L’autismo in film e serie TV, fra spettacolo e realtà

L'autismo non è uno solo, essendo una sindrome dalle numerosissime sfumature. Ecco come cinema e TV ne rappresentano i principali aspetti.

Quando si parla di autismo non si può parlare di un unico e riconoscibile insieme di sintomi e caratteristiche, trattandosi di una delle sindromi più variegate ed eterogenee in ambito neuropsicologico. I  Disturbi dello Spettro Autistico – classificazione nata proprio con la funzione di semplificare e sottolineare la varietà di situazioni che possano caratterizzare l’universo dell’autismo – includono varie difficoltà nell’approccio e gestione della realtà quotidiana, a causa di una differente lettura ed elaborazione sensoriale degli stimoli dell’ambiente esterno, rispetto ai soggetti così detti neurotipici.

Quando si pensa all’autismo, capita spesso di rappresentarsi mentalmente due situazioni opposte: una con protagonista un soggetto non verbale, completamente chiuso in una bolla, apparentemente avulso dalla realtà circostante e con scarse capacità cognitive e l’altra che vede in una particolare genialità la sua caratteristica principale, costellata da una serie di stranezze più o meno accentuate ma in presenza di eloquio fluente e intelligenza superiore alla norma.

In realtà, queste situazioni estreme esistono ma ne esistono anche molte altre che si pongono nel mezzo, dando vita a dei quadri personali unici, difficili da racchiudere in un unico calderone.

Autismo: una sindrome, tante forme – i film e le serie TV più fedeli alla realtà

Rain Man

Rain Man

Il cinema e la televisione, come è comprensibile che sia, rappresentano con maggior frequenza le costellazioni ad altissimo funzionamento (al cui apice si pongono la Sindrome di Asperger e quella del savant) che, se da una parte rendono più semplice ed avvincente la narrazione, parlandoci di autistici come esseri superiori, con capacità uniche e non riscontrabili fra i normodotati, dall’altra rischiano di creare un immaginario fuorviante, talvolta eccessivamente discostante rispetto alla realtà quotidiana.

È il caso – ad esempio –  di una serie TV come The Good Doctor che, scegliendo per protagonista un soggetto sulla carta affetto da autismo (ma in realtà nella forma eccezionale della Sindrome del savant, la stessa di Rain Man, per capirci) enfatizza soprattutto il lato positivo e stupefacente della sindrome, perdendo l’occasione di porre l’accento sulla necessità per i soggetti autistici che il mondo nei neurotipici  si impegni nel trovare una chiave d’accesso al loro universo, senza dubbio straordinario, ma spesso molto difficile da vivere. Una dimensione in cui le problematiche relazionali e i momenti di crisi non sono quasi mai archiviabili con poche frasi ben assestate, ma necessitano molto più spesso di una lunga (e sicuramente meno spettacolare) negoziazione.

the good doctor freddie highmore Cinematographe.it

The Good Doctor

Diverso, invece, è il discorso di una serie come Atypical (disponibile su Netflix con le sue prime 3 stagioni) che – pur “sfruttando” le caratteristiche di un soggetto ad alto funzionamento, non solo ne mette in luce senza remore le sfide quotidiane ma allarga il discorso all’impatto che la presenza di un soggetto affetto da autismo può avere nell’equilibrio di una famiglia, costretta ogni giorno a reinventarsi per amore. Il risultato è un prodotto genuino, divertente ed emozionante che, senza scadere in un’eccessiva drammaticità, racconta con ironia come in realtà nessuno sia “normale”, aspetto che appare ancora più evidente nel rapporto con una persona in qualche modo “autorizzata” a non esserlo.

Atypical

Atypical

Non solo autismo ad alto funzionamento

Sul lato cinematografico, al di là del già citato e ultra-conosciuto Rain Man, sono tanti gli autistici che hanno popolato gli schermi, in alcuni casi portando in scena bellissime storie con protagonisti soggetti più gravi, come nel caso di Buon compleanno Mr. Grape. In questo bellissimo film, che ha fruttato una nomination all’Oscar a un giovanissimo Leonardo DiCaprio, il protagonista è affetto da una forma di una severa forma  di autismo e si ritrova a dover crescere in una famiglia problematica, in cui solo il fratello maggiore riesce a prendersene realmente cura, non senza numerose difficoltà e momenti di crisi. Il personaggio della madre, vedova di un marito suicida e affetta da una forma depressiva di obesità, rappresenta drammaticamente la condizione di alcuni genitori di bambini gravemente autistici, laddove le sfide della vita quotidiana e la mancanza di prospettive ottimistiche per il futuro possono essere causa di gravi scompensi psicologici che investono l’intera dinamica familiare, creando circoli viziosi difficili da interrompere.

Autismo, Cinematographe.it

Buon compleanno Mr. Grape

Fra i due antipodi del disturbo, si pone invece un’opera come Mi chiamo Sam, con protagonista uno straordinario Sean Penn, in cui l’autismo del protagonista – nonostante l’accentuato ritardo cognitivo –  non gli impedisce di diventare padre e di crescere la propria bambina con affetto ed empatia, fino a quando gli assistenti sociali non intervengono, mettendo a repentaglio lo splendido rapporto fra i due ed evidenziando come debba invece essere possibile sostenere le persone nelle proprie difficoltà, anziché limitarne la possibilità di avere una vita normale.

Vite eccezionali

Appare quindi chiaro, attraverso l’analisi delle opere citate, come l’autismo possa presentarsi in forme del tutto differenti, dando vita a diversi effetti e a diverse esistenze. Alcune delle quali davvero eccezionali, come quella della protagonista di Temple Grandin – Una donna straordinaria una donna reale, oggi psicologa e zoologa, le cui particolari caratteristiche le hanno permesso di passare alla storia rivoluzionando le pratiche per il trattamento del bestiame negli allevamenti intensivi. Un risultato ottenuto proprio partendo dalla più spiccata sensibilità alla base della sua condizione, che le ha permesso di entrare in piena sintonia con le mucche e di analizzarne le cause di stress nei grandi allevamenti, mettendo a punto percorsi e strategie specifiche per una migliore qualità delle vita degli animali destinati al macello.

Autismo, Cinematographe.it

La grande sfida dell’indipendenza

Qual è dunque il punto cruciale nella vita di una persona autistica? E come lo troviamo rappresentato al cinema? La vera sfida, al di là delle varie difficoltà più o meno gravi, è in realtà una sola: riuscire ad essere indipendenti. In un mondo ostile, i cui stimoli appaiono spesso indecifrabili o minacciosi e si cresce circondati da solide figure in grado da fungere da traduttori simultanei, il problema più grande resta farcela da soli. Un problema ben rappresentato, anche se con una certa astrazione simbolica, nel film vincitore di due Premi Oscar Molto forte, incredibilmente vicino, in cui un bambino con Sindrome di Asperger si trova alle prese con l’apparente impossibile rinuncia a suo papà e alle sue confortanti istruzioni, dopo la scomparsa dell’uomo nell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.

Autismo - Molto forte, incredibilmente vicino

Molto forte, incredibilmente vicino

Il ritrovamento di una busta con la scritta “black” contenente una chiave spinge il piccolo Oskar a impegnarsi in una caccia al tesoro, alla ricerca di un ultimo messaggio rivelatore da parte del padre, un messaggio con cui il piccolo forse spera semplicemente di ritardare l’accettazione della triste realtà. Una ricerca che – se non avrà il risultato sperato – spingerà il bambino a continuare a mettere in atto gli insegnamenti del papà, sforzandosi di relazionarsi con le persone e imparando pian piano a camminare con le proprie gambe.