Yaksha: recensione dell’action-thriller sudcoreano Netflix

Doppi e tripli giochi in un silenzioso campo di battaglia di spie al centro dell’opera seconda del sudcoreano Hyeon Na, disponibile su Netflix dall’8 aprile 2022.

Coincidenza ha voluto che mentre in quel di Firenze si celebrava la cinematografia sudcoreana con la ventesima edizione del Florence Korea Film Fest, su Netflix faceva la sua comparsa, a partire dall’8 aprile 2022, una delle pellicole più attese delle stagione. Si tratta dell’opera seconda di Hyeon Na dal titolo Yaksha, che richiama alla mente uno spirito divoratore di umani che abita la natura selvaggia, originario della mitologia induista, preso in prestito dal regista per soprannominare uno protagonisti del film, l’agente operativo Kang-in, un veterano dello spionaggio e leader di una squadra di operazioni nere all’estero che lavora a Shenyang, il centro geopolitico dell’Asia nord-orientale. Con i suoi metodi poco ortodossi e sempre al limite della legalità, l’uomo è pronto a tutto per portare a termine una missione che punta a smascherate un gruppo di spie sotto copertura quando cade vittima di tradimenti e trappole, costringendolo a schierarsi con il procuratore Han Ji-hoon del tribunale distrettuale, inviato dall’NIS per controllare le operazioni degli agenti sul campo.   

In Yaksha coesistono l’anima thriller con quella action

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Il tutto si traduce in un silenzioso campo di battaglia dove si susseguono doppi e tripli giochi che finiscono con il tessere una fitta ragnatela di inganni e depistaggi, destinata a dipanarsi a una quarantina di minuti dalla fine dei 125 a disposizione. Quello è il momento esatto in cui la scrittura decide di effettuare uno switch significativo, con un cambio radicale di pelle che vede la componente action prendere definitivamente la scena sbrogliando la tela mistery e spy. Da lì in poi, dalle parole si passa una volta per tutte ai fatti, con proiettili, lame e detonazioni che iniziano a dettare legge, lasciando sul campo di battaglia una scia di sangue e centinaia di corpi senza vita. In Yaksha dunque coesistono due anime, che finiranno con il passarsi il testimone. Passaggio, questo, scandito strada facendo da accelerazioni e decelerazioni di ritmo in cui spiccano scene d’azione dal forte impatto visivo (l’imboscata nella fabbrica tessile dismessa, conflitto a fuoco con la S.W.A.T. cinese nel palazzo dove si nasconde una delle spie, l’irruzione nel consolato giapponese per la liberazione ostaggio e la resa dei conti nell’industria chimica cinese), che mostrano i denti già nei primissimi minuti, laddove l’autore offre allo spettatore di turno un gustoso antipasto di quello che vedrà nelle due ore successive.

Un film che scaraventa lo spettatore in un ginepraio di spie al quale solo un’escalation di violenza  potrà porre fine

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Per gli abituali frequentatori del cinema sudcoreano quella portata sullo schermo da Hyeon Na è ordinaria amministrazione, per quelli occasionali invece è un’occasione per lasciarsi andare a una dose massiccia di adrenalina. Yaksha da questo punto di vista non fa che altro che consolidare la stima crescente che la produzione locale sta meritatamente conquistando dentro e fuori dai confini nazionali. Film come questo o l’altro solidissimo prodotto targato Netflix, Steel Rain, firmato dal connazionale Yang Woo-suk, scaraventano il fruitore nell’occhio del ciclone, in un ginepraio di spie al quale solo un’escalation di violenza incontrollata potrà porre fine.

Scene d’azione dal forte impatto visivo e le performance di due solidi attori come Sol Kyung-gu e Park Hae-soo

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Dal canto suo, Hyeon Na dimostra di avere una discreta padronanza dell’hardware, dirigendo con mano sicura e uno stile eclettico, ricco di soluzioni visive degne di nota, un’opera che riesce a tenere sempre alta la tensione, senza disperderla con futili digressioni. Merito di una regia e di un montaggio che hanno saputo anticipare le possibili flessioni della scrittura, scegliendo sempre il punto esatto in cui cambiare marcia e spingere il piede sull’acceleratore. Le scene d’azione arrivano infatti sempre al momento giusto, quando la timeline, la storia e il pubblico necessitano di una scossa elettrica. Se poi davanti alla macchina da presa ci sono attori affidabili come Sol Kyung-gu e Park Hae-soo, rispettivamente nei panni dell’agente Kang-in e del procuratore Han Ji-hoon, allora la soglia della credibilità anche sul versante della recitazione resta sempre costante.     

Regia
Sceneggiatura
Fotografia
Recitazione
Sonoro
Emozione

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