Gemini Man: cosa abbiamo visto nei primi 25 minuti del film – il nostro resoconto

Ecco cosa abbiamo visto nei primi minuti del nuovo film di Ang Lee, Gemini Man, con protagonista Will Smith, tra tecnologia futuristica e problemi di etica.

Il cinema ha già detto tutto. Tematiche di ogni natura sono state affrontate, in ogni declinazione, e nella settima arte si è giunti a una sorta di stasi in cui reboot e remake hanno la meglio (da un punto di vista puramente commerciale) e in cui indiscussi protagonisti della scena sono i cinecomics, in un quadro generale che vede la serialità trasposta sul grande schermo con gli universi condivisi. In tempi recenti la tecnologia ha mosso passi da gigante nell’industria cinematografica, configurandosi come l’unico espediente possibile per cambiare i modi, i tempi, della narrazione. Gemini Man, film diretto da Ang Lee che sarà possibile vedere dal mese di ottobre in sala, è un esempio perfettamente calzante di come, grazie all’inclusione della tecnologia e del suo inarrestabile avanzamento in tutti i campi, si possa giungere a narrare una storia semplice rendendola nuova attraverso una nuova lente.

gemini man Cinematographe.it

Gemini Man: Will Smith contro se stesso

Protagonista di Gemini Man è Will Smith, che torna a vestire i panni di un eroe action: il suo personaggio, Henry Brogan, è un assassino professionista che ha lavorato per conto di un’organizzazione criminale. Ora si è ritirato a vita privata, mettendo la parola fine alla sua pericolosa carriera, ma è proprio il suo capo (Clive Owen) a non essere d’accordo con questa scelta. Per questa ragione, grazie al DNA di Henry riuscirà a dar vita a un clone del suo fidato agente, che viene mandato a uccidere il Brogan originale.

gemini man Cinematographe.it

Gemini Man: una tecnologia speciale per il ringiovanimento attoriale

In occasione del footage screening di Gemini Man, che si è tenuto a Roma lo scorso 11 settembre, sono state mostrate in anteprima alcune immagini tratte dal film e si è discusso approfonditamente del tipo di tecnologia utilizzato dal regista per rendere possibile, e soprattutto credibile, una sfida contro se stessi. Nel footage screening è stato possibile vedere in anteprima tre scene, due delle quali ad alto tasso di azione e una incentrata attorno a un dialogo fondamentale fra il personaggio del clone e quello di Owen, che deve rispondere delle sue decisioni per la prima volta.

L’unicità di questo progetto, che ha potuto vedere la luce solo dopo dieci anni, risiede nell’uso di più tecniche che, insieme, danno vita a un risultato eccellente: da una parte l’HFR high frame rate – consente l’inserimento di una maggior quantità di fotogrammi al secondo, garantendo una fluidità di movimento, una maggiore nitidezza d’immagine e un grado di iperrealismo mai raggiunto prima. Per rendere possibile il ringiovanimento di Will Smith si è optato per una tecnologia che si discosta dall’ormai conosciuto de-aging, sorta di “trucco” digitale applicato sul viso dell’attore. Lee ha, infatti, optato per un modello digitale di una versione giovane del protagonista che, grazie alla tecnica della performance capture, è stato “applicato” sull’attore, rendendo naturale ed efficace al massimo il risultato. Infine, il 3D+ garantisce un’esperienza immersiva unica allo spettatore in sala.

La sfida non è stata, dunque, quella di costruire semplicemente un modello digitale realistico, bensì quello di riproporre digitalmente un’immagine che gli spettatori conoscono bene e che non esiste più, ossia quella di un Will Smith giovane, la quale non avrebbe consentito alcuna licenza sul look e sulla fisionomia. Will Smith, da parte sua, afferma che solo dopo aver maturato un determinato livello di esperienza attoriale avrebbe potuto interpretare due “se stesso” in chiave profondamente differente.

Gemini Man: etica e tecnologia al cinema

Gemini Man, dunque, si avvale delle possibilità tecniche utilizzate non solo per garantire un’esperienza mai provata, bensì per accordarla a una riflessione sul concetto di doppio, di clone, che è possibile esplorare anche al di fuori della narrazione del film. Se Smith è giunto a sfidare un sé più giovane, se il de-aging ha già consentito più volte di veder recitare attori calati nelle “vesti” di un’età anagrafica che non hanno più, tramite tecnologie diverse (Michael Douglas, Robert Downey Jr. e Kurt Russell nei film Marvel, Carrie Fisher in Rogue One: A Star Wars’ Story, Sean Young in Blade Runner 2049), quanto tempo dovrà passare prima di poter vedere recitare attori e attrici che non ci sono più, arrivando poi a sollevare questioni di natura etica? Davvero poco, crediamo.

Tags: Will Smith