The Fortress: recensione del film dal Korea Film Fest

Il Korea Film Fest non poteva trovare inizio migliore se non la visione di The Fortress, un film indimenticabile in cui l'emotività trova nella resa estetica un'ottima alleata!

La sedicesima edizione del Florence Korea Film Fest si apre con un poetico omaggio alla storia coreana, ricco di speranza per il pacifico dirimere delle diatribe politiche, affidato al quarto lungometraggio del regista Hwang Dong-hyuk. The Fortress prende vita nel bel mezzo dello scontro ancestrale tra il bene comune e l’interesse individuale: tra passato e presente poco è cambiato nella natura umana e Hwang Dong-hyuk porta sullo schermo armi e appartenenza culturale per ricordarcelo, proprio con questo film.

A metà del XVII secolo re Injo, sovrano della dinastia Joseon, guarda all’orizzonte fuori dalla rocca in cui è asserragliato insieme al suo popolo, dovendo gestire la situazione più drammatica della sua vita. L’esercito Manciù stringe la comunità in assedio ormai da settimane, chiedendone la resa a condizioni profondamente umilianti per il re, con l’obiettivo di prendere possesso del regno tanto conteso. Il reggente per difendere se stesso e il suo popolo si chiude all’interno della fortezza di Nimhan e, per i 47 giorni narrati dalle immagini del film, fa i conti con dilemmi esistenziali che fondono aspetti pubblici e privati, istituzionali e umani. Ad ogni decisione di re Injo corrisponde una reazione e questo porta a una guerra che, passo dopo passo, complica la sua situazione personale che si trova a dover affrontare dubbi e sensi di colpa dovuti alle conseguenze delle sue stesse scelte.

The Fortress: l’atavica lotta il bene comune e l’interesse individuale nel film di Hwang Dong-hyuk

the fortress cinematographe

Hwang Dong-hyuk, e con lui il direttore della fotografia Kim Ji-yong, opta per una rappresentazione cappa e spada che però si avvale di un’ampia cassa di risonanza emotiva, che trova proprio nella resa estetica il suo primo alleato. Immagini dalla geometria rigorosa dominano lo schermo, senza però risultare stucchevoli, come spesso accade con scelte visive di questo tipo. Giocando su una palette dai toni freddi contrapposti al rosso acceso, le immagini si rivelano allo sguardo gradualmente, esattamente come le truppe nemiche si delineano all’orizzonte piano piano, prendendo forma e dimensione insieme alla presa di coscienza della situazione da parte del popolo tenuto sotto scacco.

Hwang Dong-hyuk si dimostra abile nel rendere queste opposizioni, avvicinandosi anche agli eventi del mondo contemporaneo, ironicamente sottolineando la netta distanza tra la vita quotidiana della società e i giochi di potere delle alte sfere. Avvalendosi dell’ironia del personaggio di Chil-bok (interpretato con gusto da Lee David) in particolare, il regista rappresenta in piccolo gli stessi contrasti interiori che scuotono re Injo, dimostrando così una potente e versatile abilità di giocare con le immagini e la narrazione, stratificandone il significato.

The Fortress: un gioco di emotività ben coadiuvato da una resa estetica impeccabile

The Fortress cinematographe

Nonostante la durata e l’argomento che potrebbero scoraggiare chi dal grande schermo si aspetta solo svago e distrazione, The Fortress tiene un ritmo costante, che sfrutta persino la ripetitività di certe dinamiche per accompagnare il pubblico lungo la storia. Le dinamiche tra i personaggi si arricchiscono di sfaccettature con il susseguirsi delle sequenze, in modo da arricchire il panorama umano rappresentato e riuscendo a commuovere (letteralmente, in alcuni passaggi) gli spettatori. In questo, probabilmente, risiede il maggior pregio del film: nel rendere possibile un avvicinamento tra mondi umani così lontani nello spazio e nel tempo. Nel pianto disperato per l’umiliazione altrui, nella scelta estrema di espiare le proprie colpe, nelle speranze di chi ha perduto tutto (e tutti), nella gioia di un gruppo di bambini che tornano a giocare con gli aquiloni senza badare a chi si succede ai posti di comando: in tutti questi aspetti ci si riscopre vivi e, soprattutto, umani.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 5
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.8