Inception: 10 anni di cortocircuiti spazio-temporali e architetture scatologiche

A dieci anni dall’uscita nelle sale torniamo a parlare del settimo film di Christopher Nolan con un focus che esplora i quattro ingredienti principali di una ricetta indimenticabile.

Era il 16 luglio 2010 (in Italia il 24 settembre dello stesso anno) quando Inception di Christopher Nolan debuttava nelle sale cinematografiche statunitensi. Da allora di anni ne sono trascorsi dieci, ma della mirabilia portata sul grande schermo dal cineasta britannico gli amanti della Settima Arte hanno ancora gli occhi pieni. Sembra ieri che le immagini spettacolari presenti nel settimo film del regista londinese facevano breccia nella retina dello spettatore, lasciando una traccia indelebile del loro passaggio nella mente e nell’immaginario comune. L’anniversario dell’uscita è l’occasione perfetta per analizzare quali sono stati e quali sono ancora oggi gli elementi che hanno contribuito ad accrescere il successo di un film destinato a conservare il suo splendore e la sua potenza visiva nel tempo.   

Il tempo è vitale in Inception

Inception cinematographe.it

Inception: recensione del film di Christopher Nolan

Non c’è dubbio che uno degli aspetti chiave e ricorrenti nel cinema del regista britannico, tanto da diventare già dall’esordio con Following una sorta di marchio di fabbrica del suo modo di concepire la Settima Arte sin dalla fase di scrittura, stia nella narrazione non lineare dei racconti. Una scansione degli eventi che nei suoi film non segue mai, salvo rarissime eccezioni, dei flussi continui, ma si assiste a una costruzione scatologica che prevede un movimento e uno scorrimento parallelo e intersecato di piani temporali e dimensioni altre. In questo modo il passato, il presente e il futuro si mescolano e si fondono senza soluzione di continuità, con la linea di demarcazione che diventa talmente impercettibile da scomparire agli occhi dei personaggi e degli spettatori. Un modus operandi che in Memento prima, con una narrativa inversa altamente innovativa, e in Inception poi, partorirà le sue espressioni più riuscite.

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In particolare, è nel film del 2010 che la non linearità genera i cortocircuiti spazio-temporali architettonicamente più complessi, con stratificazioni e passaggi pensati al millimetro per catapultare Cobb e la sua squadra nella dimensione sospesa tra sogno e realtà. Il racconto palleggia abilmente tra i piani e le dimensioni, creando un vorticoso giro di lancette orario e anti-orario che  rende la fruizione mai scontata, prevedibile e soprattutto basica. Tuttavia, lo spettatore di turno non necessita di una bussola, poiché la sceneggiatura di Nolan è un intricato percorso a ostacoli, composto da cunicoli topografici e cronometrici nei quali è meraviglioso perdersi. In tal senso, Inception è un meccanismo a orologeria a incastro ottimamente congegnato e svizzero nella precisione delle concatenazioni. Il “viaggio” che ne scaturisce è tra quelli più entusiasmanti della filmografia del cineasta londinese, con il ritmo incalzante della messa in quadro che esalta e rende ancora più potente l’impalcatura in modalità jump cut narrativi che vi è alla base.              

Inception – Sogno o son desto?

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È un quesito che tutti coloro che oggi come ieri si sono approcciati al film hanno giocoforza dovuto porsi, poiché rappresenta la componente fondamentale sul quale si regge e si sviluppa la scrittura e la sua messa in quadro. Le risposte sulla localizzazione esatta dei personaggi tra la dimensione onirica e quella reale si possono trovare di volta in volta solo immergendosi nella singola scena e nelle inquadrature che la compongono, con il fruitore che davanti agli specchietti delle allodole sapientemente piazzati sulla timeline spesso non riuscirà a distinguere l’una dall’altra. Il fascino e la bellezza di Inception sta proprio in questa capacità di impedire allo spettatore di navigare a vista nel racconto.   

Christopher Nolan: film ed estetica, da Memento a Dunkirk

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Non a caso una delle frasi di lancio utilizzate per la promozione della pellicola all’epoca dell’uscita in sala era proprio The dream is real. Una frase, questa, che ancora oggi campeggia a caratteri cubitali sulla locandina e che rappresenta il baricentro narrativo, drammaturgico e tematico, su e intorno al quale ruota l’opera.  Del resto, quello di utilizzare il sogno per trafugare segreti nella realtà è lo strumento che il protagonista, un abile “estrattore”, ha fatto suo per permettere a lui e ai membri del suo team di di partecipare a un “sogno condiviso”. Per farlo, Cobb e la sua squadra normalmente si servono di trucchi e inganni per carpire le informazioni della vittima, la quale crede di essere nella realtà e non sospetta nulla.   

