Venezia 77 – Il ritratto del duca: recensione del film con Helen Mirren e Jim Broadbent

Jim Broadbent e Helen Mirren si spalleggiano nella commedia inglese Il ritratto del duca, tratta dalla vera storia della scomparsa di un quadro di Goya.

Dopo essere stato presentato alla 77ma Mostra del Cinema di Venezia, Il ritratto del duca, titolo italiano di The Duke, arriva al cinema il 3 marzo 2022 distribuito da Bim.

È capitato a tutti quanti di aver preso in prestito qualcosa. Un libro, un dvd, uno strumento da cucina che avevamo perso o rotto e che non abbiamo più ricomprato. C’è chi ha chiesto ai vicini il tosaerba, chi si è fatto consigliare da un amico un cd che non ha più visto tornare indietro. Tutti, ma proprio tutti, abbiamo avuto a che fare con piccoli favori che non hanno più avuto modo di chiudersi solo a causa di una svista, lasciando così l’oggetto sottratto a chi non di dovere eppure rimpiangendo sempre quel gesto di ritorno mancato. Il prestito richiesto da Kempton Bunton è stato, però, di ben altro spessore, più una privazione ai proprietari vera e propria che un’acconsentita transazione dell’atto, di cui però la buona fede dell’uomo britannico accerta una restituzione efficiente e inappuntabile.

Quello che gentilmente era stato prelevato dalla National Gallery di Londra dal signor Bunton non era altro se non il famosissimo ritratto del duca di Wellington dipinto da Francisco Goya, perso e ritrovato per essere affidato alle cure della galleria inglese, rubato e nascosto dal tassista sessantenne per una giusta causa. Tutto ciò che chiedeva Bunton non era altro che l’abolizione del pagamento del canone per la tv nazionale da parte di anziani e veterani di guerra, un piccolo gesto di riconoscenza verso coloro che, più di tutti, potevano sentirsi scollegati dal mondo e che un piccolo strumento come la televisione avrebbe potuto contribuire a colmare quella distanza.

Il ritratto del duca – Le buone intenzioni di Kempton Buntonthe duke, cinematographer

È traendo della buone intenzioni di Kempton Bunton che nasce il film Il ritratto del duca del regista di Nottingh Hill Roger Michell, opera che sfrutta la cordialità, la perseveranza e anche quella stravaganza rivolta sempre verso il bene che apparteneva al suo protagonista, ispirandosi alla storia vera che ne ha fatto da base, esplorando dinamiche di drammaturgia che rendessero l’atmosfera scoppiettante. E di fuoco sono le frecciatine, alcune indolenti e letali, altre semplicemente vivaci, che i due protagonisti Jim Broadbent e Helen Mirren si scambiano per l’intera durata della pellicola, veri mattatori di un un’opera che sceglie di abbracciare completamente la sua nazionalità british, ricordandoci in continuazione che tutto può essere rubato, basta che non si faccia durante l’ora del thé.

Bravissimi nel spalleggiarsi a vicenda, ma nel ricreare soprattutto quei battibecchi da coppia ultradecennale che ha instaurato ormai, dopo tanti anni di discussioni e sostegno, una propria musicalità, è a maggior ragione Broadbent a mantenere le redini di un colpaccio che dovrebbe finalmente mettere in chiaro le ingiustizie e i doveri al quale deve rispondere la BBC in quanto televisione di Stato, assumendosi il compito di mantenere costantemente comica l’aurea che lo circonda, influenzando benevolemente o meno il flusso delle persone da cui è attorniato. Istrionico e buffissimo, ciarlatano, ma solo quando serve, il Kempton Bunton di Jim Broadbent è il cuore di una commedia che, di cuori a cui affidarsi, è alla ricerca, in un legame strettissimo con una comunità di cui il personaggio si sente parte e che dovrebbe imparare a sostenersi.

Il ritratto del duca – I dialoghi serratissimi e musicali di Jim Broadbent e Helen Mirren

Discorsi sociali quelli della pellicola di Michell, che affrontano in superficie il carattere e la personalità combattiva del protagonista Kempton, ma si fanno da contraltare anche alla formulazione di un lutto che non riesce a venir pronunciato subito dai personaggi di Broadbent e Mirren, per un film completo che dalla tenerezza alla complicità riesce a trainare per la propria letizia sorridente e spassionata.

Un racconto che rivive di quel gesto assurdo compiuto da una personalità mirabile messo in piedi dai dialoghi serrati e velocissimi di Richard Bean e Clive Coleman, recitati poi sovrapponendosi dai suoi protagonisti, per un prestito d’arte che ha fatto la storia contemporanea della periferia inglese, nonché ha riconfermato il gran bene che si può volere a un attore come Jim Broadbent.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3