Il confuso mondo di Elodie, la diva che vuole essere tutto

Elodie ha talenti, bellezza, carisma. Fa della sua identità frammentata una bandiera di libertà ma, tra sovraesposizione, gossip e carriere parallele, l’impressione è che debba ancora trovarsi.

È innegabile che Elodie, nata a Roma il 3 maggio del 1990 da madre parigina di ascendenze creole, un’artista figurativa originaria della Guadalupa, e padre romano, emana una luce particolare. Questo carisma non sembra provenire, però, da nessuno dei suoi tanti talenti: né dal canto (da cui è partita), né dalla recitazione (a cui è approdata, al momento con una prima buona prova, che dovrà essere confermata nel tempo e secondo diversi registri interpretativi), né dal ballo, con cui si cimenta più assiduamente dal festival di Sanremo dell’anno scorso, quando stupì il pubblico con un’esibizione degna di una showgirl à la Carrà, senz’altro ancora acerba, ma molto promettente. 

Elodie, l’artista che seduce perché pop e raffinata, ma ancora tutta da costruirsi

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Elodie in una scena del film Ti mangio il cuore. Ph. Sara Sabatino

Una vocazione pop, la sua, che non sembra sconfinare mai nel soubrettismo, ma sa elevarsi a un piano più nobile, anche perché Elodie possiede un’indubbia grazia. Un po’ per il suo profilo da gazzella, sinuoso e longilineo, un po’ per la sua naturale eleganza, qualsiasi cosa indossi, anche l’outfit più ardito, e qualsiasi movimento o ammiccamento azzardi si assicurano al riparo dal giudizio di volgarità. 

Eppure, come già anticipato, non si tratta solo né di talento (talenti, al plurale) né di portamento. Grazie all’intelligenza che si rivela nell’eloquio rapido e incisivo e in una forza comunicativa spesso a servizio del racconto di sé – dalla rievocazione dell’infanzia ‘abbadonica’ in periferia, precaria nelle tutele educative e in condizioni di disagio economico e di instabilità famigliare, alla narrazione, tra dichiarazioni d’amore assoluto o confessioni di fragilità, delle diverse sfaccettature di un’esistenza adulta e di una femminilità in costruzione –, Elodie è riuscita in pochi anni a imporsi nell’immaginario collettivo e a guadagnarsi l’attenzione di un pubblico vasto e di numerosi brand di moda che la vogliono come ambasciatrice proprio perché, comunicando insieme con il corpo e con le parole, mostra di non essere una bambolina manipolabile, ma una donna che, se pure ha sofferto, non ripiega né arretra, e anzi si lancia, senza timori reverenziali, alla conquista di un futuro mai dato per scontato.

Elodie, cantante, attrice, showgirl, ragazza copertina, icona di stile e di lotta per i diritti civili: chi è veramente la diva che sembra voler essere tutto?

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Elodie in una scena del film Ti mangio il cuore. Ph. Sara Sabatino

Il successo di cui gode si fonda sulla capacità di sintetizzare in un’immagine apparentemente coerente – ma il gioco procede su un tavolo scivoloso – aspetti diversi e a ben guardare contraddittori di una personalità tanto forte quanto screziata: il suo percorso nasce nel segno del canto, ma, dai banchi da Amici dove si era fatta apprezzare per la voce soul (provare per credere, sentirla cantare pezzi jazz è un’esperienza sbalorditiva) ai tormentoni improntati al disimpegno e all’archiviabilità di cui è stata interprete negli ultimi anni e che talvolta nascono soprattutto a favore di stream e di coreografia Tik Tok, Elodie sembra aver accantonato la cura della sua spessa vocalità per accomodarsi su registri canori più rilassati, optando di fatto per la carriera della pop star che sa fare di tutto un po’, senza approfondire né valorizzare nessuna qualità particolare.  

Al festival di Venezia, dove era attesissima e dove ha presentato il suo film di debutto, Ti mangio il cuore, un western tragico, tra fiction e realtà, di mafia, amore e vendetta per la regia di Pippo Mezzapesa, ha raccontato di aver atteso a lungo un’occasione al cinema e di aver capito che fosse il momento di tentare quando si è trovata di fronte alla “magia” di una storia di spessore: del suo personaggio, Marilena, l’hanno colpita la complessità e il coraggio, e, grazie a lei, una donna che nasconde dietro la sua femminilità dominante e un atteggiamento aggressivo intime fragilità, è riuscita, in una flessione terapeutica dell’esperienza, a venire a capo di schemi comportamentali che la riguardano in prima persona. 

