I racconti di Parvana – The Breadwinner: 5 motivi per vedere il film animato

Il quadro drammatico della guerra in Afghanistan nel film prodotto dalla star di Hollywood Angelina Jolie.

Nelle sale italiane per una proiezione evento il 25 novembre, distribuito da Wanted Cinema, I racconti di Parvana (titolo italiano per The Breadwinner) è un film d’animazione diretto da Nora Twomey e prodotto da Angelina Jolie. Ormai da qualche anno attiva nel campo dei diritti umani, la star di Hollywood veste qui un ruolo che svolge magnificamente, patrocinando un prodotto completo, ottimo sia da un punto di vista artistico sia da un punto di vista politico. Anche la qualità tecnica dell’animazione si rifà ad alcuni degli esempi più interessanti del cinema animato che esula dalla stretta definizione di “film per famiglie”.

Perché I racconti di Parvana – The Breadwinner è un film da non perdere? Ecco, nello specifico, cinque motivi per vedere il film.

I racconti di Parvana racconta il quadro drammatico della Guerra in Afghanistan

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Tratto dal romanzo Sotto il burqa di Deborah Ellis, I racconti di Parvana è ambientato in una Kabul sotto perenne attacco militare. A rendere la città (e l’intero Paese) invivibile, oltre alla perenne minaccia dell’attacco militare americano, c’è la presenza arrogante e oppressiva dei Taliban e della cultura retrograda che impongono alla popolazione.

Sarà proprio la guerra e lo spazio che ha dato (e continua a dare) ai suoi “signori” Taliban a esasperare il clima e provocare una grande tragedia nella vita della giovane protagonista Parvana. Un giorno, infatti, senza alcun motivo reale e plausibile suo padre è chiuso in prigione, allontanato dagli affetti e dal sostegno dei suoi cari nonostante sia invalido e bisognoso di assistenza. Sarà la guerra, inoltre, a far precipitare gli eventi alla fine del film e a creare il momento giusto per l’inaspettato finale.

Scatenata dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, la Guerra in Afghanistan ha rappresentato un vero e proprio spartiacque storico e politico, una sorta di drammatica apertura del XXI secolo. Da allora, la popolazione occidentale è entrata in contatto in maniera costante con le condizioni di vita delle popolazioni mediorientali e delle violazioni dei diritti umani che in alcune zone – più che in altre – si è costretti costantemente a subire. Come se si fosse aperta una falla di comunicazione, alimentata anche dalla psicosi legata al terrorismo islamico, la condizione femminile in Medio Oriente (e, in particolar modo in Afghanistan) è diventata un tema sentito fortemente dall’opinione pubblica di tutto il mondo. Per questo motivo, film come I racconti di Parvana hanno il compito importante di riportare l’attenzione su quei fenomeni culturali e sociali (come l’imposizione del burqa, per esempio) anche 18 anni dopo la loro sconvolgente scoperta.

Un racconto commovente del rapporto padre-figlia

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Scritto con grande sensibilità e attenzione, I racconti di Parvana sono – sì – una testimonianza dell’oppressione che le donne subiscono nella società afghana, ma anche una narrazione esemplare di speranza e bellezza. Speranza e bellezza che germogliano grazie a un nucleo familiare pieno di amore, comprensione e rispetto reciproco. L

a forza del personaggio di Parvana, infatti, nasce proprio da un’oasi culturale faticosamente costruita dai suoi genitori – e soprattutto da suo padre – in un contesto che va in tutt’altra direzione. Dove ormai i diritti delle donne sono tabù, tanto da negare loro il diritto di girare per strada a volto scoperto o di poter alzare la voce in presenza di un uomo, la famiglia di Parvana coltiva le giovani vite delle sue figlie con la stessa considerazione e lo stesso orgoglio riservato ai figli maschi. Sarà per questo che, quando il padre sarà rinchiuso, Parvana deciderà di vestire i panni del fratello maggiore, scomparso, per provvedere ella stessa ai bisogni di tutta la famiglia.

Allo stesso tempo, sarà proprio questa mentalità paritaria a causare la disgrazia della reclusione del padre, naturalmente portato a tutelare la figlia, senza lasciare che le si impongano umilianti restrizioni “morali”.

