TFF34 – Turn left turn right: recensione del film di Douglas Seok

Turn left turn right è una pellicola cambogiana presentata in concorso al Torino Film Festival, scritta e diretta da Douglas Seok, interpretata da Kanitha Tith, Vanthoeun Bo e Dy Saveth.

Turn left turn right

Kanitha, è una ragazza che ha la testa tra le nuvole, la sua città è Phnom Penh, vive le sue giornate ascoltando musica, per lo più rock, lavorando ma più che altro facendosi licenziare per la sua inettitudine, passa il tempo vagando con la mente, lasciando che la sua immaginazione sconfini, cosa che contrasta totalmente la realtà. La sua realtà, che non vuole accettare e non vuole considerare, è sconvolta da un padre le cui condizioni di salute peggiorano di giorno in giorno e una madre tradizionalista e dispotica, che non vede l’ora che si sposi, che si crei una famiglia e la smetta di fantasticare inutilmente.

Ma un ricordo, il ricordo del padre fa in modo che Kanitha torni su suoi passi e tra immaginazione, memoria e realtà porti avanti un sogno che sentirà di dover realizzare a tutti costi, per il bene del padre, per se stessa e per la sua famiglia.

Turn left turn right

Turn left turn right, pur essendo un film di 68 minuti, è diviso in dodici parti, dodici tracce che lo dividono come un album. Turn left turn right è un film che si ascolta, che si guarda e si lascia attraversare come un incrocio tra passato e presente che dialogano tra loro, le rovine Angkor sono bellezze eterne che vengono scalfite dalla presenza di Kanitha, che si scontra visivamente e fisicamente con la decadenza e la maestosità di quei luoghi ballando musica rock cambogiana con una libertà magnetica.

Nel suo quotidiano c’è il lavoro, badare al padre che non ha più le forze e la vitalità di un tempo, e convivere con l’irruenza materna che non fa altro che scagliarsi contro di lei, ricordandole che la sua strada è di doversi trovare un marito, sistemarsi con una propria casa ma Kanitha non riesce nemmeno a tenersi stretto un lavoro.

Con ritmo incalzante le tracce si susseguono lasciando che nella mente di Kanitha riaffiori un ricordo, un momento nel passato in cui viveva con il padre senza imposizioni, senza doveri, libera e senza il pensiero che la sua casa andrà in rovina, con un padre morente e una madre che tenta di portare avanti la famiglia, pagare farmaci, lavorando quanto può, badando a lui e a lei che ha l’anima occupata interamente dal passato e dalla leggerezza dei suoi ricordi.

Turn left turn right ha una divisione particolare che la rendono stratificata e sovrapposta come se fosse una necessità di stile

Ricordi ai quali si aggrappa con fermezza, soprattutto ad uno rivolto unicamente verso il padre, un ricordo pulito, leggero, in cui convivono la pace, la natura e il loro legame indissolubile. Kanitha fa di tutto per ricrearlo, vuole riviverlo a tutti i costi, nonostante le cose siano cambiate, la città, le tradizioni, la sua vita, il suo corpo e le forze che il padre non ha più, per poterla accompagnare per la sua strada.

Turn left turn right ha una forma, una divisione particolare, con effetti semplici che rendono la pellicola stratificata e sovrapposta come se fosse una necessità di stile, come se fosse l’unico modo per rendere il vortice delle idee, in un climax di immaginazione, memoria e realtà.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2
Emozione - 2.5

2.7