Venezia 75 – La notte dei 12 anni: recensione del film

Una pellicola che rimane incollata addosso per giorni, raccontando la dolorosa e struggente storia vera di Pepe Mujica e dei suoi compagni di prigionia.

Fra i film che hanno maggiormente incontrato il gusto del pubblico della 75ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia c’è sicuramente La notte dei 12 anni (La noche de 12 años il titolo originale), struggente dramma carcerario sulla storia vera di José “Pepe” Mujica, Mauricio RosencofFernández Huidobro, tre delle figure più importanti dell’Uruguay degli ultimi anni. Scritto e diretto da Álvaro Brechner e interpretato da Antonio de la TorreChino DarínAlfonso Tort, 12 anni è stato presentato nella sezione Orizzonti della Mostra e sarà distribuito da Movies Inspired.12 anni cinematographe.it

Nel settembre 1973, in piena dittatura militare dell’Uruguay, i cosiddetti tupamaros, ovvero i membri del Movimento di Liberazione nazionale, sono stati definitivamente sconfitti e imprigionati. Una notte, tre di loro, al motto di “Visto che non possiamo ammazzarli, li condurremo alla pazzia”, vengono estratti dalle loro celle e inseriti in un programma militare volto a distruggerli psicologicamente, facendoli ruotare in diverse caserme della nazione in condizioni al limite del disumano: isolati, incappucciati e gravemente denutriti. Una prigionia durata appunto 12 anni, che il film racconta soffermandosi sulla vera storia di queste tre celebri persone, ovvero l’ex Presidente dell’Uruguay José “Pepe” Mujica (Antonio de la Torre), lo scrittore Mauricio Rosencof (Chino Darín )e l’ex Ministro della difesa Eleuterio Fernández Huidobro (Alfonso Tort).

La notte dei 12 anni: la dolorosa e struggente storia vera di Pepe Mujica e dei suoi compagni di prigionia

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Sulla scia di altri acclamati drammi carcerari come Papillon e Fuga di mezzanotte, 12 anni ci trasporta fra le mura delle prigioni uruguaiane durante la dittatura, dove la dignità umana veniva costantemente calpestata e l’unica possibilità era affidata alla capacità di aggrapparsi anche al più piccolo pensiero vitale, come gli affetti pronti a riaccogliere i prigionieri o qualche rudimentale conversazione con il vicino di cella effettuata battendo le dita sul muro in codice morse. Una condizione di totale disagio fisico e psichico, pretesa da un regime che non si limitava a prevaricare le voci del dissenso, ma pretendeva il loro annientamento per impedire ogni rappresaglia futura.

Ciò che convince di 12 anni è la capacità di raccontare nel dettaglio l’orrore della prigionia e rimanere al tempo stesso fortemente umano, grazie a una profonda introspezione nell’animo dei protagonisti. Il rancore per questa triste pagina della storia dell’Uruguay passa così in secondo piano rispetto alla forza del racconto e delle immagini, dando addirittura spazio a una notevole dose di humour, che trova il proprio apice nell’esilarante scena in cui uno dei prigionieri è impossibilitato a usare il wc a causa delle manette indossate, con conseguente coinvolgimento dell’intera caserma per trovare una soluzione. Una varietà di stili e atmosfere che aiuta a calarci nella tormentata psiche dei protagonisti, per i quali anche la più semplice e insignificante delle circostanza diventa una possibilità di riassaporare l’esistenza perduta.

La notte dei 12 anni è in perfetto equilibrio fra dramma carcerario, ricostruzione storica e un appassionante messaggio di speranza

A completare il successo di una pellicola che rimane incollata addosso per giorni e che non a caso è stata accolta con uno dei più sentiti applausi di quest’edizione della Mostra sono un comparto sonoro di alto livello, che gioca abilmente sul contrasto fra il silenzio della cella e le suggestive musiche di Federico JusidSílvia Pérez Cruz, ma soprattutto le intense performance dei tre protagonisti, che hanno perso circa 15 chili a testa per calarsi al meglio nella parte e riescono a rendere sia la sensazione di lacerazione interiore dei 3 galeotti sia la loro persistente vitalità emotiva e politica. Esaustivi in tal senso sia l’approfondimento sul futuro presidente dell’Uruguay Mujica, già con una sua personale idea di stato, e quello su Mauricio Rosencof, che grazie alla sua abilità nella scrittura riesce a stringere rapporti con i militari e a ottenere qualche favore, rendendo così meno dura la sua prigionia.

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Tirando le conclusioni, dopo un avvio di pellicola abbastanza anonimo e piatto, che ci fa temere un superficiale film di marchio televisivo e taglio documentaristico, 12 anni si scava lentamente una strada nel cuore dello spettatore, in un riuscito intreccio fra dramma carcerario, ricostruzione storica e un messaggio di incrollabile speranza, che ci ricorda dell’importanza di non lasciarsi mai andare e di non smettere mai di sperare, seguendo quella flebile luce che ci può portare via dalle più atroci difficoltà o dalle fredde mura di una cella, verso una vita diversa ancora da scrivere.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.7