LFFEC17 – Tamara y la catarina: recensione del film di Lucía Carreras
Tamara y la catarina affronta tematiche delicate ed importanti, sullo sfondo delle implicazioni morali dell'handicap mentale.
Tamara y la catarina è una pellicola presentata al Lucca Film Festival, scritta e diretta da Lucía Carreras ed interpretata da Ángeles Cruz e Angelina Peláez.
Tamara è una donna messicana che soffre di un deficit mentale, vive con il fratello Paco in una casetta molto spartana e fa la cameriera in una caffetteria della sua cittadina. Una mattina il fratello Paco esce per andare a lavoro, Tamara rimane sola e lo aspetta mandando avanti le sue giornate, scandite dai suoi ritmi metodici. Mentre esce da lavoro prende una strada diversa, compra un gioco a forma di coccinella, la sua grande passione assieme a quella per le lucertole, e si perde nella città.
Quando sembra trovare la via che la porta verso la fermata del suo autobus, trova una bambina seduta su un pacco dei giornali, abbandonata vicino ad un’edicola.
D’istinto la prende, senza chiedere o guardarsi attorno e la porta a casa sua. Una signora, Meche, che vive nel suo quartiere, notando che il fratello di Tamara non torna da giorni e che stranamente casa sua è abitata da una bambina venuta fuori dal nulla, si lascia trascinare in questa bizzarra situazione, capendo la gravità del suo gesto e apprendendo anche quanto sia pieno di amorevolezza.
Tamara y la catarina è una pellicola che unisce tre generazioni di donne, un film che segue la storia infelice di una donna
Quello di Tamara è un personaggio buffo, desueto, che vive nella sua dolce abitudine tra il lavoro di cameriera e la vita casalinga. Un vivere che è molto calcolato, anche nei movimenti, nei tempi, le appartengono pose e espressioni che sono solo sue, ha una personalità e delle particolarità che sono rese perfettamente dal suo volto.
Il suo deficit è un limite ma solo per gli altri, agli occhi degli altri lei non ha una sensibilità, non ha cuore, non ha memoria, invece Tamara è esattamente l’opposto: sente di più, percepisce ogni cosa e le interiorizza maggiormente, il suo legame con la bambina si amplifica poiché per la prima volta è lei a dover badare a qualcuno, e non il contrario.
Per la prima volta sente di potersi prendere cura di un esserino indifeso e incompreso, ma la sua è una maternità negata, in più fasi. Tamara è sempre stata la figlia di qualcuno, la sorella di qualcuno, una ragazza troppo cresciuta a cui non è appartenuto mai nulla, legata alle sue coccinelle in ogni forma, giocattolo, disegnate, tant’è che quella bambina diventa un’allegoria, metafora vivente del suo amore per le coccinelle, come un essere inanimato che prende vita, che Tamara prende in custodia e a cui deve la sua sopravvivenza.
Tamara trova questa bambina e la crede sola, anche la signora Meche vive la stessa condizione di abbandono.
Sono tre esseri soli che si incontrano e che assieme formano una famiglia nuova, diversa, persone che si legano a vicenda e danno vita ad una realtà fatta di condivisione, calore e amore spontaneo, tanto desiderato e di cui hanno un instancabile bisogno. Tamara y la catarina è un film plurale, che interloquisce con l’intimità dello spettatore, interrogandolo sulle proprie debolezze, sui pregiudizi verso una donna che ha una mancanza, una lacuna che tenta di colmare, ma che le persone che incontra, o almeno la maggior parte, allontanano, deridendola fino a spingerla all’isolamento.
Tamara y la catarina è una pellicola che affronta tematiche molto singolari e i cui personaggi sono interpretati in modo molto preciso e autentico, e la cui storia, nonostante il finale parzialmente prevedibile, convince in toto soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi e nell’unione che si avverte tra loro. Una piccola perla che si meriterebbe una distribuzione capillare, per le tematiche affrontate e la particolarità di una storia di cui difficilmente si può dimenticare.