Ennio Morricone e la famosa conferenza per The Hateful Eight

Un racconto inedito sulla conferenza stampa del film di Tarantino che fruttò l’Oscar al Maestro Morricone.

Non avevo mai incontrato o visto dal vivo Ennio Morricone. Il giorno prima tutta la stampa di settore era stata convocata per la proiezione del nuovo film di Quentin Tarantino, il nono, ci teneva a evidenziare il comunicato, The Hateful Eight. La particolarità stava nella location. Solitamente le proiezioni stampa si svolgono nei cinema. Belle sale attrezzate, ma più o meno le stesse frequentate dal pubblico. Stavolta però Tarantino aveva imposto i 70mm, e quindi particolari condizioni di proiezione che non potevano essere soddisfatte da nessuna delle sale romane. Così si allestì una sala nello Studio 5 di Cinecittà, con uno schermo gigantesco e più assottigliato dei soliti per avere tutto lo splendore di quel formato che il regista di Knoxville aveva tirato fuori dal passato come fanno i maghi dal proprio cilindro.

Editoriale | Ennio Morricone, la musica che non dimenticheremo mai

Era il 27 gennaio 2016 e il giorno dopo, con il film che ci aveva macerato dentro per una notte, tutti noi critici, giornalisti, fotografi e blogger vari ci saremmo recati in un elegante hotel romano per partecipare alla conferenza stampa. Presenti lo stesso Tarantino, due attori del cast, Kurt Russell e John Madsen, e poi il Maestro autore delle musiche. Il suo primo western di musiche originali con l’ex-ragazzaccio delle Iene. Sala gremita come per tutti quei film che determinano la qualità di un’intera stagione cinematografica. I pressbook che coprivano velocemente le poltrone porpora per occupare i posti migliori, un frenetico vociare, telecamere e telefoni spiegati per registrare l’evento in ogni maniera possibile e quella corsa, anzi marcia ai limiti del fantozziano per non restare in piedi, o peggio, fuori.

Ennio Morricone e la domanda sulla colonna sonora

Capitai seduto vicino a un collega molto competente, profondo estimatore del pulp, di Tarantino e del lavoro enciclopedico di Morricone. Chiacchierando scoprimmo che serbavamo la stessa domanda da porgere proprio al maestro. Avevamo scoperto entrambi da pochissimo che un brano della colonna sonora di The Hateful Eight era uno scarto di quella scritta per La Cosa, horror firmato John Carpenter nel 1982. Il regista, come a volte accade nelle lavorazioni, scartò quel pezzo a suo tempo, così Morricone lo aveva conservato per anni in un cassetto, mantenendolo inedito e ritenendolo buono, a ben 24 anni di distanza, per aggiungerlo proprio al nuovo soundtrack scritto per Tarantino. Dal canto mio gli avrei chiesto semplicemente di raccontarci i motivi di quell’attesa e della sua scelta caduta proprio su questo film e mai su nessun precedente. Ma vidi molta passione nel mio collega, così gli lasciai fare quella domanda, pensando di farne un’altra per cast e attori.

Anche da professionisti, e pur avendo idee chiarissime, certe volte capita di partire a braccio, emozionarsi un po’ e finire per complicare la propria domanda impigliandola in un monologhetto fitto di preamboli che l’intervistato puntualmente non capisce, o addirittura fraintende. Fu così che Ennio Morricone decriptò quella domanda come una sorta d’illazione su una possibile non originalità della sua opera. Così il Maestro fraintese una domanda tecnica e innocua, fatta anche senza malizia ma con il massimo rispetto ancor prima che affetto, e ribaltò la cosa sulla possibilità di un plagio a La Cosa avanzata dal collega. Ipotesi che avrebbero costituito per lui mancanza di rispetto verso Carpenter, Tarantino e il pubblico. Fulmini e saette scagliate al mio collega innocentemente inebetito, e io lì a fianco a occhi sgranati, immobile e sfiorato inaspettatamente dalle scintille tra le due parti in causa per il quiproquo. Tarantino, seduto vicino al Maestro e improvvisatosi paciere, cercava di placarlo, ma lui, severissimo, oramai si era innervosito proseguendo nel misunderstanding. Tanto che dopo la fine del suo intervento, il Maestro volle riprenderlo, microfono alla mano, con più durezza dopo la domanda di un altro giornalista e la risposta del regista su argomenti ovviamente diversi da quel brano della discordia che sembrava fosse chiuso. Lo sfogo del Maestro continuò a stupire tutti finché non si placò da solo, come da solo un musicista scrive la sua musica.

The Hateful Eight e l’Oscar a Ennio Morricone per la Miglior colonna sonora

Fu un episodio curioso nel quale capii quanto lui fosse ligio al rispetto per gli artisti che gli affidavano le loro immagini per musicarle al meglio. Un uomo d’altri tempi. Magari all’apparenza rigido e severo, ma comprensibilmente giusto nei suoi princìpi. Nel suo caso anche geniale. I meme stupidelli che il web produsse sull’episodio furono pseudo-parodia per una situazione che a suo modo apparve anche un po’ surreale, quindi buffa. Ma in quel tourbillon non persi mai di vista chi avevo di fronte, le sue intenzioni e soprattutto la sua arte. Per quel film Ennio Morricone prese il suo primo Oscar per la Miglior colonna sonora. Quegli odiosi e impellicciati cacciatori di taglie tra le nevi del Wyoming vivevano le loro losche trame fasciati da note che raccontavano la storia in un modo ancor più epico dei 70mm di Tarantino. La Statuetta fu meritata eccome. E poi quell’uomo con gli occhiali, minuto ma gigante, anche se con il genio che gli serpeggiava tra lo sguardo e gli occhiali spessi, metteva un inusuale mix tra soggezione e familiarità. Forse per le sue musiche che hanno accompagnato la mia vita e il mio lavoro di studio sul cinema, e forse perché il suo romanesco mai calcato ma presente, assomigliava tanto a quello di mia madre.

In quanto alla mia domanda di riserva rimasta in sospeso, non riuscii mai a farla. Troppe erano le mani alzate e forse avrei dovuto gentilmente impormi sul mio collega. Ora non ci saranno altre possibilità di parlare con Ennio Morricone. Più nessuna domanda originale o fuori luogo. Niente più scoop. Si potrà solo ascoltarlo nei suoi interventi registrati e soprattutto in quell’inestimabile tesoro di note, a volte cadute come neve o petali, versate come acqua bollente o altre volte ghiacciata, sparate come proiettili o accarezzate come abiti di lino, o ancora elettricamente graffiate come chitarre acide, o posate infine con la maestosità di aquile su tutta la sua sterminata, immortale filmografia.