Amarcord (1973): le location del film di Federico Fellini

In Amarcord il ‘borgo’ riminese dove hanno luogo le vicende è stato ricostruito quasi tutto negli studi di Cinecittà, in Via Tuscolana 1055 a Roma.

Federico Fellini, di cui quest’anno si sono festeggiati i cent’anni dalla nascita, com’è noto, era nato a Rimini, dove visse fino al 1939. Sono due i film – I Vitelloni e Amarcord – in cui il regista ritorna, attraverso la finzione, alla città natia, con la quale ebbe sempre un rapporto ambivalente, sospeso tra ammirazione nostalgica per i suoi ‘personaggi’ e desiderio di sbarazzarsi del suo vischioso provincialismo. Altrettanto noto è che Fellini, benché nato a Rimini e benché vi ambienti due suoi film, nella città romagnola della costa adriatica non ha mai girato nulla. Rimini è, in entrambi i casi, stata ricostruita altrove, a partire da memorie spesso trasfigurate in senso immaginativo o archetipico.

Amarcord: la Rimini delle ‘memorie inventate’ ricostruita tra Roma, Anzio, Ostia antica e Fiumicino

Il Grand Hotel di Rimini secondo Fellini, che, per Amarcord, sceglie un altro palazzo, il Paradiso del Mare di Anzio.

In Amarcord, uno dei capolavori del genio felliniano, il ‘borgo’ riminese dove hanno luogo le vicende è stato ricostruito quasi tutto negli studi di Cinecittà, in Via Tuscolana 1055 a Roma. La stazione ferroviaria all’esterno della quale viene accolto il gerarca nazista è stata allestita proprio all’ingresso degli studi, in un affaccio interno. La piazza in cui si tiene la fogheraccia (la ‘fogarazza’) di San Giuseppe, il rito folcloristico che prevede l’accensione di alcuni focolari in cui bruciare legna e scarti di potatura per festeggiare la fine dell’inverno con cui si apre il film, è stata ugualmente ricostruita in un luogo all’interno degli studi. Nella stessa ‘piazza’ sono state girate anche le scene della ricerca tra i cumuli di neve di Gradisca da parte di Titta e della partenza del corteo funebre di Miranda, mentre la Piazza Grande, in cui si svolgono due delle sequenze più celebri di Amarcord, quella dell’atterraggio del pavone tra la neve e dell’esercitazione ginnica dei balilla, è stata ricostruita in un altro punto di Cinecittà. 

Diversamente, la ripresa della città, in apertura del film, è stata effettuata nel borgo di Ostia Antica (Roma) e quella mostrata proprio all’inizio del film è, in particolare, Piazza della Rocca. Sempre ad Ostia Antica, in via Piana Bella, si trova il cimitero nel quale viene tumulata Miranda. A Roma si trovano, invece, la scuola frequentata da Titta e dai suoi compagni, la cui ubicazione precisa è palazzo Nardini in Via del Governo Vecchio 39, e l’albero su cui sale zio Teo in cerca di donne, sito in Via Capo due rami.

Appena fuori Roma, in via della Torre Clementina a Fiumicino (RM), si trova il molo dal quale gli abitanti del borgo salpano per portarsi al largo in attesa del passaggio del transatlantico Rex, orgoglio della marineria italiana che, in realtà, a Rimini non è mai transitato. Il Grand Hotel, uno degli edifici più rappresentativi e simbolo per Fellini della grandeur della città, la cui facciata compare nel film alla fine della scena del ballo, in Amarcord è in verità l’ex casinò Paradiso del mare di Anzio (Roma), palazzo costruito in epoca fascista ma mai abilitato alla funzione per cui era stato concepito, a causa dell’emanazione di alcune leggi che proibivano il gioco d’azzardo. 

La zuppa imperiale e il bollito misto per il pranzo ‘incandescente’ di famiglia 

La famiglia Biondi attorno al tavolo: una scena memorabile di Amarcord

La nipote di Fellini, Francesca Fabbri Fellini, ha pubblicato nel 2013 un libro con le ricette dei piatti che la madre Maria Maddalena, sorella minore di Federico, preparava al fratello e di cui il regista era ghiotto: tra queste, quella dei maltagliati con fagioli, del brodetto di pesce, del piccione arrosto, delle polpettine di bollito con uvetta, ma anche delle tagliatelle, dei cannelloni e dei cappelletti in brodo, senza dimenticare quella delle alicette agrumate, una specialità di cui Fellini non sembrava stancarsi mai. Il regista riminese, infatti, amava molto mangiare ed era solito accompagnare i suoi pasti con un bicchiere (o più) di lambrusco. Anche nel suo cinema ricorrono riferimenti al cibo, ora visto come piacere proibito ora come balsamo, come mezzo di conforto.

C’è, in Amarcord, una scena in particolare che gravita attorno al cibo: la famiglia Biondi al gran completo si riunisce per un pranzo che si rivela subito ‘agitato’, incendiato dalla scaramucce tra i coniugi Miranda e Armando e dal conflitto tra padre e figlio adolescente. Per l’occasione, Fellini porta in tavola zuppa imperiale e bollito misto. Se il secondo non ha bisogno di presentazioni, della prima occorre spiegare che è una pietanza tipica dell’area romagnolo-marchigiana, un piatto povero ma saporito in cui un brodo di carne accompagna cubetti di semolino ‘rinforzati’ da uova, burro fuso e abbondante Parmigiano.