Chiara Lubich: la rivoluzionaria della Chiesa raccontata da una insider dei Focolari

Maddalena Maltese, corrispondente da New York per Città Nuova, parla di Chiara Lubich, della sua storia e delle parole chiave della fondatrice del Movimento dei Focolari.

A 100 anni dalla nascita di Chiara Lubich (22 gennaio 2020) la Rai ha deciso di rendere onore alla fondatrice del movimento cattolico dei Focolari con un film diretto da Giacomo Campiotti in cui la giovane trentina è interpretata dall’attrice Cristiana Capotondi.
La figura di Chiara (nata Silvia) ha rivoluzionato profondamente il mondo ecclesiastico, portando una ventata di aria fresca in un periodo buio della storia dell’umanità. Il film andato in onda su Rai 1 il 3 gennaio 2021 e disponibile su RaiPlay è stato sicuramente motivo di orgoglio per il Movimento (che dalla piccola Trento in cui ha preso piede oggi è diffuso in oltre 180 paesi, con oltre 2 milioni di aderenti), nonché un modo efficace per far conoscere a un pubblico abbastanza vasto la figura di questa “rivoluzionaria della Chiesa”.

Con l’intento di andare oltre ciò che il mondo televisivo ci ha mostrato, Cinematographe.it ha deciso di chiamare in causa la giornalista italiana Maddalena Maltese – corrispondente da New York per Città Nuova, un organo di informazione, con 23 edizioni nel mondo e ispirato all’ideale di fraternità universale di Chiara Lubich -, la quale ha risposto con immensa disponibilità alla nostra chiamata, consegnandoci un ritratto intimo della Lubich, in un racconto che scandaglia non solo il vissuto della fondatrice del movimento dei Focolari ma anche e soprattutto le tematiche da lei affrontate, quelle “parole” così essenziali che hanno aperto la strada al cambiamento.

Maddalena Maltese di Città Nuova parla di Chiara Lubich

Chiara Lubich aveva 23 anni quando in una Trento di frontiera e di fronti bellici non ha chiuso gli occhi di fronte all’orrore del conflitto e non ha chiuso gli orecchi del cuore ad una voce, ad una spinta interiore che sulle pagine di un Vangelo, metà in latino, metà in Italiano le ha indicato la stella del suo cammino: l’unità. Il testamento di un Dio trasversale alle condizioni sociali, allo stato di vita, alla religione, alla fede politica, alle generazioni, un Dio che da regale si fa abbandonato e rifiuto di tutti diventa per Chiara un richiamo universale a riconoscerlo e soccorrerlo dove spaccature, miserie, orrori lacerano l’umanità e la terra.

Chi è Chiara 

Il film di Giacomo Campiotti, L’Amore vince Tutto ci restituisce questa Chiara Lubich. Giovane, gioiosa, determinata, spirituale e concreta, ma anche capace di lasciarsi interrogare e di lasciarsi ferire. Disarmata e disarmante, in ascolto delle provocazioni della guerra e della miseria, di traditori e di traditi, di idealisti e di pragmatici. Chi di noi l’ha conosciuta spesso sui palchi e con i capelli bianchi, mentre riceveva cittadinanze onorarie a Roma, Milano e in decine di città del mondo o l’ha sorpresa timida mentre fioccavano lauree su lauree honoris causa o ha incrociato il suo sguardo limpido in un corridoio gremito, nel film ha sfogliato un album di famiglia dove gli episodi raccontati da Chiara in raduni sterminati sono diventati volti, luoghi, costumi, temporalità.

