Tom à la ferme: recensione del film di Xavier Dolan

Tom à la ferme, quarta perla cinematografica per la regia di Xavier Dolan, si colloca fra l’emozionante Laurence Anyways ed il devastante Mommy. Una posizione che non sembra casuale ma, anzi, descrive implicitamente l’andamento di una poetica che vedrà in Mommy la sua massima esplosione emozionale, per poi proseguire il suo complesso viaggio nelle più sottili e sfacciate implicazioni delle debolezze umane con Juste la fin du monde.

Xavier Dolan è così, ci trascina nelle sue sinusoidi sentimentali, facendoci gioire e disperare, non solo per come sa descrivere la vibrante potenza dell’amore, di qualunque natura  esso sia, ma portandoci spesso negli abissi dell’altra faccia della medaglia, fatta di quel pregiudizio in grado di distruggere le vite delle persone più di ogni altro affronto.

Un pregiudizio che se in Laurence Anyways appariva quasi comprensibile, dato lo spontaneo sconvolgimento che una persona in preda ad un cambiamento dell’identità sessuale può provocare nelle persone più vicine, in Tom à la ferme assume i contorni dell’inaccettabile follia, resa ancora più feroce e cupa dal fatto che l’oggetto di tanto amore e dolore non c’è più.

Tom à la ferme: Xavier Dolan protagonista di un viaggio  onirico e spaventoso attraverso l’ambigua categoria del reale

tom à la ferme xavier dolan

Tom à la ferme, tratto dall’omonima opera teatrale di Michel Marc Bouchard, narra le vicende di Tom (Xavier Dolan), giovane e brillante copywriter di Montréal, in viaggio verso il paese del suo compagno Guillaume, scomparso a causa di un incidente non meglio specificato. Ad accoglierlo in occasione dell’imminente funerale, Agathe (Lise Roy), la madre stralunata del defunto, una donna enigmatica ma amorevole, che vede nell’arrivo di Tom la possibilità di conoscere finalmente più a fondo la personalità e la vita di quel figlio che, in qualche modo, le sfugge.

Tutto scorre secondo i piani e Tom diviene ospite della famiglia, composta anche dal fratello maggiore di Guillaume, Francis (Pierre-Yves Cardinal), un contadino ed allevatore, impegnato quotidianamente nella gestione della fattoria di famiglia. Francis è un ragazzo attraente ma dal temperamento instabile, determinato ad impedire a Tom di rivelare alla madre ed al resto della comunità la verità circa la vita sessuale del fratello.

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Tom à la ferme: quando vero non significa necessariamente tangibile

Tom à la ferme contrappone il concetto di realtà a quello di finzione, mostrando come ciò che davvero è reale si discosti spesso dalla tangibilità. La fattoria in cui Tom rimane intrappolato, prigioniero del delirante controllo di Francis, diviene simbolo di un ritorno allo stato brado capace di portare a galla le emozioni più recondite e primordiali, compresa quella paura che vede nella negazione la sua unica via di fuga.

Un ambiente che si fa oggettivazione del razionale, in cui la violenta bellezza della nascita di un vitello o il labirinto formato da un campo di mais si rivelano tuttavia anche mezzo ideale per nascondersi, innanzitutto da quelle parti di sé così difficili da conciliare all’interno di una società che impone regole senza nemmeno riflettere sul loro senso.

Ma la realtà, astrazione tanto vicina quanto a volte così lontana dalla verità, si trova spesso in ciò che non si può toccare, lavorare, manipolare, celata negli spazi più intimi di un’interiorità che per essere espressa ha però bisogno di essere legittimata.

Francis vuole che Tom si “sporchi le mani” con la vita in fattoria, come lui stesso ha fatto con la scusa di dover rimanere accanto ad una madre instabile, deciso in realtà – come succederà allo stesso Tom – a sostituire con la stanchezza nobile e “vera” del lavoro manuale quell’esercizio del pensiero in grado di rivelare prima a se stessi e poi agli altri posizioni difficili e scomode.

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Fra Tom e Francis si instaura così un complesso rapporto di sottomissione e dipendenza, reso nebuloso da un’ambiguità di fondo in cui Tom e Francis proiettano reciprocamente nell’altro il ricordo e l’identità  di Guillaume, un pericoloso equivoco che comincerà ad assumere significato all’arrivo di Sarah (quella che Agathe, per volere di Francis, crede essere l’ex compagna di Guillaume) che, ancora libera dalla prigionia della propria mente, scuoterà Tom dal torpore, indicandogli la via verso un ritorno alla libertà e alla civiltà.

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Tom à la ferme è l’ennesima riprova del talento di Xavier Dolan nel plasmare i sentimenti, estraendone gli aspetti meno consci e quindi più spaventosi. Una fiaba noir con sfaccettature da horror psicologico, capace di mantenersi perfettamente in equilibrio fra precipizio e salvezza.

Tom à la ferme è nelle sale italiane dal 7 luglio 2016; nel cast anche Évelyne Brochu, Manuel Tadros, Jacques Lavallée, Anne Caron, Caleb Landry Jones.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.9