Maurizio Costanzo, la passione per cinema e quell’impuntatura con Ettore Scola per Una giornata particolare

Dal sodalizio gotic-horror-fantasy con Pupi Avati al contributo alla sceneggiatura del film più importante di Ettore Scola (e del nostro cinema), ripercorriamo il lungo legame di Maurizio Costanzo con la settima arte.

Maurizio Costanzo (1938- 2023) è morto venerdì 24 febbraio a Roma, per arresto cardiaco, all’età di ottantaquattro anni. Una notizia che scuote perché ci sottrae uno dei personaggi di rilievo intellettuale più radicati nel nostro immaginario pop. Giornalista di lungo corso, tra radio, tv, carta stampata, Costanzo è stato un uomo che ha declinato il suo strumento di lavoro – la parola – in tutti i modi possibili: ha scritto canzoni e libri, programmi televisivi e radiofonici; ha collaborato alla stesura di numerose sceneggiature

Maurizio Costanzo: l’amore per la parola che si anima nella scrittura per radio, TV, cinema

Maurizio Costanzo e il regista Pino Strabioli

Il suo amore per il cinema, trasmesso a entrambi i figli avuti con Flaminia Morandi, Saverio e Camilla, rispettivamente regista e sceneggiatrice, lo ha portato anche a concedersi qualche piccola partecipazione in qualità d’attore – in Caterina va in città (2003) di Virzì, ad esempio – e soprattutto a dirigere un bizzarro film metacinematografico (o meglio, ‘metamelodrammatico’), nel 1978: Melodrammore, melodramma dentro il melodramma in cui un giovane attore, incerto su come interpretare un film strappalacrime, chiede consiglio a un collega più navigato. Un’esperienza tuttavia isolata, quest’ultima, all’interno di una carriera da sceneggiatore invece, come anticipato, assidua e proficua: dal debutto avvenuto nel 1968 con lo script di A qualsiasi prezzo, commedia furfantesca diretta da Emilio Miraglia, all’ultimo, Parlami di te, realizzato a quarant’anni esatti di distanza, nel 2008, per la regia di Brando De Sica, Maurizio Costanzo ha firmato in totale ben ventisei film

Con il regista Pupi Avati, in particolare, negli anni Settanta, ha stabilito un vero e proprio sodalizio creativo: Costanzo, infatti, è accreditato come sceneggiatore de La casa con le finestre che ridono (1976), culto del cinema d’intersezione tra noir e horror, di Tutti defunti… tranne i morti (1977), in cui l’elemento orrorifico-metafisico del precedente si smorza nel gotico e nel grottesco, del documentario Kolossal – I magnifici macisti (1977), del fantastico Le stelle nel fosso (1979) e della miniserie in quattro episodi Cinema!!! (1979), storia di quattro amici bolognesi che sognano di lavorare nel cinema.  

L’intervento di Costanzo nella sceneggiatura di Una giornata particolare: fu sua l’idea di ambientare “l’incontro di due solitudini” in epoca fascista, così da renderlo esemplare 

Una giornata particolare
‘Una giornata particolare’: tra gli sceneggiatori, oltre al regista Ettore Scola, anche Ruggero Maccari e Maurizio Costanzo.

Se i film scritti da Costanzo sono, dunque, tantissimi, uno si staglia sugli altri: Una giornata particolare di Ettore Scola, opera cinematografica di rara compiutezza drammaturgico-estetica che rappresenta un turning point della nostra storia cinematografica e che ancora oggi, come nel 1977, anno della sua distribuzione, continua a incidere grazie alla sua scrittura equilibrata, in cui componenti riflessive e componenti emotive convivono armonicamente in un tono complessivamente elegiaco. 

Nel momento in cui Ettore Scola cominciò a lavorare al film, la sua intenzione era quella di ambientare la storia di Antonietta, poi interpretata da Sophia Loren, una casalinga da cui si attende lo sforzo sacrificale di dedicare alla veglia indefessa del focolare domestico la sua intera esistenza, e di Gabriele (il personaggio di Mastroianni), omosessuale emarginato, in una Roma deserta durante una domenica di derby: nella prima versione del soggetto, i due reietti si conoscono in una città svuotata da un evento aggregativo e omologante particolarmente sentito dalla massa, un evento da cui però i due sono esclusi. Il regista non voleva realizzare un film storico, ma un dramma reso universale dall’atemporalità: l’ambientazione temporale aspecifica e alienante avrebbe, così, contribuito a emancipare il racconto visivo da marcature troppo circoscritte e connotate in senso storico e avrebbe evitato che il messaggio del film, priorità del regista, perdesse di forza e di attualità. 

Quando Ettore Scola, bloccato in un’impasse creativa, chiamò in aiuto Ruggero Maccari, con cui già aveva lavorato, e, quale nuovo collaboratore, Maurizio Costanzo, questi insistettero affinché considerasse di rivedere il suo rifiuto di fare un film storico e, anzi, ambientasse la vicenda delineata nel soggetto in epoca fascista: secondo loro, Antonietta e Gabriele si sarebbero dovuti incontrare e conoscere, come poi di fatto avvenne, in sede di sceneggiatura, e poi in fase realizzativa, il 6 maggio del 1938, durante una visita di Hitler a Roma.

Solo calando il film in età fascista, la solitudine di entrambi i protagonisti, ciascuno a proprio modo derelitto e oggetto di oppressione e, come nel caso di Gabriele, di persecuzione, si sarebbe fatta esemplare: in nessun’altra epoca della nostra storia, infatti, venne istituzionalizzata e collettivamente accolta, senza scrutinio o messa in discussione, la repressione come strumento di controllo e stabilità politica e mai in nessun’altra epoca della nostra storia, l’intolleranza nei confronti della diversità assunse una forma così insinuante e violenta. Soltanto inserite in una “giornata particolare”, delimitata con estrema precisione nel tempo storicamente inteso, le solitudini di Antonietta e Gabriele possono farsi ‘mito’, parabole di esclusione che si ripetono al di là delle manifestazione contingente e, nella ripetizione, attualizzano il loro messaggio di denuncia, lo rendono sempre più efficace. Intuizione, quest’ultima, per la quale, tra le altre cose, è doveroso attribuire merito anche a Maurizio Costanzo.

Per scrivere questo articolo si è consultato, quale fonte preziosissima, il saggio “Italia 1977: crocevia di un cambiamento” (a cura di Ermanno Taviani), edito da Rubettino nel 2014.