiamolo nel Tevere ‘sto porco d’un Papa!”.
Il film ci abbandona con l’illusione di un mutamento, la realtà però è quella che abbiamo raccontato.