Thanks!: recensione del film di Gabriele Di Luca

La recensione dell’adattamento cinematografico della fortunata pièce Thanks for Vaselina dello stesso Gabriele Di Luca. Un tragicomico trip sboccato e politicamente scorretto che non riesce a replicare i risultati della matrice originale.

I numerosi tentativi non andati a segno nel passato più o meno recente ci insegnano che non è detto che da una pièce di successo si possa trarre un film in grado di ottenere i medesimi risultati. Questo perché il passaggio dalle tavole del palcoscenico allo schermo (o viceversa) non è per niente facile, tantomeno scontato. I motivi del mancato funzionamento possono essere molteplici, ma il più delle volte l’incompatibilità del testo teatrale con le esigenze del racconto cinematografico risulta uno scoglio davvero insormontabile. Fatto sta che i casi in cui il cambio di fruizione e di destinazione dell’opera non è stato brusco e traumatico, tanto che l’adattamento cinematografico è stato persino capace di tenere il passo della matrice, si contano sulle dita di una mano. In tal senso, a memoria il ricordo va sicuramente a Carnage di Roman Polański, basato su Il dio del massacro della drammaturga e scrittrice francese Yasmina Reza.

Ci sono progetti che nascono in teatro e per il teatro ed è lì che Thanks! sarebbe dovuto restare

Thanks!, cinematographe.it

Per quanto ci riguarda – e pare non siamo gli unici a pensarla così – ci sono progetti che nascono in teatro e per il teatro, ed è lì che devono restare, affondando le proprie radici saldamente nel palcoscenico quel tanto da non consentire a nessuno di sradicarle. Il tentativo, salvo rarissime eccezioni, di allargare al testo di turno gli orizzonti di fruibilità può finire con lo snaturare o depotenzializzare quanto di buono c’era e c’è, come nel caso di Thanks!.

L’adattamento per il grande schermo di Thanks for Vaselina dello stesso Gabriele Di Luca racconta la storia di Fil e Charlie (Antonio Folletto e Massimiliano Setti), due coltivatori amatoriali di marijuana che dal loro appartamento fatiscente nella periferia romana sognano di trasferirsi in Centro America dove avviare una piantagione di erba, e magari anche un piccolo coffee shop, sui terreni di un amico nel cuore della giungla del Costa Rica. Malauguratamente il piano di contrabbandare all’estero i semi subisce un pesante stop, almeno sino a quando alla porta si presenta Wanda (Francesca Turrini), una ragazza problematica disposta a fare da corriere della droga. Ma a complicare le cose ci si mette la famiglia di Fil, molto disfunzionale e molto poco famiglia, improvvisamente interessata agli affari e alla vita del figlio.

Thanks!: una potenza di fuoco che in teatro deflagra e al cinema perde la carica dissacrante e ammonitrice

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Partono da qui le rocambolesche disavventure criminali e “stupefacenti” – nel vero senso della parola – dei protagonisti di un tragicomico trip molto sboccato e politicamente scorretto, che fa del “valzer corale” di personaggi volutamente sopra le righe e senza peli sulla lingua la sua “arma di provocazione di massa”. Una potenza di fuoco che in teatro deflagra con tutta la sua carica dissacrante e ammonitrice, portatrice di risate e spunti di riflessione su temi dal peso specifico piuttosto rilevante: dalla disabilità alla diversità, dalla religione all’identità di genere, passando per il confronto generazionale e i legami biologici. Insomma, davvero tanta carne al fuoco, trattata dall’autore di petto e senza l’utilizzo dei guanti bianchi.

Approccio e modus operandi che, invece, non trovano lo stesso terreno fertile sul grande schermo, semplicemente perché al cinema la scelta di riproporre il medesimo carico, senza una giusta calibratura, non è detto che restituisca gli stessi effetti. Di conseguenza, si ride e si riflette molto meno.   

Nel processo di migrazione l’impianto teatrale è rimasto orgogliosamente presente 

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Prodotto dalla Casanova di Luca Barbareschi, il film diretto dal regista, drammaturgo e attore di Pesaro, che rielabora il fortunato spettacolo realizzato per la Compagnia Carrozzeria Orfeo, non ha purtroppo ottenuto gli esiti sperati. E ribadiamo il purtroppo, poiché a malincuore la visione su Netflix, laddove ha trovato una nuova occasione di visibilità dopo l’uscita nelle sale nell’ottobre del 2019, ha messo in evidenza i limiti dell’operazione.

Nel processo di migrazione l’impianto teatrale è rimasto orgogliosamente presente, quasi a volere rivendicare e ricordare al destinatario la sua vera natura. Nemmeno gli sforzi profusi, compresi il rimpasto e le new entry nel cast (tra cui Luca Zingaretti), l’aggiunta, il cambiamento e l’epurazione di scene e dialoghi, hanno giovato più di tanto. Al contrario, ci hanno ulteriormente fatto rimpiangere l’originale, sottolineando quanto la dimensione primigenia fosse importante per il testo in questione e per le performance degli attori, con una Beatrice Schiros ancora una volta nei panni di Lucia (madre fuori controllo di Fil), che si dimostra una vera forza della natura.

Regia - 1.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

1.8