Cinematographe.it presenta Momenti di trascurabile felicità di Daniele Luchetti

La nostra considerazione su Momenti di trascurabile felicità, il film di Daniele Luchetti con Pif e Thony protagonisti.

Che Daniele Luchetti sia stato coraggioso ad attingere da un’opera scritta come quella di Francesco Piccolo, così ricca di piaceri volatili e momenti da italiano medio, non ci piove! Il regista romano, però, ha fatto anche in modo di confezionare il tutto alla perfezione, regalando al pubblico italiano un prodotto ironico, genuino, colloquiale; che non è la perfezione, che non segna evoluzioni né rivoluzioni, semplicemente percorre quella strada italiana fatta di luoghi comuni, persone teneramente normali, situazioni in bilico.
Nessun eroe, nessuna impresa: Momenti di trascurabile felicità è semplicemente vita, quella di ognuno di noi, magari un po’ più romanzata, rivisitata, raccontata, ma maledettamente normale.

Prodotto da Beppe Caschetto di IBC Movie e Rai Cinema e uscito nelle sale italiane il 14 marzo con 01 Distribution, Momenti di trascurabile felicità sembra aver dato al pubblico italiano esattamente ciò che ci si aspettava, riuscendo a reggere bene l’impatto con pellicole come Captain Marvel che, seppur giunto nelle sale con una settimana d’anticipo rispetto al titolo in questione, ha continuato ad attirare la folla. Ciononostante il richiamo di Pif ha generato un introito di € 772.885 al debutto, mantenendosi al secondo posto con uno scarto sul cinecomic Marvel non indifferente. All’inizio della settimana corrente gli sono bastati 42 mila euro per il terzo posto, salvo poi scivolare al settimo con l’arrivo di una carrellata di nuovi film. Insomma, se consideriamo il pessimismo incontro al quale stiamo andando in quest’ultimo periodo, forse il film di Luchetti può essere considerato un vincitore del botteghino italiano.

Momenti di trascurabile felicità: oltre l’involucro della bellezza

Momenti di trascurabile felicità cinematographe

È altrettanto vincente l’idea di usare il volto e la voce di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, attirando così quanti amano quel modo di fare scanzonato, l’accento siculo ma non troppo, l’espressione da eterno bambino e quel modo di raccontare quasi antico, che però rassicura, piace!
Il suo Paolo gli è stato praticamente cucito addosso, come l’intera pellicola, tant’è che potremmo definire Momenti di trascurabile felicità un film Pif-centrico ed è un peccato, perché così facendo Luchetti guadagna in popolarità, ma perde in capacità di rischio, eppure non cade nel circolo vizioso della bellezza: sembra non essere interessato a spiattellarci in faccia il prorompente fascino di Palermo, inserita in sordina come uno sfondo in green screen.

A Luchetti e al suo team non interessa l’involucro della bellezza, ma il tempo che dedichiamo ad assaporarla e questo lo si evince dall’inizio alla fine della pellicola, che già nei primi minuti ci mette alle strette, con l’orologio alla mano, come se quell’ora e mezza fosse anche la nostra ultima fetta di tempo sulla Terra. Paolo Federici, infatti, è morto in un incidente stradale: nessuna pietà per uno che passa col semaforo rosso, consapevole che se sbaglia di un quarto di secondo è finita. Il rimorso è però inevitabile anche per noi che siamo comodamente seduti in poltrona, perché insomma una morte così è davvero quasi più stupida di noi mortali e una seconda chance deve pur esserci!

Momenti di trascurabile felicità: l’umanità secondo Daniele Luchetti

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Ciò che segue, ovvero la rappresentazione dell’aldilà, è sicuramente uno dei frangenti più ironici e comici dell’intero film, che ci mostra il Paradiso come un grande ufficio postale sospeso in aria, fatto di burocrati vecchi e gente lamentosa in attesa del suo turno. Un ufficio a metà tra i servizi pubblici nostrani e la Vucciria, in cui ognuno dice la sua, si chiacchiera, ci si scambia informazioni; dove l’attesa continua a tediare e chi va allo sportello – con la stessa aria seccata di chi deve pagare una marea di bollette – non può far altro che lamentarsi. Paolo infatti non accetta proprio la sua morte, avvenuta all’improvviso, e per far cambiare idea al burocrate che sta lì a fare i conti si appella a tutta la sua buona condotta fatta di ore in palestra, bicchieri d’acqua mattutini, orzo, broccoli, inserti di salute e centrifughe con lo zenzero. Saranno proprio quest’ultime a concedergli un ulteriore soggiorno sulla Terra.