I racconti di Parvana, un ritratto intenso della donna in Afghanistan

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Come già magnificamente è avvenuto in Persepolis di Marjane Satrapi, la guerra è raccontata ne I racconti di Parvana attraverso lo sguardo acuto e innocente di una ragazzina, non abbastanza rassegnata da accettare la violenza senza porsi delle domande. Questo è lo sguardo che il film invita a conservare, quello di critica irremovibile verso le ingiustizie e perennemente proiettato verso la speranza.

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Al di là della sua età, Parvana vive in prima persona la castrante condizione della donna nel suo Paese. L’innata ribellione che si preserva all’interno della famiglia denota una certa resistenza e, soprattutto, indica che l’integralismo – per quanto sia il modello culturale dominante – non rappresenta affatto la volontà di tutta la popolazione.

Men che meno rappresenta la volontà delle donne che, pur rassegnate a tenere il capo basso per una mera questione di sopravvivenza, sopportano a malapena i continui soprusi. Per questo motivo, la soluzione più semplice e – da un punto di vista di identità di genere – più complessa, sarà camuffare la femminilità di Parvana e spacciarla per maschio. In questo modo, e solo in questo modo, la protagonista potrà assaporare un certo senso di libertà e la gratificante sensazione di essere indispensabile per la sopravvivenza dei suoi cari. Eppure, nel finale, emergerà tutta la forza del genere femminile, una forza che nasce dal non avere più niente da perdere: sicuramente non la propria vita, privata a tal punto di valore da poter essere brandita come merce di scambio per la salvezza dei propri cari.

La poesia del racconto

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Un espediente narrativo molto interessante che la regista, insieme alle sceneggiatrici Anita Doron e Deborah Harris (l’autrice del romanzo da cui è tratto il film), è l’uso del racconto nel racconto. Questo gioco di meta narrazione è una trovata sicuramente già utilizzata, ma che qui si arricchisce di un’alta vocazione poetica, complice l’immaginario affascinante da cui trae ispirazione.

Il racconto del giovane alle prese con il terribile Re Elefante ha la tipica struttura della favola di ricerca ed è usato dalla protagonista per due scopi: quello immediatamente manifesto di addolcire il clima di tensione familiare dopo l’arresto del padre e quello che sarà svelato solo alla fine, di omaggio alla memoria del fratello scomparso.

La tecnica di animazione utilizzata per la favola, oltre a chiarire subito la differenza tra la dimensione reale e quella fantastica, permette alla regia di lanciarsi in tecniche meno canoniche e esteticamente meno legate alle regole della verosimiglianza. In questo modo si ribadisce il valore imprescindibile e salvifico del racconto e dell’arte, come valvola di sfogo nei momenti più bui dell’esistenza e come agente trasfiguratore degli eventi traumatici.

La qualità dell’animazione ne I racconti di Parvana

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I racconti di Parvana ha una qualità del disegno e dell’animazione perfettamente all’altezza di un contenuto così importante e profondo.

Là dove si entra nel meta-racconto favolistico – come abbiamo già visto – i disegni e le animazioni hanno una preziosità perfettamente coerente con l’estetica della tradizione che rappresentano. Anche nella storia principale, però, I racconti di Parvana presenta delle scelte intelligenti, che contribuiscono a un risultato finale armonico per forma e sostanza. L’aspetto stilizzato dei personaggi, infatti, è adeguatamente proporzionato alla violenza mostrata senza filtri e edulcorazioni: il risultato con uno stile più realistico sarebbe stato troppo crudo e avrebbe respinto il pubblico anagraficamente trasversale a cui il film si rivolge. Inoltre, la cura degli sfondi inchioda la narrazione esattamente in quel contesto storico e geografico, mostrando tutto il grigiore, ma anche la bellezza che si intravede nonostante la violenza dell’Uomo, di una terra martoriata.

I personaggi raccontati nel film colmano di realismo emotivo una definizione stilizzata, non facendo mancare nulla all’occhio dello spettatore. I racconti di Parvana diventano, così, un’esperienza toccante, emozionante, su cui è importante soffermarsi.