Prisoners: la spiegazione del finale del film di Denis Villeneuve

Jake Gyllenhaal, Hugh Jackman e Paul Dano sono gli straordinari protagonisti di un thriller che esplora la torbida realtà sotterranea della provincia americana

Una battuta di caccia anticipata da una preghiera – in una sorta di ricerca preventiva di redenzione – introduce alla vita di una famiglia semplice e felice, che si appresta a festeggiare il Giorno del Ringraziamento insieme ai propri vicini di casa, in una tranquilla cittadina della Pennsylvania. Questi le premesse e il teatro in cui si consumano i torbidi fatti di Prisoners, il thriller per la regia di Denis Villeneuve che ha per (eccezionali) protagonisti Hugh Jackman, Jake Gyllenhaal e Paul Dano, alle prese con un rapimento che assume progressivamente la forma di un enigma dalle radici profonde.

Prisoners: spiegazione del finale avvincente del film diretto da Denis Villeneuve

In un’ambientazione – fisica e psicologica – che ricorda le atmosfere di opere della portata di Mystic River, il regista affronta un’attenta esplorazione delle dinamiche sociali di un quartiere, di una città ed infine di un’intera società, in cui la religione appare contemporaneamente ricerca di un senso e motivo di smarrimento e deriva, non essendo in grado di fornire né le risposte, né lo sperato sollievo alle negatività della vita, laddove la violenza continua a rappresentare la scelta più semplice per sfogare frustrazioni, traumi del passato e desideri irrealizzabili.

Prisoners

La famiglia Dover

Gli eventi di Prisoners si scatenano quando l’equilibrio delle famiglie Dover e Birch viene turbato dal rapimento delle loro ultimogenite, Anna e Joy, sparite mentre cercavano un fischietto rosso, perso nelle vicinanze della loro casa;  primo indizio per avviarne le ricerche un camper parcheggiato davanti alle loro abitazioni, improvvisamente volatilizzato in seguito alla scomparsa delle bambine. Le indagini vengono immediatamente assegnate al detective Loki (Jake Gyllenhaal), che prende in carico il compito con la tranquillità di chi finora ha risolto ogni caso assegnatogli; ritrova in fretta il camper, ma il guidatore, il giovane Alex Jones (Paul  Dano),  sembra a malapena in grado di intendere e di volere, figuriamoci di architettare un duplice rapimento in pieno giorno, e Loki decide quindi di cercare altrove i responsabili dell’accaduto.

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Alex e Loki

Keller (Hugh Jackman) – il padre di Anna – invece non è affatto convinto dell’innocenza del ragazzo, e – aggredendolo fuori dal commissariato, al momento del suo rilascio – riesce ad estorcergli poche ma preziose parole:

Non hanno gridato finché non le ho lasciate.

Questa frase rappresenta l’inizio di una missione disperata per l’uomo che – persa la fiducia in Loki e nella forze dell’ordine in generale – decide di portare avanti le sue personali “indagini” segregando Alex nella vecchia casa del padre ormai deceduto e torturandolo per spingerlo ad una confessione che – tuttavia – tarda ad arrivare, limitandosi a frasi sibilline come:

Sono nel labirinto.

Io non sono Alex.

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Keller e Loki

Prisoners: un finale in cui la speranza si affaccia quando tutto sembra perduto

Nel frattempo Loki segue altre piste, una delle quali lo porta a scoprire il cadavere mummificato di un uomo nascosto nella cantina di un ex-sacerdote alcolizzato. Il prete confessa di averlo segregato e lasciato morire perché, in confessione, l’uomo gli avrebbe detto di aver ucciso sedici bambini. Un’altra pista, invece, conduce Loki ad indagare su Bob Taylor, un ragazzo evidentemente disturbato, fuggito in modo sospetto dalla veglia organizzata per la scomparsa delle bambine e che si scopre essere solito comprare numerosi abiti per bambini in un centro commerciale, nonostante non abbia figli. In casa sua vengono ritrovate alcune casse contenenti serpenti ed abiti insanguinati, oltre ad uno strano quaderno pieno di labirinti e contenente la scritta “tornerete a casa quando li avrete risolti tutti”, suggerendo a Loki di essere ormai vicino ad una svolta nelle indagini, dato che i genitori delle bambine riconoscono alcuni degli indumenti.

