Cinematographe.it presenta Alita – Angelo della battaglia di Robert Rodriguez

Un affresco generale ma peculiare su Alita - Angelo della battaglia, il film diretto da Robert Rodriguez e prodotto da James Cameron.

Robert Rodriguez è regista, sceneggiatore, produttore, amico di Quentin Tarantino, conosciuto al Toronto Film Festival, amicizia che li porterà nel corso degli anni a lavorare insieme in più di un’occasione – la prima più significativa è quella per il film Dal tramonto all’alba – e che li renderà genitori del genere dell’exploitation. Lavora anche con Frank Miller a Sin City e a Sin City – Una donna per cui uccidere, è padre della trilogia del Mariachi (El Mariachi, 1992, Desperado, 1995, C’era una volta in Messico, 2003), del lavoro su Machete (Machete, Machete Kills), e di un cinema sporco, grezzo, spesso iperbolico, esagerato e grottesco.

Rodriguez è in grado di passare da trucidi post-western a film per famiglie e viceversa, ma la sua indole resta quella del cinefilo che ama sorprendere e stupire. Questi pochi cenni fanno ben comprendere quale sia il magma artistico su cui poggia e da cui nasce l’opera cinematografica di Robert Rodriguez e a questo biario si aggancia l’ultimo suo lavoro, Alita – Angelo della battaglia, tratto dall’omonimo fumetto, derivante dalla prima serie, scritta e disegnata fra il 1990 e il 1995, di Yukito Kishiro, interrotta a causa dell’esaurimento nervoso dell’autore, in seguito ripresa.

Alita – Angelo della battaglia di Robert Rodriguez: così il padre di Machete racconta di una cyborg “umana”

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Amante dell’avventura-fantasy, si pensi a Spy Kidz, come delle storie di uomini duri, che non devono chiedere mai, giustizieri della notte e dolenti eroi di un mondo scuro e oscuro, decide di portare al cinema la storia di un personaggio “alieno” ma dalle tensioni profondamente umane. Come può raccontare il padre di Machete le vicende di Alita, una cyborg indipendente e coraggiosa? Come può diventare, nelle mani dell’autore del misterioso uomo d’affari di Sin City, l’opera struggente del solitario genio mangaka? Rodriguez non ha paura – basti pensare che da piccolo, di fronte a 1997: Fuga da New York, il giovane Robert era convinto che avrebbe potuto fare anche lui un film così – di questa eroina, del bagaglio culturale, cinematografico, che Alita – Angelo della battaglia, si porta dietro. Ha convinto James Cameron, produttore del film, ossessionato dalle intelligenze artificiali e dai cyborg, che da anni avrebbe voluto realizzare una pellicola partendo proprio dal manga di Kishiro, a “donargli” il film e il suo appoggio. Dimostra di avere una visione specifica del mondo in cui vive Alita e di Alita stessa, prende il fumetto del Sol Levante, se lo cuce addosso, facendolo rientrare perfettamente nel suo cinema.

Alita – Angelo della battaglia: la storia alla base del film

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Quale è la storia di Alita? Il dottor Dyson Ito vive ad Iron City nel 2563, trecento anni dopo la “caduta”, e ripara cyborg nella propria clinica. Durante una perlustrazione alla ricerca di componenti nella discarica, dove cadono i rifiuti da Zalem, la città sospesa in cielo, l’uomo trova la parte centrale di una ragazza cyborg e decide di innestare i componenti nel corpo che aveva preparato per sua figlia Alita, ma mai utilizzato. Darà questo nome alla ragazza proprio per riavere anche se non completamente sua figlia. La nuova Alita non ha memoria di sé, ma è un cyborg avanzatissimo, di una tecnologia perduta e progettata per la battaglia. Se Dyson Ito cerca di frenare l’irruenza e la voglia di scoperta e di battaglia di quella vitale ragazzina, lei dal canto suo ha uno spirito ribelle e manifesta il desiderio di non avere limitazioni ma di vivere per ciò che è. Infatti proprio combattendo riesce a ricordare e con audacia penetra nei luoghi in cui non dovrebbe penetrare.

Con Alita Robert Rodriguez plasma un’eroina, come molti altri suoi personaggi, fatta di parti artificiali e meccaniche ma anche di emozioni ed emotività

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Rodriguez ha abituato il suo pubblico a personaggi diversi e ai margini della società, che vengono e che provengono da “sedi distaccate” di umanità, Alita non è solo “separata” ma è composta da parti artificiali, da protesi meccaniche, innestate fra loro. La pellicola di Rodriguez rientra perfettamente nella sua filmografia, non fa un salto in avanti e neppure uno all’indietro, resta coerente a se stesso e all’arte del regista. Potrebbe sembrare un punto a suo sfavore ma potrebbe anche non esserlo; c’è infatti una sorta di filo rosso, che parte dalla sua ultima opera andando a ritroso, tra i suoi personaggi, tra le sue narrazioni, tra i mondi che ha saputo portare sul grande schermo.

