Black or white: il significato del finale del film di Mike Binder

Black or white mette in scena un lungo dibattito legale che vede opposte un benestante avvocato bianco e una famiglia nera problematica, dovendo districare una matassa narrativa fatta di sospetti e pregiudizi.

In Black or White, subito dopo la morte della moglie, il vedovo avvocato Elliott Anderson si trova solo e deciso a proteggere l’unica persona che gli è rimasta: la piccola nipotina. La figlia diciassettenne aveva dato alla luce la meravigliosa Eloise poco prima di morire anche lei. La famiglia del padre della piccola vive una realtà complicata, con il padre biologico tossicodipendente, una serie di problemi economici e altre difficoltà. Nell’opposizione delle due famiglie si insinua poi anche un dato anagrafico subdolo quanto sostanziale: gli Anderson sono ormai rappresentati da un ricco bianco benestante, mentre i Jeffers sono una famiglia nera allargata, capitanati da una donna, la nonna di Eloise. Quando Rowena, appunto la “matriarca” decide di lottare per la custodia della bambina, scendono in campo una serie di giochi subdoli e supposizioni che fanno della questione razziale il fondamento portante.

Black or white ovvero quando il bianco e nero si fanno la guerra, fino all’onesta pace ritrovata nel finale

Rowena (Octavia Spencer) si fa aiutare dal fratello avvocato che pianifica infatti la strategia a difesa del padre biologico tutta studiata per affondare le radici in un’opposizione di razza che, in realtà, non c’è e che rende tutto il percorso decisamente scivoloso e pericoloso. Elliott (Kevin Costner) deve quindi giostrare le proprie risorse in modo tale da non danneggiare nessuno e da occultare qualunque possibilità di essere colto in fallo.

Black or white - Cinematographe.it

Kevin Costner e Jillian Estell in un momento del film.

Com’è prevedibile lo scontro si fa aspro e sempre più difficile da gestire per cercare di arginare i danni e risolvere anche i problemi esistenti (il passato da alcolista di Elliott non aiuta). Il climax dell’azione legale però viene stroncato in modo abbastanza brusco con un plot twist che fa uscire la narrazione da quello che sembrava definirsi un cul de sac. Giunti alla fine del processo, la questione razziale viene totalmente scardinata con una sorta di ammissione di colpa collettiva, che mette tutti d’accordo e spinge i personaggi verso un improbabile lieto fine. Reggie, il padre di Eloise, riconosce la sua inadeguatezza a fare il genitore e la necessità di disintossicarsi prima di prendersi cura di qualcun altro; Rowena ammette le buone intenzioni di Elliott e che probabilmente l’ambiente in cui la nipote è cresciuta è stato il migliore che potesse avere; Elliott dal canto suo ammette di dover ancora combattere alcuni fantasmi del passato, tra cui l’alcool.

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Kevin Costner e Jillan Estell in una scena del film.

Così, tutti i protagonisti decidono di proseguire l’avventura genitoriale tutti insieme, con Eloise che vive con il nonno materno nel ricordo della giovane madre deceduta, ma facendo frequenti visite alla famiglia paterna, unendo indissolubilmente le esistenze di queste due famiglie e realtà molto lontane tra loro. Tratto da una storia vera, Black or white si avvale di un finale a metà tra il buonismo e la funzionalità narrativa per risolvere una situazione molto intricata per la necessità di preservare il senso comune e del politicamente corretto, senza però poter omettere le oggettive colpe di ciascuno e lo stato dei fatti. Si potrebbe dire che quello che si sostiene in Black or white è che lo scontro pregiudiziale è spesso e volentieri un mero pretesto per volgere il consenso verso una o l’altra parte. L’onestà sarebbe invece la chiave per riportare le problematiche alle loro radici e trovare così una soluzione lineare e semplice, magari capace di mettere tutti d’accordo.