Memorie di una geisha: la storia vera a cui è ispirato il film

3 Academy Awards per un film in cui storia vera e finzione scenica sono intimamente interconnesse con il comune intento di raccontare lo stile di vita di una geisha negli anni precedenti e immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale.

Intenso e strappalacrime, il romanzo scritto da Arthur Golden nel 1997 ha commosso milioni di lettori in tutto il mondo tanto da convincere Hollywood a sviluppare un film altrettanto di successo, diretto da Rob Marshall e prodotto da Steven Spielberg, che ha riscosso un successo enorme presso gli spettatori e sui palchi delle cerimonie di premiazione nel corso dell’annata 2006. Tra l’adattamento cinematografico di Memorie di una geisha e il libro di Golden sono state riscontrate innumerevoli differenze per poter permettere alla storia di avere una maggiore presa sul grande schermo e riuscendo in questo modo a far emergere magistralmente i principi cardine delle vicende di una geisha di Kyoto e ai cambiamenti del mondo che la circondavano mentre la Seconda Guerra Mondiale imperversava nella sua nazione.

Purtroppo però, Memorie di una geisha non viene solamente ricordato per i suoi successi di critica e pubblico, bensì anche per le controversie che esso ha generato, oltre che per i vari problemi giudiziari che il romanziere ha dovuto affrontare con la donna che ha ispirato gli avvenimenti narrati nel libro. Infatti, nonostante il libro, così come il film, non sia la trasposizione letterale di una singola storia vera, esso è liberamente ispirato in larga parte alla vita di Mineko Iwasaki, all’anagrafe Masako Tanaka, la più famosa geisha giapponese dei suoi tempi, fino al suo inaspettato ritiro avvenuto alla sola età di 29 anni. Prima di entrare a fondo nella controversia avvenuta tra lei e Golden, andiamo prima a raccontare brevemente la sua vita.

La vera storia di Mineko Iwasaki a cui è ispirato il film Memorie di una geisha

Memorie di una geisha Cinematographe.it

Zhang Ziyi e Ken Watanabe interpretano rispettivamente la geisha Sayuri e il “Direttore Generale” in una scena tratta dal film Memorie di una geisha.

Un’infanzia trascorsa in un paesino sperduto del Giappone che la porta a soli cinque anni a lasciare la sua città natale per trasferirsi nella grande Kyoto così da dedicarsi principalmente allo studio della danza. La piccola Mineko prenderà in seguito il cognome della padrona di casa e fin dalla più tenera età inizierà il duro cammino per diventare geisha, composto dall’apprendimento di etichetta, eleganza e cultura oltre che delle arti dell’intrattenimento. Un percorso lungo e tortuoso, fatto di sacrifici, regole e dolorosi procedimenti per imparare al meglio grazia e portamento ma che non permetteva di stare al passo con i tempi. Alla giovane età di 21 anni, Mineko riesce a crearsi una reputazione come migliore danzatrice del paese, divenendo così ufficialmente una geisha e ottenendo una notorietà senza precedenti. È così che, durante la sua carriera, la ragazza ha incontrato e intrattenuto celebrità internazionali e politici di spicco, arrivando a conoscere persino la Regina Elisabetta II e il principe Carlo d’Inghilterra.

L’incredibile fama ottenuta in Giappone e all’estero portò con sé anche invidia e gelosia nei confronti di una ragazza così giovane e capace, e nel corso del tempo questi aspetti negativi si evolsero in vere e proprie aggressioni fisiche, da lei minuziosamente documentate e riportate con un’agghiacciante dovizia di particolari nella sua autobiografia. Ma non furono questi disagi a costringerla a ritirarsi all’età di 29 anni, bensì la rigidità di un sistema che non accennava a cambiare ma a rimanere sempre lo stesso nonostante le trasformazioni del mondo circostante. Limiti invalicabili che Mineko non poteva più sopportare, come la mancanza di un adeguato insegnamento delle lingue straniere, ormai indispensabili per una geisha che, come lei, aveva conosciuto persone provenienti da ogni parte del mondo. È così che all’apice della sua carriera decise di inviare un chiaro messaggio, sperando che la sua presa di posizione avrebbe scosso gli animi e generato il tanto agognato cambiamento. L’unico risultato di questa sua decisione fu però un effetto ancora più inaspettato e decisamente involuto: il ritiro di altre settanta geiko che volevano emularla e che, forse, erano anch’esse stanche di un mondo in stasi, contrario alle novità e al rinnovamento necessario per poter sopravvivere al mutare dei tempi. Come affermato dalla stessa Mineko, questo avvenimento fu forse un ulteriore motivo di declino di uno stile di vita che è stato ricordato al resto del mondo solamente grazie al romanzo, ma ancor di più attraverso il film, Memorie di una geisha.

Memorie di una geisha: la controversia tra Mineko Iwasaki e Arthur Golden

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Una scena tratta da Memorie di una geisha, la quale mostra l’incredibile attenzione per i dettagli della scenografia, per cui il film ha vinto il Premio Oscar nel 2006.

Per il suo esordio letterario, Arthur Golden, laureato in storia dell’arte alla prestigiosa Harvard e con un master in storia giapponese ottenuto alla Columbia University, decise di documentare lo stile di vita delle geisha giapponesi attraverso l’ideazione di una storia fittizia ispirata ai racconti di alcune ragazze che avevano ricoperto il ruolo nel periodo di maggior successo di questa professione. Egli intervistò diverse donne per il suo libro, ma colei che più di tutte ispirò la storia raccontata fu proprio Mineko Iwasaki. Secondo quest’ultima, le varie informazioni e gli aneddoti raccontati furono condivisi in maniera assolutamente confidenziale, tant’è che il suo nome non sarebbe mai dovuto comparire all’interno del progetto, lasciando il suo coinvolgimento anonimo. D’altro canto, Golden non solo la citò nei ringraziamenti alla fine del libro ma la nominò in numerose interviste rilasciate su giornali di testata nazionale. Nel momento in cui il romanzo si rivelò un enorme successo mondiale, Mineko si ritrovò oggetto di pesanti critiche secondo cui non solo aveva infranto il codice di segretezza delle geisha, ma attraverso i suoi racconti aveva oltremodo fomentato la credenza che le vede come prostitute d’élite piuttosto che come artiste altamente preparate.

Mineko si sentì quindi in dovere di denunciare Golden, non solo per riscattare il suo buon nome e quello delle altre geisha, ma anche per far fronte all’offesa subita: il romanziere aveva tradito il loro accordo secondo cui le informazioni sarebbero state fornite in maniera confidenziale e le aveva utilizzate per dipingere un quadro distorto della sua vita e di quello di tante altre donne. Inoltre, a detta della donna, egli aveva snaturato completamente alcuni eventi della sua carriera, attribuendo ad alcuni personaggi positivi realmente esistiti delle valenze negative in modo da conferire un tono più tragico all’opera. Iwasaki riuscì a portare Golden in tribunale con le rispettive accuse di violazione di contratto e diffamazione nel 2001, arrivando infine ad un accordo che terminò con il pagamento di una cifra mai rivelata pubblicamente nei confronti della donna, in ottemperanza ai torti subiti. In seguito, Mineko decise di scrivere di suo pugno la sua storia in un’autobiografia intitolata Geisha of Gion, in Italia edito nel 2016 come Storia proibita di una geisha. Il libro si è rivelato un discreto successo, anche se non paragonabile ai livelli ottenuti da Memorie di una geisha, grazie ai suoi vividi particolari e allo spaccato di vita che esso è riuscito a costruire nella mente dei lettori. E chissà che un giorno non decideranno di farne (di nuovo) un film.