Stella est amoureuse: recensione del film di Sylvie Verheyde  

Settimo lungometraggio da regista per la sceneggiatrice e attrice francese Sylvie Verheyde, che riporta sul grande schermo il suo alter-ego cinematografico con un nuovo romanzo di formazione autobiografico. Presentato in concorso ai festival di Locarno e France Odeon 2022.

C’è chi si serve della Settima Arte e degli strumenti in dotazione per raccontare storie altre o di altri, immaginifiche o realmente accadute, e chi come Sylvie Verheyde ha fatto dei capitoli iniziali della sua esistenza il tessuto narrativo e drammaturgico su e intorno al quale costruire l’architettura di uno o più tasselli della sua filmografia. La sceneggiatrice e attrice francese, infatti, su sette volte che è passata dietro la macchina da presa, in ben due di queste ha deciso di attingere dal suo vissuto per ricavarne il tessuto narrativo di un racconto. Nel mezzo del suo percorso di “cantastorie”, a tappe regolari, ha dunque deciso di trasformare frammenti del suo passato, nel suo caso quelli che dall’adolescenza l’hanno condotta alla maturità, in materia filmica. Lo ha fatto dunque mettendo in scena, romanzandoli quando necessario, dei brani autobiografici attingendo da episodi, ricordi, emozioni, stati d’animo e aneddoti personali, ma filtrandoli attraverso un alter-ego cinematografico di nome Stella, che ha avuto il suo battesimo nel 2008 con la pellicola omonima.

Il personaggio di Stella sta alla Verheyde come l’Antoine Doinel sta a François Truffaut

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In tal senso, Stella sta alla Verheyde come l’Antoine Doinel sta a François Truffaut, ossia quel personaggio che l’illustre collega ha fatto ritornare periodicamente nei suoi film, a partire dai I 400 colpi. Un’equazione perfetta che prende forma e sostanza attraverso una figura che per entrambi appare quasi catartica, poiché chiamata in causa tutte quelle volte che si voleva raccontare un po’ di sé a se stessi e al mondo, usando il cinema come le pagine non più segrete di un diario aperto a tutti. Ecco allora per la cineasta transalpina materializzarsi sullo schermo in due occasioni. L’avevamo lasciata quando la Stella undicenne faceva i conti con le problematiche della sua infanzia e la ritroviamo ora diciassettenne, alle prese coi problemi di una nuova stagione esistenziale. In Stella est amoureuse, presentato con successo in concorso al Festival di Locarno 2022 e in quel di Firenze alla 14esima edizione di France Odeon, il suo Io di ieri si dovrà misurare con altri dubbi e altre paure, ma in qualche modo è sempre disposto a battersi per affrontare le incognite che la del crescere.

Stella est amoureuse è un romanzo di formazione che si focalizza sulla prima stagione degli amori e i tumulti emotivi di una diciassettenne alle prese con la maturità

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La pellicola si va a collocare per DNA nel filone dei romanzi di formazione, o meglio in uno di quei capitoli che lo vanno a comporre, con temi e stilemi al seguito che ne stratificano e ne sorreggono il plot. Stella est amoureuse, come annuncia il titolo, si focalizza sulla prima stagione degli amori e i tumulti emotivi di un personaggio che si appresta a oltrepassare la soglia che dall’adolescenza la porterà alla maturità. Viene colta e ritratta in quella delicata fase di transizione tra ciò che era e quello che sarà. Nel frattempo entrerà in rotta di collisione con una madre rassegnata che non comprende né alimenta i suoi desideri, un ambiente scolastico in cui non trova stimoli e un gruppo d’amiche in cui fatica a riflettersi. Al contrario trova riparo, emozioni e motivazioni in un’altra topografia, nella quale si immerge con tutta se stessa ogni sera, ossia nella famosa discoteca parigina Bains douches. Li incontra il suo (s)oggetto del desiderio, un ragazzo di nome André, bello, nero e misterioso, che balla benissimo, che le fa battere a mille all’ora il cuore e con il quale esplorerà la propria sessualità. Quella tipografia diventerà di fatto una scuola di vita, dove ai libri e alle nozioni di storia e letteratura si sostituiscono il linguaggio del corpo e le dinamiche sociali, dove la danza diventa espressione di libertà.

In Stella est amoureuse va in scena una rivisitazione in chiave vintage dell’adolescenza della Verheyde nella Parigi degli anni Ottanta

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In Stella est amoureuse va in scena una rivisitazione in chiave vintage (sostenuta in questo dalla fotografia di Léo Hinstin, che include filtri delicati e luci soffuse, oltre a una ricca playlist di brani dell’epoca) dell’adolescenza della Verheyde, in un’autoritratto che riavvolge le lancette dell’orologio sino ai primi anni Ottanta. Dopo un prologo estivo ambientato in una calda e assolata località balneare nostrana, l’azione si sposta in quel di Parigi per condurci per mano nel quotidiano della giovane protagonista, qui interpretata dalla promettente Flavie Delangle, già ammirata nel ruolo di Lola Lecomte nella versione francese di Skam. È lei a dare corpo e voce con intensità e slancio empatico all’alter-ego giovanile della regista, che se ne “serve” per raccontare una storia di educazione sentimentale, legami affettivi e confronto generazionale. Un film semplice e leggero nel senso nobile del termine, dal tocco tipicamente transalpino che regala allo spettatore la possibilità di un viaggio gradevole e un po’ nostalgico indietro nel tempo. Ora non ci resta che attendere ulteriore sviluppi, per vedere quale direzione avrà preso la vita di Stella in un terzo film. Ma se sino ad oggi le pellicole autobiografiche della Verheyde sono andate di pari passo con le sue scelte di vita, allora non serve avere la palla di vetro per vedere un futuro in cui il suo alter-ergo diventerà regista a sua volta, entrando nel mondo del cinema come ha fatto nella realtà l’autrice. Staremo a vedere.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.7