Alita – L’angelo della battaglia mostra, portando con sé anche inevitabilmente tutto l’universo narrato dal suo geniale co-sceneggiatore e produttore – riecheggia Terminator, ma anche Avatar, nella ricostruzione di mondi fantastici – l’apprendistato bellico in un regno di detriti e avanzi, di tornei di Motorball potenzialmente mortali, e liti all’ultimo sangue, ma anche e soprattutto emotivo ed esperienziale – la scoperta dell’amore nei confronti di un umano che è in realtà un nemico.

Alita – Angelo della battaglia, come molti altri film di questo genere, parla di ricerca di identità e di problematiche sociali, etiche, di un ruolo femminile in cui confluiscono molti altri personaggi che combattono per vivere secondo il loro sentire. Questa è quindi inevitabilmente un’opera ricca, complessa, che sembra aver due anime una più intensa ed emotiva e l’altra più fisica e violenta, come due sono i mondi in cui è immerso lo spettatore, quello scuro della discarica e quello di Salem.

Il film infatti sa essere anche splatter proprio grazie alla mano di Rodriguez che porta sulle spalle l’aver lavorato con Tarantino in Kill Bill – Volume 2,  e in Grindhouse ma si trattiene per avere il visto di censura, lo stesso dei Marvel movies,  pur non facendo un passo indietro sulla crudeltà e sulla tragedia profonda dell’opera originale. Robot smembrati, protagonisti che muoiono, sogni impossibili da raggiungere, sono questi alcuni elementi che fanno del manga un film di fantascienza duro che viene celebrato da Rodriguez, artefice di scene d’azione spettacolari e fantasmagoriche, in un tripudio di violenza, di corpo a corpo. Il tutto risulta riuscito anche grazie al fatto che è stato girato in 3D, guadagnando quindi la visione in stereoscopia, colpiscono infatti proprio l’aspetto grafico, gli effetti visivi, i corpi esangui dei robot, e gli enormi occhi, corretti in CGI, che rimandano ai personaggi giapponesi.

Alita – Angelo della battaglia: i rapporti con gli altri film che provengono da manga o fumetti

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I fumetti e i manga sono bacino a cui spesso il cinema attinge (i Manetti Bros stanno lavorando a Diabolik, Christophe Gans a Corto Maltese di Hugo Pratt), non sempre con risultati soddisfacenti, come invece si può dire di Sin City ad esempio, si pensi a Netflix e ad Adam Wingard che tentano la trasposizione di Death Note o a Valerian e la città dei mille pianeti di Luc Besson. Riverbera di richiami e citazioni, ad esempio Astro Boy di Osamu Tezuka, diventato poi serie animata, Ghost in the Shell di Masamune Shirow – che è portata al cinema da Rupert Sanders con Scarlett Johansson -, e Akira, un classico dell’animazione giapponese, che ha diviso il cinema in prima e dopo il film di Katsuhiro Ōtomo. Alita rientra perfettamente nel genere cyborg, ritagliandosi il suo posto in esso senza sconvolgerlo; non è sicuramente un capolavoro ma fa il suo compito, coinvolgendo con una storia che non lascia indifferenti con delle narrazioni che ci danno la sicurezza del già visto, e con un mondo visuale che non fa rimpiangere quelli di Ghost in the Shell o di Akira. Rodriguez celebra il cyberpunk, riprende dall’originale una certa tradizione giapponese, ma non la comprende nel profondo, non la sa “tradurre” fino alla fine e questo è inevitabile. Il suo ultimo film è mancante di qualcosa – e forse per questo non convince a pieno gli estimatori del manga – proprio perché un autore americano con difficoltà riesce a riportare sullo schermo quella temperie che si trova nel manga.

Alita – L’angelo della battaglia e gli incassi al box office: qualcosa è andato storto!

Il prodotto finale, nonostante tutto, funziona e soprattutto per il finale aperto, strizza l’occhio alla possibilità di un capitolo futuro. Il film nel Box Office americano arriva primo – ma non fa i numeri sperati -, incassa negli Stati Uniti 41 milioni di dollari, mentre all’Estero 94, ed ha quindi già superato i 130 milioni d’incassi totali. In Italia, distribuito in 459 sale, dopo il primo weekend di uscita arriva 1.031.934 di euro, posizionandosi al terzo posto nella top ten dei film più visti. Tali numeri fanno capire che qualcosa è andato storto per Alita, il motivo principale è che molti fan del manga si sono sentiti traditi dalla trasposizione, figlia di un’altra cultura. Certo, in America è stato campione d’incassi ma con dei numeri che sarebbero dovuti essere molto più alti, almeno nelle aspettative, l’unica speranza è che la situazioni migliori con le uscite negli altri paesi.

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