L’universalità 

Cristiana Capotondi è Chiara Lubich nel film Rai

Ognuno di noi avrebbe voluto trovare qualcosa di più o dei particolari diversi, un maggiore afflato spirituale magari, che ce la restituissero con quella forza con cui ha saputo arrivare al cuore di me e di tanti in nome della fraternità tra popoli, razze, fedi. E invece Cristiana Capotondi l’ha saputa rendere ancor più universale, per tutti, sorprendendoci magari in certi passaggi arditi, ma rispettosi di un momento storico e degli albori di un’esperienza; anche di quelle battaglie ecclesiali che la Chiara trentenne si era trovata a combattere in silenzio, restia a raccontarne i dettagli non solo in virtù del giuramento ai teologi del Santo Uffizio, ma a quella bussola che ha mosso sempre il suo agire: l’amore va donato e il dolore va celato.

Femminismo gentile 

Se dovessi scegliere oltre ad universalità, un’altra parola chiave che sintetizza il film sceglierei femminile. Chiara rivoluziona la Chiesa e la società da donna, con un “femminismo gentile” che innova, apre spazi, dove la prassi spiega la teoria e la rende umana e possibile, trasformando le barricate idealiste in ponti di dialogo ideali, dove la mani si sporcano sempre senza risparmiarsi in ascolto della sofferenza. Lo ha fatto, dopo aver sorvolato le favelas brasiliane ideando l’Economia di comunione, un progetto dove parte degli utili è distribuito per i poveri e parte per creare una cultura della condivisione. Lo ha fatto osando chiedere a Giovanni Paolo II che a presiedere un movimento interreligioso e interculturale che annovera tra le sue fila anche vescovi, pastori, rabbini e imam sia sempre una donna.

Cosa mi è mancato in Chiara Lubich – L’amore vince tutto

Chiara Lubich e le sue compagne

I suoi primi compagni, ragazzi ventenni come lei determinati a fare del Vangelo un codice di vita in un’officina, in un’accademia di arte, alle poste e la cui frequentazione gli era valsa l’accusa di promiscuità presentata al vescovo di Trento e a Roma. Mi è mancato sentirla chiamare Silvia dai suoi genitori. Il nome di Chiara Lubich è Silvia, Chiara lo scelse quando entrò a far parte dei laici che avevano abbracciato la spiritualità francescana, i terziari. Chiara è stata anche terziaria francescana.
Non ho trovato il cappotto invernale della sua consacrazione a Dio il 7 dicembre, scambiato con un elegante vestito estivo a fiori e poi sulla bocca della sua mamma non è uscita la parola “crudele”, mentre le metteva lo zaino in spalla prima di scendere a Trento. Giacomo e Cristiana non sono stati agiografici, né pedissequi, né didascalici: non avrebbero saputo emozionarmi e commuovermi come hanno saputo fare reinterpretando i garofani rossi che la vera Chiara aveva comprato dopo la sua consacrazione per metterli davanti al suo crocifisso o quel breve colloquio davanti a Dori, la compagna malata, sul Dio sofferente che avrebbe scelto come via per l’unità.

Il Vangelo si legge e si vive?

A 23 anni e sotto le bombe non so se ci fosse il tempo di riflessioni e introspezioni, ma è certo che la velocità e la precarietà governassero la quotidianità e la traduzione in vita di queste intuizioni e del Vangelo: non si spiegherebbero diversamente i numeri con due zeri e poi con tre, ben presto raggiunti dagli aderenti a questa nascente spiritualità, nonostante fosse inusuale leggere da soli le scritture e trasformarle in agire quotidiano.

Perché il film su Chiara Lubich è riuscito a totalizzare uno share del 23%? 

Chiara Lubich cinematographe.it

In tempi di pandemia, di forzate solitudini, di malati e di morti, di paure e sconforto, di incertezza economica e di futuro, di case-rifugio, forse abbiamo ritrovato tanti parallelismi con i “tempi di guerra” di Chiara. In mezzo a quell’orrore, lei e le sue compagne hanno fatto la differenza, mostrandoci che il mondo si cambia non con proclami ma con piccole azioni quotidiane che fanno la differenza nella vita di chi ci è vicino per poi allargarsi alla comunità, alla scuola, al lavoro, alle istituzioni. Anche in tempi di Covid, io posso fare la differenza, a Trento come a New York.