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Tuttavia, l’idea di lavorare a un film che riguardasse i sogni ha cominciato a frullare nella testa di Nolan già ai tempi di Memento, ma la complessità del progetto e della primissima stesura dello script, oltre che gli ostacoli tecnologici, hanno impedito al progetto di arrivare a compimento. Ci sono voluti, infatti, dieci anni per creare tutti i presupposti per dare forma e sostanza all’idea. Nel mezzo, una serie di altri film (tra cui Insomnia e The Prestige) che hanno preparato il terreno e gettato le basi di quello che Inception ha portato ai massimi livelli, legando alla costruzione temporale concetti dal peso specifico elevato come le mutevoli esperienze soggettive della memoria, dell’identità personale e dell’essere. Tematiche, queste, che qui, come nella trilogia di Batman da lui firmata, sono assolutamente centrali.

Volevamo stupirvi con effetti speciali e ci siamo riusciti!

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Se i software e i gli hardware utilizzati da Nolan per Inception non avessero fatto passi da giganti, difficilmente ciò che gravitava nella mente del cineasta britannico si sarebbe potuto realizzare. Le esigenze tecniche e tecnologiche nel 2000, anno in cui aveva parlato per la prima volta del progetto, non erano alla portata. Poi tutto è cambiato ed ecco che l’opera è finalmente venuta al mondo per la gioia degli occhi degli spettatori e degli addetti ai lavori. Se il risultato è quello che è, il merito non è solo della scrittura e della regia, ma anche degli imponenti VFX che vanno a integrare il lavoro dietro la macchina da presa. Non a caso, uno dei quattro Oscar messi in bacheca dalla pellicola di Nolan è proprio quello per gli effetti speciali. A firmarli il  team britannico capitanato da Chris Corbould e composto da Paul J. Franklin, Andrew Lockley e Peter Bebb.

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Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, però, Nolan ha sempre puntato su effetti speciali pratici, limitando al minimo indispensabile l’uso invasivo della CGI, filmando il più possibile con la cinepresa, per poi lasciarsi aiutare da paesaggi sonori innovativi e una fotografia di grande formato. Il tutto per conferire alla scena di turno un tono realistico ed equilibrato da una messa in scena costruita ad hoc. Esempio ultimo la sequenza dell’aeroporto in Tenet, laddove a parità di costi, in nome del realismo, ha preferito fare schiantare un vero 747 contro un hangar, piuttosto che combinare miniature, effetti visivi computerizzati e pezzi speciali da costruzione. Un chiaro esempio di quando l’artigianato tocca vette altissime.

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Le stesse vette che ritroviamo in Inception in due scene dal grandissimo impatto visivo, che da sole valgono il prezzo del biglietto: da una parte quella che del lungo corridoio e della stanza d’albergo che vede impegnato Joseph Gordon-Levitt in un combattimento spettacolare in assenza di gravità, per la quale sono stati creati set e ambienti in grado di inclinarsi e di girare di 360°, dall’altra quella  del capovolgimento della città sulle teste di Cobb e Arianna, resa possibile da un ingegnoso gioco di specchi, riflessi e modellini. Per non parlare poi dell’adrenalinica scena dell’esplosione della panetteria a Parigi o della catastrofica distruzione della scogliera. Momenti di grande cinema che fanno di questo film un autentico gioiello.

Inception – Un cast stellare

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Anche se ti chiami Nolan, determinati film hanno comunque bisogno di nomi altisonanti in copertina per attirare schiere di potenziali spettatori. Da questo punto di vista il regista londinese non si è mai fatto mancare nulla e i cast stellari chiamati a raccolta di volta in volta lo certificano. Inception, in particolare, è l’occasione per vedere all’opera un ensemble di attori e attrici di caratura internazionale, popolarità e appeal mediatico. Un parterre de rois in grado di garantire al progetto una qualità nelle performance individuali e corali che è la ciliegina sulla torta di una straordinaria orchestrazione. Del resto, con “strumentisti” come  Leonardo DiCaprio, Tom Hardy, Ken Watanabe, Joseph Gordon-Levitt, Ellen Page, Marion Cotillard, Michael Caine e Cillian Murphy, il risultato è garantito.

Inception: spiegazione e significato del film di Christopher Nolan