Mississippi Burning – la storia vera dietro al film di Alan Parker

Mississippi Burning ripercorre le orme di tre omicidi che cambiarono l'America per sempre

Diretto nel 1988 da Alan Parker, Mississippi Burning fu un vero e proprio caso cinematografico e riportò in auge uno degli eventi più vergognosi della storia moderna degli Stati Uniti: l’assassinio premeditato degli attivisti per i diritti civili avvenuto a Neshoba, nello stato del Mississippi il 21 giugno 1964. Il film ebbe in Parker un regista efficace, capace di valorizzare al massimo un cast di prima grandezza, che comprendeva Gene Hackman, Willem Dafoe, Frances McDormand, Brad Dourif, Kevin Dunn, Robert Lee Ermey e Micheal Rooker.

Mississippi Burning fu acclamato dalla critica di tutto il mondo e fu candidato a ben 8 premi oscar, tra cui Miglior Film, Miglior Attore, Miglior Attrice Non Protagonista, Montaggio e vincendo quello per la Miglior Fotografia a Peter Biziou. Ma perché il film fu così sentito negli Stati Uniti? Per rispondere a questa domanda dobbiamo tornare nei turbolenti anni ’60, quando le lotte degli studenti e dei giovani per i diritti civili, l’uguaglianza sociale, la pace in Vietnam e per un mondo diverso raggiungevano le più diverse forme di espressione e di realizzazione.

In quel periodo il Mississippi, come tutto il Sud degli Stati Uniti, era scosso da violenza, terrore e da una atmosfera irreale. Gli afroamericani, spinti dalle parole del reverendo Martin Luther King, lottavano ovunque per i propri diritti e la propria dignità, andando contro odiose consuetudini che i bianchi davano per normali e necessarie, nel loro intento di separare le razze. Una separazione che in realtà era di fatto una segregazione odiosa, dove sovente per il minimo sospetto o sgarro le persone di colore erano umiliate, picchiate, e sovente uccise senza che gli assassini fossero minimamente in pericolo.

Tuttavia col tempo anche molti attivisti bianchi si erano uniti alla lotta degli afroamericani, il che aveva ancora di più fatto aumentare rabbia e incredulità tra quei bianchi che vedevano in tutto questo un pericolo enorme per lo status quo e il quieto vivere a cui erano abituati. La violenza aumentò in modo esponenziale, tanto che persino il famigerato Ku Klux Klan tornò ad essere popolare come non mai, assieme a diversi altre associazioni e ordini religioso-militari come i Cavalieri del Cerchio D’oro, la Legione Nera o i Cavalieri Bianchi, tornarono a fare proseliti e a scatenare una violenza raccapricciante in tutto il sud.

Mississippi burning: la storia vera del film che colmò un inaccettabile vuoto giuridico

In questo clima di odio, dove quasi tutti i sindaci, sceriffi, deputati e lo stesso Governatore erano o favorevoli se non addirittura iscritti al Klan, la sentenza della Corte Suprema, che permetteva ai giovani afroamericani di frequentare Università e scuole, gettò benzina sul fuoco di una situazione sempre più incandescente. Molti sostenitori, sia bianchi che neri, arrivarono dal nord per aiutare il proletariato di colore nella lotta per vedere riconosciuti i proprio diritti politici e tra questi vi erano Andrew Goodman e Michael Schwerner.

I due, assieme all’afroamericano James Earl Chaney, si erano recati per indagare per conto del CORE (Congress of Racial Equality) sull’incendio doloso della chiesa Mount Zion a Meridian. Non sapevano che i Cavalieri Bianchi li tenevano d’occhio da tempo e che lo sceriffo Lawrence A. Rainey con i suoi vice era pronto a fermarli ad ogni costo.

Uno dei suoi vice, Cecil Price, fermò i tre mentre a bordo della loro macchina procedevano lungo la highway 16, paventando un’infrazione inerente l’eccessiva velocità. Arrestati e trasferiti alla prigione della contea di Neshoba, dopodiché di loro si persero le tracce. L’atroce realtà era che Rainey e i suoi complici, dietro le direttive del predicatore razzista Edgar Killien (uno dei comandanti locali del clan), avevano preparato da tempo l’azione e presi in custodie i tre ragazzi li avevano poi portai sulla highway 19, non distante da Philadephia, per poi ucciderli. Materialmente il fatto venne commesso, stando alle indagini, da  Alton W. RobertsJames Jordan che spararono a bruciapelo ai tre. I corpi vennero caricati su una station wagon e portati presso una diga all’interno della fattoria di un altro complice:  Olen L. Burrage. 

Già alle 16.45 gli amici e collaboratori dei tre avevano segnalato alle autorità la sparizione ma lo sceriffo  arrivò a negare di averli visti. Il direttore dell’FBI, il famigerato Edgar J. Hoover, per una volta non fece sconti (sotto la pressione del Presidente Lyndon Johnson) e ordinò subito al Bureau di avviare le indagini, mandando moltissimi agenti e specialisti nella contea ad indagare, conscio del lassismo delle autorità locali. Non ci volle molto perché brandelli di verità cominciassero a saltare fuori, e sotto la spinta di Robert Kennedy (allora Procuratore Generale) altri 150 agenti arrivarono da New Orleans.

Si trattava dell’operazione Mississippi Burning. Nel giro di alcuni giorni fu trovata la macchina dei ragazzi, che era stata occultata in malo modo e tutto il personale cominciò a setacciare la zona circostante ma senza alcun risultato. Tuttavia ben otto cadaveri di afroamericani vennero recuperati, tutti dati per scomparsi dalle famiglie senza che le autorità facessero niente. Solo grazie ad una soffiata di un non meglio precisato confidente, fu possibile ritrovare i corpi dei tre ragazzi, sui quali da tempo la stampa di parte, i politici locali e persino il Governatore avevano cominciato a gettare l’ombra della montatura.

L’iter giuridico fu lungo e contrastato dalla stampa e dai politici locali, ma l’FBI presentò comunque l’accusa contro 21 persone. Peccato che però contemporaneamente l’FBI operasse per smantellare la rete di associazioni per i diritti civili (sotto indicazione di Hoover) e che l’accusa di omicidio (non perseguita per scelta politica dei tribunali locali) venisse sostituita con quella più blanda di cospirazione eversiva. Diversi tra gli accusati vennero condannati a pene tra i 3 ed i 10 anni ma molti altri vennero assolti (compreso lo sceriffo Rainey) o in seguito graziati di parte della pena.

Merito del film Mississippi Burning fu riportare all’attenzione dei media il vuoto giuridico in materia e come il caso fosse stato sotterrato in fretta e furia.

Benché molti criticassero la pellicola di Parker per la mancanza di un personaggio centrale di colore (Spike Lee su tutti) e per un certo spirito paternalista, è innegabile che l’azione del Congresso, che nel 1989 approvò una risoluzione per onorare i tre ragazzi, fosse sicuramente dovuta al successo del film. E’ grazie al giornalista Jerry Mitchell (pioniere del giornalismo d’inchiesta) se nuove prove sono state raccolte ad inizio 2000, permettendo la riapertura del caso e mettendo sotto pressione il Congresso degli Stati Uniti.

Il risultato finale fu un nuovo processo al predicatore Killen, che pur anziano fu condannato a 20 anni per ognuno degli omicidi, vedendo l’appello respinto nel 2006. Giustizia infine fu fatta, e pochi film possono rivendicare un maggior merito rispetto a Mississippi Burning, che non solo parlò di un crimine, ma aiutò a risolverlo.