Ciò che vediamo è il cercare disperatamente di usare al meglio il suo tempo, di afferrare il senso della vita, quei piccoli e quasi insignificanti momenti di felicità, disseminati lungo l’arco della giornata, incastrati tra la spesa da fare, il lavoro da svolgere, la partita da vedere.

Luchetti mantiene intatta la sua predilezione nel parlarci dei rapporti umani nella sua semplicistica complessità, piroettando in storie di tutti i giorni, racconti di uomini e donne che inciampano nei propri errori e racconti di famiglie all’apparenza normali, che poi cosa sarà mai la normalità?
Sarebbe riduttivo definire Momenti di trascurabile felicità solo una riflessione sul tempo sprecato, poiché in effetti questo è solo un pretesto per il regista e sceneggiatore di mettere insieme un modo d’essere, per portare in scena quei piccoli momenti felici nei quali non ci rendiamo conto di essere immersi; un pretesto per essere gentile con un personaggio che nei suoi lavori è tuttavia ricorrente: l’uomo che rimugina, che si guarda indietro e fa bilanci su cose ormai andate e immutabili, accompagnato da una voce fuori campo che aleggia nella pellicola come quella di un grillo parlante.

Momenti di trascurabile felicità: non una rivoluzione, ma una necessità

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Allargando la visione fino ad abbracciare il genere di appartenenza della pellicola, potremmo dire che Momenti di trascurabile felicità non apporta nulla di profondamente innovativo nel mondo della commedia fanta-drammatica, ricalcando la tendenza di molti esemplari nostrani senza sbavature e concedendoci 93 minuti di sana goduria, perfettamente bilanciati tra riflessioni, risate, ottime interpretazioni e buona musica.
Nel flusso della sua cinematografia Luchetti dimostra di saper valorizzare opere letterarie italiane come aveva già fatto in passato con La scuola (1995) e di tirare in ballo sempre e comunque l’essenza più intima dell’essere umano.
Quello che a Daniele Luchetti sembra importare è, ancora una volta, non tanto la storia da raccontare, quanto il modo in cui i suoi personaggi reagiscono alle situazioni più disparate della vita. E in questa rappresentazione il regista sente sempre e perennemente non tanto l’esigenza di farci compiere un’osmosi con i protagonisti, quanto quella di raccontarceli, di spingerci a giudicarli, a dire “io sono meglio di quello lì”. E in tale missione a supportare la visione troviamo una patina di tenerezza, un esubero visivo che ci inonda, facendoci carpire, nel caso specifico di quest’opera, la bellezza della fisicità.

Momenti di trascurabile felicità: scopri qui la colonna sonora del film con Pif e Thony

La regia di Luchetti in Momenti di trascurabile felicità sa così essere quel terzo occhio delicato e accurato in grado di insinuarsi tra le pieghe della passionalità, tra gli abbracci che sembrano talvolta simili alle catene, tra le paure ancestrali, gli ultimi baci rubati. Immagini che somigliano a confidenze tra amici, e dialoghi che non temono di essere giudicati, respinti, analizzati. La maestria del regista consiste nel rimanere sull’uscio della sua stessa pellicola: dentro la storia quanto basta per saperla raccontare da narratore, col pudore che si desidera da chi è straniero nella vita altrui.

Nel grande grafico delle cose non va dimenticato di mettere in bilancio l’interpretazione di Thony e Pif. Mentre il secondo si ritrova a vestire una maschera ricorrente, Thony sa confermarsi un’artista sopra le righe, una di quelle che più la mettiamo a fuoco e più ci piace, perfettamente capace di stare al centro della scena e fare proprio il suo personaggio. Ineccepibile, infine, la teatralità di Renato Carpentieri, che non ha bisogno di presentazioni.

Concludendo, Momenti di trascurabile felicità è il film italiano che serviva in questo esatto frangente per ricordarci che non siamo i migliori, non siamo eroi e molto spesso non possiamo far nulla per evitare il nostro destino. Quindi fermiamoci, ovunque siamo, dovunque andiamo e non aspettiamo domani per essere felici, non aspettiamo di viaggiare, essere ricchi, avere una casa più grande. La felicità è qui e ora, trascurabile, ma c’è!

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