The Fog – Nebbia assassina (2005): recensione del film di Rupert Wainwright

Remake del classico di John Carpenter del 1980, The Fog - Nebbia assassina è un'operazione non all'altezza delle sue intenzioni

Diretto nel 2005 da Rupert Wainwright, The Fog – Nebbia assassina è un remake dell’originale The Fog di John Carpenter. Un’operazione di restyling di un classico non troppo apprezzato dal suo autore, che nel 1980 si lamentò del basso budget di realizzazione. Così, quando negli anni Duemila si presentò l’occasione, decise di produrne un’altra versione insieme alla partner-in-crime Debra Hill. Nonostante le buone intenzioni, The Fog – Nebbia assassina è un remake assolutamente non all’altezza dell’originale, di cui perde la patina di fascino e la capacità interpretativa del cast degli anni Ottanta.

The Fog – Nebbia assassina: il peccato originale degli americani

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Il film di Wainwright, così come quello di Carpenter, racconta in maniera sintetica il grande peccato dei coloni europei che arrivarono in America secoli orsono. Per esigenze narrative, l’autore porta questa dinamica su una dimensione spazio-temporale più piccola, risalendo alla fondazione dell’isola di Antonio Bay avvenuta nel secolo scorso. I fatti raccontati nei film iniziano proprio intorno al centenario dell’arrivo dei padri fondatori, momento in cui il Comune dedica un monumento celebrativo all’impresa. Questo evento risveglia, però, una strana e pericolosa presenza, che si manifesta inizialmente sotto forma di nebbia.

La prima anomalia di questa nebbia, il muoversi contro vento, è presto accompagnata da una peculiarità decisamente più inquietante: la nebbia è in grado di uccidere. A farne le spese è l’equipaggio ridotto del Seagrass, un peschereccio che ha preso il largo per ospitare un festino. L’unico sopravvissuto alla strage è Spooner (DeRay Davis), riuscito a scampare alla nebbia perché chiuso ermeticamente nel frigorifero. Gli abitanti di Antonio Bay iniziano a fare i conti con questo mistero, che continuerà a mietere vittime: tra tutti, si seguono i protagonisti Nick Castle (Tom Welling) e la sua (ex?) fidanzata Elizabeth Williams (Maggie Grace). Inoltre, saranno coinvolti nella fuga per la sopravvivenza anche la dj locale Stevie Wayne (Selma Blair) e il prete dell’isola Padre Malone (Adrian Hough). Tratto comune tra tutti i protagonisti: il legame di parentela con i padri fondatori.

Un remake non all’altezza dell’originale

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Purtroppo The Fog – Nebbia assassina, è un film insufficiente su due fronti: da un lato come prodotto in sé, dall’altro nel confronto con il film che avrebbe dovuto riabilitare. Nonostante sia stato prodotto con appena 1 milione e mezzo di dollari, il classico del 1980 riesce a essere molto più incisivo del suo remake, la cui produzione è sicuramente stata più costosa. Questo va a dimostrare come non sempre siano i mezzi materiali a fare la qualità di un’opera.

In particolare, sono due gli aspetti che non si perdonano a The Fog – Nebbia assassina di Wainwright: la scelta del cast, evidentemente direzionata per raccogliere i fan di alcuni volti televisivi, e la riscrittura della sceneggiatura. Per quanto riguarda il primo punto, si può abbozzare sulla scelta, salvata parzialmente dalla presenza dalla reginetta dell’horror Selma Blair, che non riesce, però, a eguagliare l’altra regina presente nell’originale: Jamie Lee Curtis. La coppia di protagonisti, a cui è affidata la linea romantica del film, è composta da Tom Welling (allora in pieno successo da Smallville) e Maggie Grace. Purtroppo nessuno dei due è minimamente all’altezza del proprio ruolo.

Ma la vera nota dolente di The Fog è la sceneggiatura

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Tra un remake shot for shot e una riscrittura totale dello script originale, ci dovrebbe essere una sana via di mezzo. Nel caso di The Fog – Nebbia assassina, però, la mano di Cooper Layne agisce peggio di una mannaia in uno slasher. I punti in cui la storia di Carpenter (che rimane pressoché invariata, tranne che per un dettaglio sul finale) è compromessa dal nuovo sceneggiatore sono diversi, anche se difficilmente potranno essere notati da uno spettatore che non ha mai visto The Fog del 1980. In generale, la scelta di rendere più giovane il personaggio di Castle e quindi più vicino a un pubblico adolescenziale, poteva anche non essere sbagliata, ma levargli personalità e carisma si è rivelato fatale. Analogamente Elizabeth, che nell’originale brillava nel suo essere uno spirito libero e sconclusionato, appare qui come una ragazza viziata, che rende impossibile qualunque tentativo di partecipazione empatica alle sue sventure. Scegliere di renderli ex fidanzati che si rincontrano per una notte di passione è la correzione perbenista di una fugace “una botta e via”, che rendeva l’originale così moderno e sorprendente.

Al di là dei dettagli, il lavoro di Layne sembra voler riportare lo script a uno standard di film horror di serie B per adolescenti (quindi mai troppo provocatorio), vestendo il prodotto finale di un manto poco credibile e appassionante. Peccato per il bel messaggio di fondo che The Fog porta con sé, che in questa versione del 2005 è banalizzato e ridicolizzato da un finale stucchevole. Nessuna nota sugli effetti speciali, di livello medio, ma totalmente inutili in un contesto in cui è impossibile attuare la sospensione dell’incredulità. Qualche jumpscare, specialmente se telefonato, non può risolvere un’operazione basata su criteri anti-artistici, che va a toccare – per di più – un piccolo cult del genere.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 1.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 1.5

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