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I Birch e Loki

Ma la verità – fortunatamente – è ancora lontana, e proprio quando la determinazione e la forza di Loki cominciano a vacillare (e dopo aver provocato – a causa di una sua reazione violenta – il suicidio del sospettato), grazie ad una foto che mostra un ciondolo a forma di labirinto, appeso al collo del cadavere ritrovato a casa dell’ex-sacerdote, gli elementi apparentemente privi di un filo conduttore raccolti fino a quel momento cominciano ad incastrarsi: la cittadina in cui le bambine sono state rapite è vittima delle conseguenze delle azioni perpetrate negli anni da un pedofilo (l’uomo segregato e lasciato morire dall’ex sacerdote). L’identità dell’uomo corrisponde a quella dello zio di Alex, che – rimasto orfano all’età di sei anni – vive da allora sotto la tutela sua (fino alla sua scomparsa) e della moglie Holly Jones, una donna un tempo religiosa ma che ha rinnegato la Chiesa in seguito alla morte del figlio per cancro.

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Holly Jones e il nipote Alex

Da quel giorno, la donna conduce una vendetta contro tutti i bambini della città con l’aiuto del perfido marito, e le conseguenze delle azioni della coppia cominciano ad apparire chiare, rivelandosi anche Bob e altri bambini scomparsi nella cittadina tutte vittime dei Jones. Alex è stato quindi solo un tramite per segregare Anna e Joy nella cantina di Holly e Bob aveva recuperato gli abiti delle bambine infiltrandosi in casa delle stesse, intingendoli poi nel sangue di maiale per inscenarne il rapimento, in una sorta di catarsi schizoide dipendente dai traumi subiti nell’infanzia. I serpenti, infine, erano una passione del defunto Jones, con la quale era solito traumatizzare i bambini da lui rapiti.

Quando – in un momento di distrazione della signora Holly Jones –  la piccola Joy riesce a scappare dalla sua prigione, Loki capisce che gli rimane poco tempo per trovare e salvare Anna. Nel frattempo la piccola – ricoverata in ospedale per smaltire gli effetti delle droghe somministratele – non riesca a dire se la sua amichetta sia ancora viva ma, afferma rivolta verso Keller “anche tu sei stato lì”. I tasselli cominciano a tornare al loro posto, il padre di Anna si precipita a casa della signora Holly, dove già si era recato nei giorni precedenti per cercare conferme sulla colpevolezza di Alex (che, nel frattempo, viene trovato e liberato da Loki, collocando Keller nella posizione di ricercato). Giunto sul luogo, tuttavia, trova la donna pronta che – con la minaccia di una pistola e dopo averlo colpito alla gamba – lo spinge nello scantinato il cui ingresso è celato da una vecchia auto ed in in cui fino a poco tempo prima giacevano Joy e Anna. Di loro, tuttavia, rimane solo il fischietto rosso che diede inizio a tutto.

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Keller

Loki ormai ha tutto chiaro in mente e arriva da Holly Jones appena in tempo per salvare Anna, avendole la donna iniettato una sostanza in vena. Dopo una sparatoria che vede Holly morire e Loki ferito di striscio alla testa, il poliziotto dà il via ad una corsa disperata verso l’ospedale, per poter salvare la bambina, facendo fortunatamente in tempo.

Dopo qualche giorno, le bambine si sono quasi rimesse ed anche l’agente Loki, mentre la madre della piccola Anna si interroga sulla sorte di suo marito Keller. L’agente torna al lavoro, felice di aver concluso il caso con successo ma devastato dalla realtà che si è rivelata ai suoi occhi. Mentre segue i rilievi della scientifica sotto la casa dei Jones – alla ricerca dei corpi degli altri bambini scomparsi – ordina ai suoi uomini di sospendere il lavoro, essendo scesa la sera. Ancora un minuto per riflettere e lasciar decantare le emozioni dei giorni passati e Loki sente il sibilo di un fischietto. Un suono debole, quasi impercettibile ma abbastanza insistente da allertare il poliziotto, intenzionato a scoprirne la fonte.

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Loki

Denis Villeneuve chiude qui il suo bellissimo Prisoners ma lo spettatore intuisce: Keller è ancora vivo nello scantinato, e lo stesso fischietto smarrito che ha portato al rapimento delle bambine può essere ora il motivo della sua salvezza. Perché in un mondo che può perdere la fede in un essere superiore e nel valore della vita umana, la ruota continua a girare, e l’istinto di sopravvivenza divenire la molla più forte per vedere la luce in fondo al tunnel. Un approccio alla vita sintetizzato da Keller nel suo motto, più volte ripetuto nel film, e divenuto ora anche quello di Loki, nonostante la reciproca diffidenza:

Spera per il meglio, preparati per il peggio.