The Dirt: recensione del film di Jeff Tremaine sui Mötley Crüe

La nostra recensione di The Dirt, biopic musicale sul gruppo heavy metal dei Mötley Crüe disponibile da qualche giorno su Netflix

The Dirt è un film del 2019 scritto da Rich Wilkes e diretto da Jeff Tremaine. Il film è un biopic sulla band heavy metal americana dei Mötley Crüe, tratto dall’autobiografia The Dirt: Confessions of the World’s Most Notorious Rock Band, scritta dai vari membri del gruppo. I protagonisti del film sono Douglas Booth, Iwan Rheon, Colson Baker e Daniel Webber. The Dirt è stato distribuito su Netflix a partire dal 22 marzo.
The Dirt

Il giovane Frank Carlton Feranna Jr. (Douglas Booth), dopo aver chiuso i rapporti con la madre e con il padre cambia legalmente il suo nome in Nikki Sixx, buttandosi senza remore nella scena musicale di Los Angeles, con l’intento di sfondare come bassista. Poco tempo dopo, al termine di una serata andata storta con la sua band, Nikki viene approcciato da Tommy Lee (Colson Baker), batterista in cerca di un gruppo con cui suonare. Fra i due nasce immediatamente un naturale feeling, che porta alla nascita di una nuova band, completata dal chitarrista Mick Mars (Iwan Rheon) e dal frontman Vince Neil (Daniel Webber), destinata a fare la storia della scena metal degli anni ’80 e ’90, ovvero i Mötley Crüe. The Dirt racconta l’ascesa, gli eccessi, le cadute e le risalite di queste quattro sregolare rock star.

The Dirt: la risposta di Netflix a Bohemian Rhapsody?The Dirt

The Dirt arriva in un momento decisamente favorevole per i biopic musicali, lanciati a livello planetario dal recente successo di Bohemian Rhapsody, basato sulla storia di Freddie Mercury e dei Queen, e destinati a essere ulteriormente esaltati dall’imminente uscita di Rocketman, incentrato invece sul personaggio di Elton John. Diventa quindi pressoché inevitabile fare un paragone fra questo nuovo arrivo in casa Netflix, che celebra la depravazione e la goliardia più estrema di una delle band più amate degli scorsi decenni, con l’accomodante ed edulcorato film di Bryan Singer e Dexter Fletcher, premiato dagli incassi e dalle istituzioni cinematografiche nonostante il suo ritratto parziale e a tratti agiografico della figura di Freddie Mercury.

The Dirt mette in scena senza filtri e senza alcun ritegno dal punto di vista narrativo la parte più torbida e controversa del rock. Fin dai primi minuti, veniamo infatti messi di fronte alla fiera del sesso, droga e rock’n’roll, con esplicite scene di nudo, vassoi di stupefacenti di ogni genere ed estreme goliardate (imperdibile in tal senso l’incontro dei protagonisti con Ozzy Osbourne) che sembrano uscite dal cult di Martin Scorsese The Wolf of Wall Street. Grazie anche al mimetismo e all’espressività dei quattro protagonisti, il film di Jeff Tremaine riesce inoltre a dare vita a un convincente ritratto di ognuna di queste rock star, concentrandosi sui loro lati oscuri (la dipendenza dalla droga di Nikki Sixx, i drammi personali di Vince Neil, la malattia degenerativa di Mick Mars e le turbolenze sentimentali di Tommy Lee), restituendo allo spettatore un quadro onesto e sincero dei Mötley Crüe.

The Dirt: il lato oscuro della fama e della gloria

Difficile non provare almeno un minimo di empatia nei confronti delle scorribande di questi quattro adorabili coglioni, così puramente degenerati dal successo e dalla gloria da riuscire a dilapidare tutto con una disarmante facilità. Sotto questo specifico punto di vista, l’essenza politicamente scorretta di The Dirt, nonostante a tratti sembri di trovarsi di fronte a una serie di sketch comici basati sugli aneddoti più divertenti dei Mötley Crüe, supera abbondantemente per impatto emotivo sullo spettatore l’addolcito Bohemian Rhapsody, più misurato ma meno schietto nel portare alla luce il lato oscuro della fama e della gloria. Jeff Tremaine centra inoltre almeno un paio di sequenze (il dramma della figlia di Vince Neil e il momento più difficile della dipendenza di Nikki Sixx) capaci di fare da contraltare emotivo alla spensieratezza mostrata in precedenza, donando umanità e profondità ai personaggi e di conseguenza all’intero film.

Ciò che non funziona in The Dirt è invece la musica, e nello specifico il processo creativo, che viene messo completamente in secondo piano dalle avventure dei Mötley Crüe e dai loro demoni personali. A differenza di Bohemian Rhapsody, che con le sequenze prettamente musicali riusciva a conquistare anche i suoi inflessibili detrattori, The Dirt viaggia da questo punto di vista con il freno a mano tirato, non riuscendo né ad accattivarsi i fan dei Mötley Crüe con retroscena o esecuzioni dei pezzi storici del gruppo, né a dare ai profani un impulso per approfondire la loro discografia. Difetto non da poco per un film che al di là della mera aneddotica avrebbe potuto e dovuto essere anche uno spot per la divulgazione della musica di queste leggende del rock.

The Dirt mette in secondo piano la componente musicale

A non convincere inoltre sono alcune scelte narrative, motivate probabilmente dalla necessità di stare al di sotto di una certa soglia di durata e di budget, ma non per questo dimenticabili. Ci riferiamo soprattutto alla decisione di non fare neanche un breve accenno alla potenzialmente esplosiva querelle fra i protagonisti e un altro pezzo di storia della musica come i Guns N’ Roses e la scelta di sorvolare sugli ultimi anni di vita della band prima del definitivo scioglimento del 2015, affidandosi a un finale didascalico e zuccheroso che non rispecchia la vera mentalità dei personaggi e non regge neanche lontanamente il confronto con la potenza musicale e visiva del Live Aid che conclude il termine di paragone Bohemian Rhapsody.

A chi avrebbe voluto un maggiore approfondimento sulla componente artistica del gruppo e sulla scena musicale dell’epoca non resta che concentrarsi su qualche sporadico ma apprezzabile sprazzo, come l’enfasi sul manifesto dei Pearl Jam, che riesce a rendere con le immagini l’avvicendamento nel cuore del pubblico fra l’hair metal, di cui i Mötley Crüe erano splendidi esponenti, e il grunge, magistralmente rappresentato dal gruppo di Seattle.

The Dirt

In definitiva, The Dirt ha indubbiamente il merito di avvicinarci, con una narrazione a tratti al limite del pacchiano, alla componente più intima e viscerale della personalità dei protagonisti, sviluppando anche, fra un’orgia e una rissa, temi tutt’altro che banali come le ripercussioni dei traumi dell’infanzia e i rischi di una vita improntata all’eccesso. Per fare ciò, il film di Jeff Tremaine sacrifica il risvolto artistico e musicale, offrendoci un biopic appassionante e a tratti esilarante, ma mutilato di una sua componente fondamentale.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.3

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