La scelta di questo suo film d’esordio, in un rigoroso quanto abbacinante bianco e nero, va nella direzione dell’approfondimento sia sociologico sia psicologico, e dell’impegno tanto estetico quanto morale. Sebbene il comune denominatore sia la volontà di fare l’interprete, la carriera parallela nella quale ha mosso il primo passo si colloca dunque, per sua stessa ammissione, in una posizione di evidente antitesi rispetto a quella principale di cantante, da tempo deviata verso la dimensione del puro intrattenimento

Elodie, dal rifiuto delle etichette alla sovraesposizione mediatica: la moltiplicazione delle identità come bandiera (e come limite) 

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Elodie a Venezia, dove ha presentato il suo film di debutto: ‘Ti mangio il cuore’, di Pippo Mezzapesa

Elodie spesso insiste sul rifiuto dell’etichette di qualsiasi genere, professionali e no: a Venezia, a chi le ha chiesto delle sue energiche prese di posizione contro la Meloni (e, in passato, contro Salvini), soprattutto a difesa dei diritti civili, ha risposto, in quella che sembra una parziale attenuazione, che non intende identificarsi con un partito politico – “Ma alle prossime elezioni so già chi votare; anche chi non votare” – e che non si considera una donna di sinistra.

Si riserva per sé il diritto di giudicare di volta in volta – “Se ci fosse un candidato di destra con idee interessanti lo voterei pure“; ancora, “a volte bisogna prendere strade lontane per tornare su quella giusta” – e di poter esprimere un voto politico in base alle circostanze, e, del resto, della sua identità frammentata ha sempre fatto e continua a fare una bandiera di libertà. Come a dire: intendo essere una, nessuna, centomila, e ogni cambio anche repentino di scena è in realtà una scelta consapevole, espressione di una mia volontà. Un programma apparentemente meritevole di autodeterminazione. Ma affiora lo stesso il sospetto che, a non volere schemi, si attui comunque uno schema. Uno schema di fuga dalla responsabilità della scelta.

L’impressione che, da questo atteggiamento di fluttuazione identitaria, infine se ne ricava è infatti di trovarsi di fronte a un’artista ancora irrisolta, che procede per tentativi, buttandosi nei progetti che intraprende, riusciti o meno, per impulso o per feeling più che per solida riflessione o per urgenza espressiva. Una pulsione sperimentale che sarà interessante vedere dove andrà a parare. A oggi, se è vero che sul suo neonato impegno al cinema è prematuro abbozzare un giudizio, nessuna delle sue canzoni risulta memorabile (ma è la natura delle hit usa e getta) né, d’altro canto, può contare su un volume di concerti live al suo attivo tale da garantirle una continuità nella relazione con un pubblico che non sia di fruitori, occasionali o compulsivi, della musica in streaming.

Alla sovraesposizione mediatica di cui negli ultimi tempi è vera e propria protagonista, sull’onda di un interesse che ha saputo alimentare spesso anche virtuosamente, si aggiungono inoltre certe frequentazioni da copertina, dalla ‘sorellanza’ con Diletta Leotta alla recente amicizia sentimentale con Andrea Iannone, personaggi che, più che per il rilievo nei rispettivi ambiti di lavoro, sono noti per gli amori patinati, per l’estetica ‘plastica’ e per la passione per la vita mondana. Frequentazioni che l’hanno resa, forse suo malgrado, reginetta del gossip, titolo che è difficile trovare edificante. Ma, del resto, lei vive di istinto, perché “nessuno può mettersi tra me e la mia libertà“. Libertà anche di sparigliare di continuo le carte e di esplorare mondi spensierati, che non portano a nulla.

A giudicare da queste continue moltiplicazioni identitarie, viene però da pensare che, prima o poi, anche a Elodie, diva insofferente alle etichette che vuole essere tutto e il contrario di tutto, toccherà di scegliere se percorrere la strada della rispettabilità artistica, a cui pure potrebbe ambire per talento e intelligenza, o invece seguire la via del prezzemolinismo estemporaneo – o, dell’istinto, se vogliamo nobilitare il concetto, come lei stessa fa –, e così aggirare la questione dell’integrità. Come canta un famoso rapper, nonché una sua vecchia conoscenza: “Con chi stai? Noi o loro?”.

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